Nella cornice del Campus di Francoforte e di fronte ad una trentina di persone –non soltanto studenti- si è tenuto un seminario sul tema: “Warum sind unterschiedliche Herkunftsgruppen unterschiedlich bildungserfolgreich?”. Relatrice: Ingrid Gogolin, dell’università di Amburgo, in collaborazione con alcuni ricercatori dell’università di Chemniz.
Ingrid Gogolin è conosciuta soprattutto per il suo libro “Der monolinguale Habitus der multilingualen Schule”, che fu anche la sua tesi di dottorato. È stata una delle pioniere dell’educazione multilingue in una cultura scolastica prettamente monolingue come quella tedesca, e per questo è conosciuta, apprezzata e stimata anche da molti pionieri della scuola bilingue in Germania. Comprensibile quindi l’interesse per il suo lavoro attuale, che verte sempre sullo stesso tema: che importanza ha la lingua (le lingue) d’uso in famiglia per il successo scolastico dei figli, e: c’è una relazione tra la cultura di origine dei genitori e la scolarizzazione dei figli? Le domande non hanno trovato naturalmente una risposta in questa fase della ricerca, che continua, e sulla quale verrà relazionato anche il prossimo anno. D’altra parte, una ricerca scientifica serve soprattutto a porre ulteriori domande, sempre più specifiche, più che a trovare risposte. Ma veniamo al lavoro proposto.
Nelle due regioni di Amburgo e Sassonia sono stati presi in considerazione due diversi gruppi di scolari con passato migratorio (ma similari per caratteristiche sociali e culturali): il turco e il vietnamita, con un gruppo tedesco con le stesse caratteristiche come gruppo di paragone. Quale parametro indicatore per il successo scolastico, è stato scelto quello della frequenza dei licei. Infine, in una ulteriore classificazione, gli scolari sono stati divisi in tre gruppi di età. La questione era: quali sono le cause dei diversi comportamenti e successi scolastici. Senza volere entrare nello specifico, citiamo subito i dati statistici, che sono anche la partenza della ricerca. Secondo fonti dello statistischen Bundesamt di Wiesbaden del 2013, frequentano il ginnasio nei due Länder citati il 18,8% degli scolari turchi, il 29,6% degli scolari tedeschi e il 62,4% degli scolari vietnamiti.
Si tratta di dati piuttosto impressionanti. Gli scolari vietnamiti superano del doppio quelli tedeschi e triplicano (e più) la quota di quelli turchi. Che un dato così eclatante possa essere spiegato soltanto su un piano linguistico, è un po’ la questione da porsi. Forse –ma questa è opinione di ci scrive- le variabili linguistiche non bastano a descrivere il fenomeno, visto che, nonostante il vantaggio linguistico, anche il gruppo tedesco è doppiato da quello vietnamita. Se si pensa ai rapporti che sono stati scritti sul successo delle famiglie asiatiche negli Stati Uniti, si nota che la motivazione delle famiglie stesse ha un ruolo fondamentale. Il successo scolastico dei bambini diventa il successo di tutto il clan, perché porta avanti tutti. Il successo è un valore assoluto, quasi un feticcio, e naturalmente questo si riflette nel bene e nel male (ad esempio per una pressione eccessiva) sui figli. È diversa la situazione in Germania? In ogni caso, andiamo avanti.
I ricercatori, per omogeneizzare i gruppi a confronto, hanno diviso il capitale a disposizione degli scolari in tre variabili: il capitale economico (cioè la ricchezza materiale della famiglia); il capitale sociale, (cioè la capacità di interagire con l’ambiente attraverso una rete efficace di contatti); il capitale culturale (cioè il grado di formazione della famiglia). Naturalmente ancora la omogeneità dei gruppi mette in risalto, più che spiegare, le differenze dei dati. Ma questa è ancora opinione di chi scrive. Andiamo avanti. La ricerca – dicevamo – si propone di sapere quali sono i rapporti tra la competenza linguistica e il successo scolastico. In altre parole, si pone ancora la questione: multilinguismo o monolinguismo nella famiglia e nella scuola per gli scolari di origine straniera? Il fine di tutti i gruppi è quello di piazzare il bambino nella società di arrivo.
Ogni altra azione è considerata dalle famiglie stesse come un errore di investimento. Interessante per i ricercatori è naturalmente il capitale linguistico di partenza dei bambini. Qui torna la fatidica domanda: quale lingua parlano i genitori, sia con i bambini, sia in altre occasioni? E poi la seconda domanda, altrettanto d’obbligo è: qual è la competenza linguistica dei genitori, sia nella lingua del paese ospite, sia in quella di origine? E qui, chi scrive è rimasto ancora una volta piuttosto sorpreso nel sentire che, per rispondere alla seconda delle due domande, i ricercatori si sono affidati ad una sorta di autocertificazione delle madri. Alle quali è stato chiesto quali competenze linguistiche hanno (o pensano di avere) in tedesco. Le famiglie turche denunciano una competenza in tedesco bassa per il 37% e alta per il 67%. Le famiglie vietnamite sono molto più modeste. Esse denunciano una competenza in tedesco bassa per il 60% e alta per il 40%.
Insomma, questo dato cozza chiaramente contro il dato del successo dei figli. Il che significa, forse, che tale successo dipende da altre variabili. A una domanda sul motivo secondo cui non è stata misurata la competenza linguistica, i ricercatori hanno risposto che i soldi non bastavano. Comprensibile, comprensibilissimo! Però così la ricerca rimane con molte domande aperte. Sempre riportandoci (a naso) alla cultura delle famiglie asiatiche negli Stati Uniti, esse tendono piuttosto alla perfezione nelle loro cose e sono -per contro- modeste; al contrario, la cultura mediterranea è più tesa al sembrare che all’essere.
Insomma, sarei personalmente pronto a scommettere che, in una misurazione oggettiva, la competenza di quelle madri vietnamite che dichiarano la stessa come “bassa”, è spesso più alta di quella di madri turche che la dichiarano “alta”. Il che poi spiegherebbe meglio anche i dati del successo dei bambini. Ma queste – come più volte spiegato- sono considerazioni personali di chi scrive, che non devono avere peso nella riflessione. Per quello che riguarda l’altra questione, invece, entrambi i gruppi sono omogenei e le madri parlano per il 50% circa la lingua di origine con i figli.
In conclusione, la ricerca ci dice il seguente: i genitori non si aspettano effetti negativi dell’uso della lingua di origine per quanto riguarda il successo scolastico; l’uso della lingua è influenzato da strutture occasionali; le madri turche parlano soltanto la lingua di origine con i figli con una frequenza doppia rispetto alle madri vietnamite (e anche questo dato, però, non è conforme all’autocertificazione della madri); le madri che con il partner o con gli amici parlano soltanto la lingua di origine, diffondono pragmaticamente nella quotidianità la stessa ai figli; l’orientamento all’origine culturale gioca un ruolo soltanto subordinato. La ricerca –dicevamo- non finisce qui. In ogni caso in un articolo per un giornale è difficile riportarne per intero i particolari. In futuro avremo tuttavia – forse – la possibilità di riferirne gli ulteriori sviluppi.