Mi associo alle lamentele: ha ragione Rossi
Debbo associarmi alle lamentele del Prof. Rossi. Correttezza professionale vuole che siano citate le diverse interpretazioni riguardo un argomento, nel caso vi siano. E questo è il caso. La signora Pennacchia avrebbe dovuto citare la nutrita letteratura sull’argomento che fornisce una versione della storia di Giovanni Paolo Feminis e di Giovanni Maria Farina ben diversa dalla sua. Cito, solo a titolo di esempio, gli studi dello stesso prof. Rossi e quello di Silvia Ceccomori. A meno che la signora Pennacchia non abbia deciso di sposare solo una tesi. Ma allora avrebbe dovuto dichiararlo.
Dal momento che non ho nessun motivo di dubitare dell’onestà intellettuale della signora Pennacchia, devo pensare che quanto meno il suo articolo pecchi di incompletezza. E questo non rende un buon servizio alla ricerca della verità storica. Penso inoltre che l’autorevole Corriere d’Italia potrebbe farsi promotore di una serie di interventi sull’argomento. Grazie dell’attenzione. Cordiali saluti Claudio Mori, caporedattore Ansa Milano
Chi inventò l’Eau de Cologne?
Giovanni Antonio Farina fosse un membro dell’autentica famiglia produttrice di Colonia (è il figlio di uno dei fratelli di Giovanni Maria Farina il Vecchio 1685-1766) non fu mai coinvolto negli affari di famiglia, vale a dire Farina di fronte alla piazza di Jülich (Farina gegenüber dem Jülichsplatz). Gestiva piuttosto un commercio di Eau de Cologne in proprio a Düsseldorf e sosteneva di utilizzare la formula originale di Feminis (la cui esistenza non è mai stata documentata – non si sa se la sua aqua mirabilis, termine generico per tutti i tipi di acque profumate, avesse a che fare con quella che più avanti sarebbe diventata l’Eau de Cologne), presentando così il suo prodotto quale più antico o più autentico che quello della ditta di Colonia. Per tale ragione temo che queste notizie siano vecchie e irrilevanti. Farina gegenüber sostiene che Giovanni Maria Farina (Johann Maria) abbia inventato un prodotto autenticamente nuovo.
Vero è che non vi sono attestazioni che possano confutare questo fatto, né tantomeno testimonianze storiche di una produzione più antica di Acque di Colonia in Colonia (per esempio un’approvazione dell’Acqua di Feminis da parte di un medico dell’università di Colonia, il quale, come dimostra la lista dell’università, non è mai esistito). Feminis produceva Acqua Mirabilis, ma la sua formula non è conosciuta. In qualità di storico, dubito che si possa determinare con esattezza un vero inventore di tali prodotti (è come nel caso del telefono o del fonografo – dozzine di persone ci lavoravano su, le une indipendentemente dalle altre).
Fuori dubbio è tuttavia il fatto che Farina inventò il nome Eau de Cologne e lo (il profumo) rese prodotto di successo dalla qualità costantemente alta ottenuta attraverso complessi processi di miscelazione e ad una formula molto complessa (è, in altre parole nientepopodimeno che l’Edison dell’Eau de Cologne). Il volume di produzione, la reputazione, la qualità e il prezzo del suo prodotto, che ha iniziato a diventare un bestseller nel 1750-1760, erano semplicemente sproporzionatamente superiori a quelli degli imitatori di breve durata e di plagiatori che di solito andavano in bancarotta rapidamente.
La 4711 superò Farina solo nel XX secolo in termini di dimensioni, ma divenne una marca per il mercato di massa, mentre Farina è rimasta quella che oggi si chiamerebbe marca di nicchia – troppo cara persino per i consumatori della classe media odierna. Quindi, per riassumere: secondo le prove storiche a disposizione Giovanni Maria Farina (1685-1766) è l’inventore dell’Eau de Cologne. C.C.A.A. (via e-mail)
Amore della verità
Gentile redazione del Corriere d’Italia, è per “amore della verità” che desidero fare alcune precisazioni inerenti quanto scritto finora a proposito dell’Eau de Cologne:
1. Tutte le fonti inerenti all’Eau de Cologne Farina, alla ditta Farina Gegenüber e al museo Casa Farina (Farina Haus), dal 1709 fino ai giorni nostri, sono contenute all’interno dell’Archivio Economico del Nordreno-Vestfalia, sezione 33. In tale archivio sono presenti lettere, libri contabili e via dicendo, tutti i documenti che attestano passo a passo la storia dell’impresa trecentenaria di Colonia. Fra queste testimonianze si trovano anche le lettere scritte dal Feminis ai fratelli Farina, anch’esse liberamente consultabili da coloro che hanno avuto accesso all’archivio, nelle quali non si trova traccia alcuna né una qualsiasi menzione della sua (presunta) famosa Eau de Cologne. È in tale archivio che troviamo i primi riferimenti certi intorno al termine Eau de Cologne, e questo in una lettera di Giovanni Maria Farina (1685-1766) al fratello Giovanni Battista scritta nel 1708. Tali documentazioni sono fonti storiche realmente esistenti, disponibili e consultabili, cosa che non si può affermare invece per l’affermazione della presunta paternità del Feminis sull’Eau de Cologne.
2. Giovanni Paolo Feminis non è né un personaggio immaginario, né tantomeno l’inventore dell’Eau de Cologne. Di lui non si conosce la data di nascita, né è possibile accertare un qualsiasi legame di parentela con la famiglia Farina di Colonia. Fatti certi inerenti la sua biografia sono: il suo trasferimento da Crana a Magonza e poi a Colonia, il fatto che Farina e Feminis si conoscessero (Farina tentò ripetutamente e invano di convincere Feminis a supportare gli amici che patrocinavano la ristrutturazione e la scuola di Santa Maria Maggiore), il suo matrimonio con Sophia Ryfarts (1687), la sua morte (26 novembre 1736) e la sua professione di commerciante, il quale vendeva un’Aqua mirabilis (o mirabile, che dir si voglia) che nulla aveva a che vedere con il prodotto della ditta Farina.
Le uniche testimonianze di una possibile ricetta segreta data dal Feminis a Farina si trovano in alcuni documenti in cui il Feminis appare quale leggendaria figura fondatrice di una società: Jean Marie Joseph Farina (1785-1864), il fondatore della ditta Farina a Parigi e pronipote di Carlo Geronimo Farina, ebbe l’idea di produrre un’Acqua di Colonia economica per il pubblico parigino, ben diversa dall’Eau de Cologne di Colonia. L’Eau de Cologne di Giovanni Maria (1685-1766) era il profumo dei re e della nobiltà e Jean Marie Joseph desiderava “imborghesire” questa fragranza per attirare una nuova classe di acquirenti. A tal fine egli creò il mito del Feminis quale padre dell’Eau de Cologne: fece dipingere un “ritratto” del Feminis e tutto ciò che venne scritto a proposito del Feminis a partire dal XIX secolo fa riferimento a questa leggenda rafforzata da Jean Marie Joseph Farina (vedi anche fonti quali Carlo Cavalli, Francesco Scaciga e Giacomo Pollini). Detto questo si deve perciò tenere presente che il nome Eau de Cologne risale a tutti gli effetti a Giovanni Maria Farina (1685- 1766) e Giovanni Paolo Feminis non ha nulla a che vedere né con i Farina, né con i 300 anni di Farina Gegenüber, né tantomeno con la ricetta di questo profumo.
3. Il cosiddetto “Mailänder-Prozess” riportato da Utescher e l’opera di Rosenbohm non sono stati censurati, bensì sono stati dichiarati superflui in quanto, sempre nell’Archivio Economico del Nordreno-Vestfalia (sezione 33) sono stati ritrovati tutti i documenti necessari a invalidare la prima procedura civile intrapresa contro Farina. Sia le imprese concorrenti che 4711 dunque, hanno messo da parte queste attestazioni, prive ormai di una validità effettiva. Inoltre, nell’opera Kölnisch Wasser del Rosenbohm altro non si trova se non congiuntivi inerenti la paternità dell’Eau de Cologne originale, i quali sono ben lungi dall’essere dichiarazioni certe e certificabili, quanto più timide affermazioni senza prove alle spalle.
4. Napoleone non si serviva presso Jean Marie Farina (1785-1864), bensì presso la ditta di Colonia, la quale produceva un prodotto differente dall’azienda parigina. Concludendo si può affermare che bisognerebbe ricercare con più accuratezza all’interno di tutte le fonti (e non solo nel libro della signora Ceccomori o in documenti che sono stati già di per sé invalidati) e dimostrare tramite esse dove sono la verità, dove la leggenda e dove le informazioni incerte e difficilmente documentabili. Come ultimissimo fatto resta da aggiungere che trovo di cattivo gusto mettere in dubbio il nome della giornalista, dubitare di una sua eventuale visita al museo di Colonia e trovare a dire sul linguaggio dell’articolo dopo che si leggono espressioni quali “pane dalle sette croste”, “scarpe grosse e cervello fino” o ancora “balle”. Claudia, Colonia, via e-mail
Ringraziamo tutti i lettori che partecipano a questo interessantissimo dibattito, che riguarda non solo l’oggetto del contendere, ma anche il metodo con cui si fanno una ricerca in archivio e una ricerca giornalistica.
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