Il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha approfittato della sua visita a Londra per ricordare le tragedie del mare ed esprimere il suo “rammarico” per “il ritardo con cui la macchina europea si è messa in moto”. Anche il Papa, nel corso dell’udienza ai partecipanti all’incontro promosso da Scienza & Vita, ha definito “un attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel Canale di Sicilia”.
Il Card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, ha aggiunto che “non è umano” il sistema della ripartizione dei rifugiati tra i Paesi della Ue. Un paio di settimane fa la Commissione europea, riunita a Bruxelles su richiesta di Matteo Renzi, ha approvato una nuova politica che prevede la distribuzione degli immigrati nei Paesi dell’UE.
In teoria, la Francia dovrebbe accoglierne il 14,17%, l’Italia l’11,84%, la Spagna il 9,10%, la Polonia il 5,64% e via elencando. Decisione siglata dal Presidente Jean-Claude Juncker, cui è seguita subito dopo l’opposizione di Francia, Spagna, Ungheria, Inghilterra ed altri, che accettano, a parole, la quota di 24 mila persone da accogliere, però suddivisa in due anni e solo se i profughi provengono da Siria ed Eritrea, in quanto godono del regime di protezione previsto da 75% degli Stati membri. E riguarderà solamente i nuovi arrivi: ne consegue che – se nel corso della riunione dei capi di Stato e di Governo fissata per il 26 giugno, arriverà il via libera alla proposta – la possibilità di smistamento riguarderà esclusivamente chi atterra in Italia a luglio. Come dire che non potrà essere trasferito in un altro Stato nessuno fra gli stranieri già sbarcati in Italia dove, in 5 mesi, ne sono arrivati 41.470, 2.790 dei quali dalla Siria ed il 7% dall’Eritrea.
Con la conseguenza che tocca alla Penisola – in particolare a Sicilia, Puglia, Campania e Lazio, dove i centri di raccolta sono già stracolmi – continuare a sistemare, nei centri di accoglienza e nelle strutture private messe a disposizione dalle Prefetture, gli stranieri già arrivati. Con il costo di 9 milioni al mese che, come sempre, ricade sui contribuenti. Ovvio che l’Italia cerchi di rivedere i criteri di distribuzione, onde poter contare sull’appoggio europeo in caso di nuove ondate. Aiuto tutt’altro che scontato, visto che, dopo la contrarietà espressa da Parigi e Madrid, nella bozza non si parla più di quote, ma di ridistribuzione, come aveva chiesto il Presidente francese, François Hollande. Come dire che, contrariamente a quanto affermato dalla vice presidente dell’esecutivo Ue, Federica Mogherini, l’Unione Europea, non ha affatto capito l’urgenza di una risposta globale alle complesse problematiche dovute alla continua immigrazione.
Del resto, prima delle elezioni europee, l’edicolista del Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia, aveva individuato i motivi per i quali l’UE avrebbe continuato “a fare orecchie da mercante alle ripetute, sempre più pressanti, richieste avanzate da vari Paesi mediterranei suoi membri, e innanzi tutto dall’Italia” che vorrebbero, per far fronte all’imponenza dell’immigrazione, “una politica comune fatta di un aiuto in mare ad opera di navi di tutte le marine europee, di distribuzione concertata degli immigrati nell’intero territorio dell’Unione e, soprattutto, di effettiva condivisione delle spese sempre più ingenti richieste dal meccanismo dell’accoglienza”. Il motivo principale di tale riluttanza deriva dal fatto che, nell’imminenza della consultazione elettorale, i Governi europei si erano resi conto di quanto fossero diffusi negli elettori i timori legati alla sempre più ampia presenza di immigrati.
Per cui, un po’ ovunque, ma soprattutto nei Paesi del Nord-Ovest, stava conquistando consensi, nelle classi medie ed operaie che soffrivano a causa della crisi e del mutamento etnico e linguistico, la propaganda di chi, a destra ed a sinistra, stimolava contro chi fuggiva, per motivi politici o economici, dall’Africa o dall’Asia. E spingeva, quindi, a non accettarli. Il che, secondo Galli Della Loggia, aveva fatto diventare “un sussurro impercettibile la sollecitudine per i diritti dell’uomo, che risuona con toni così alti quando viene proclamata a Bruxelles o a Strasburgo”. Tanto da convincere che l’Italia, la Grecia e la Spagna si devono arrangiare da sole, perché, “se decine di migliaia di immigrati si accalcano sulle coste africane e asiatiche per entrare in quei Paesi, non sono cose che riguardano l’Ue”.
Gli egoismi nazionali hanno spinto, sì, a triplicare la dotazione di fondi per Triton, ad aumentare le imbarcazioni, gli aerei e gli elicotteri da mandare nel sud del Mediterraneo, ma niente di più. L’Europa, ancora una volta, si è girata dall’altra parte. Perché sa bene solo imporre regole e chiedere soldi. Che, non a caso, qualcuno, in Italia, suggerisce di non dare più. Forse non del tutto a torto.