Nella foto da sx: Frate Nicola insieme a frate Alberto

ASCHAFFENBURG – Frate Alberto, superiore della Fraternità Francescana di Betania di Aschaffenburg lascia la casa bavarese per andare nella confraternita di Verona, dove si occuperà della pastorale carceraria. Sarà cappellano presso il carcere di Verona. A lui succede frate Nicola, suo vicario. In occasione del Consiglio di Delegazione che si è tenuto nella loro casa, li abbiamo intervistati

Frate Alberto, lasci la comunità di Betania di Aschaffenburg, che hai praticamente fondato undici anni fa.

No, dai, fondatore no (ride, n.d.r.). Nel 2009 siamo venuti con sorella Paola che abita in questa casa e altri fratelli e sorelle per iniziare un’esperienza a Würzburg nell’attesa che ci venisse dato il convento di Aschaffenburg. Abbiamo poi imparato la lingua e ci siamo trasferiti nel 2013 in questo ex convento di cappuccini e riadattato secondo il nostro carisma dell’accoglienza e della preghiera, in modo da poter offrire l’esperienza della preghiera sia in chiesa ma anche di vita quotidiana a tutte le persone che ci frequentano per fare un’esperienza di vita comunitaria.

Nella vostra casa vivono confratelli e consorelle insieme. Come è nata questa realtà, inusuale per un ordine religioso?

Questa nuova fraternità è stata fondata nel 1982 da padre Pancrazio, frate cappuccino. La sua ispirazione era quella di far convivere insieme sotto lo stesso tetto, fratelli e sorelle consacrati e anche a laici; in alcune case, ci sono laici e coppie che vivono in fraternità. Per questo la caratteristica della comunità è abbastanza nuova perché chi viene accolto da noi viene accolto in toto, le famiglie si possono sentire a casa perché vi trovano appunto fratelli e sorelle. Questa è stata l’intuizione di padre Pancrazio, offrire una comunità religiosa che non sia solo maschile o femminile ma che abbia tutt’e due gli elementi e anche gli aspetti della vita quotidiana.

Ma perché una comunità in Germania? Fra le vostre case ce n’è una anche a Rovio, in Svizzera, dove una vostra consorella, Chiara, andrà fra pochi giorni. C’è bisogno di attività missionaria in paesi ricchi come la Germania e la Svizzera?

In realtà Benedetto XVI aveva dichiarato che la Germania insieme a tutte le nazioni del Nord Europa sono ormai terra di missione, quindi siamo forse chiamati in maniera diversa ad annunciare il Vangelo anche alle persone che vivono qui, in questi luoghi.

L’accoglienza è il vostro carisma. Vi capita anche di ospitare anche persone che non sono molto vicino alla chiesa e anche non cristiani?

Frate Alberto: Sì può capitare. La condizione è sempre che chi vuole venire ospite da noi sia interessato alla nostra vita, non offriamo un albergo, offriamo un’esperienza, questo crea la differenza e anche il criterio dell’accoglienza.

Frate Nicola: Venire qualche giorno da noi significa entrare a far parte di questo nucleo familiare anche se si tratta di una famiglia spirituale con tutti gli elementi umani. Questo è il criterio che usiamo per l’accoglienza.

Avete anche una foresteria, separata da una porta dal convento, per accogliere in situazioni di emergenza. Come funziona?

Frate Alberto: Di solito dormono qui una notte, al massimo due, e poi indichiamo i servizi sociali in città a cui rivolgersi. Qui ad Aschaffenburg non capita spesso anche perché siamo vicini a una casa per i senza tetto.

Frate Nicola: Qui siamo in una città che offre un servizio sociale molto elevato, esemplare.

Frate Alberto: Per chi ha bisogno offriamo un pasto caldo la sera. Mediamente arriva una quindicina di persone.

Voi accogliete ma come è stata accolta all’inizio la Fraternità francescana dai tedeschi?

C’è stato molto interesse, molta curiosità, soprattutto il colore azzurro del nostro saio creava subito l’occasione per chiederci chi eravamo e che cosa facevamo. Abbiamo subito trovato una buona accoglienza, al di là anche degli stereotipi che noi abbiamo sui tedeschi.

Quindi, pienamente accasati in terra tedesca, avete cominciato a fare birra. Che un convento produca una propria birra è una lunga tradizione tedesca ed europea. Come è nata?

L’idea è nata dall’esperienza di un hobby che ho cominciato quando siamo venuti qui in Germania, avevo approntato una ricetta particolare, molto apprezzata e, grazie a un benefattore, abbiamo potuto finanziare la prima produzione. Non la facciamo noi direttamente, ci appoggiamo a un birrificio che produce la birra secondo la nostra ricetta. Ne produciamo circa 6.000 ettolitri l’anno. Tutto quello che produciamo dalla vendita della birra viene destinato al progetto che abbiamo in Brasile, per la formazione dei bambini dall’anno zero fino all’età matura.

A che punto è questo grande progetto che accoglie i bambini delle favelas della città di San Salvador de Bahia.

Finora c’è l’asilo, quindi i bambini sono accolti fino ai sei anni, poi inizieranno i lavori della scuola elementare, poi scuola media e scuola professionale.

Frate Nicola sarai il nuovo superiore della comunità francescana di Betania ad Aschaffenburg. Come affronterai questo nuovo compito?

Mi pongo nel solco della continuità. Faccio parte di questa comunità già da sei anni e in tutti questi anni sono stato il vicario di Alberto, quindi è un lusso perché conosco la comunità, c’è un forte elemento di continuità per tutti i progetti portati avanti insieme, poi ovviamente in tutto questo ci metto la mia sensibilità, creatività e personalità. Penso che la sfida più bella ma anche la più faticosa sarà quella di creare tutte le dinamiche che favoriscono un clima di comunione perché il nostro compito primario è quello di essere una famiglia e attraverso questa famiglia annunciare il Vangelo.

Poco prima non avevi il saio e si vedevano i pantaloni di lavoro e scarponi. Che cosa stavi facendo?

Stavo lavorando in giardino, mi piace molto, è una mia passione ma poi credo anche molto nella bellezza come mezzo per accogliere chi viene qui e anche per annunciare l’amore di Dio. Attraverso la bellezza del giardino far sentire a proprio agio chi viene qui. Così è attratto e sta bene, poi a questo si aggiunge ciò che è essenziale, ossia il contatto con la comunità.

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