Sospeso – almeno temporaneamente – l’impegno per intervenire in Parlamento sulla norma che riguarda il pagamento dell’Imu sulle abitazioni dei cittadini italiani residenti all’estero, e che ha affidato ai Comuni la decisione sull’aliquota da applicarsi, Franco Narducci e Claudio Micheloni, deputato e senatore eletti per il Pd nella ripartizione Europa, hanno annunciato di aver presentato un ricorso al Tar in proposito (vedi riquadro a lato). Un ricorso – fanno presente i parlamentari, basato su un giudizio di “incostituzionalità e di violazione dei Trattati dell’Unione Europa”, depositato ora, insieme ad una richiesta di sospensiva, di seguito all’emanazione dei regolamenti comunali – prorogata al 31 ottobre scorso, – e presentato in riferimento a due contribuenti emigrati da Campobasso, comune che ha stabilito l’applicazione agli immobili di proprietà dei connazionali all’estero dell’aliquota dovuta dalle seconde case e il cui regolamento è stato impugnato quale “caso tipico e rappresentativo”.
„Si tratta da parte nostra di un’azione concreta, un logico seguito di quanto già fatto in Parlamento senza esito, purtroppo – spiega Narducci, ribadendo come si consideri ingiusta l’applicazione dell’aliquota stabilita per la seconda casa nel calcolo dell’Imu degli immobili posseduti in Italia dagli italiani all’estero. Un’applicazione adottata in definitiva – segnala Narducci – da circa l’80% degli oltre 8.000 comuni italiani, generando una “disparità di trattamento” tra cittadini residenti in Italia e all’estero. “Abbiamo raccolto in questo modo l’indignazione di numerosi italiani incontrati nel corso dei nostri ultimi incontri in Europa – rileva, richiamando in particolare un appuntamento organizzato dalle Acli in Francia e di Lorena, nello specifico, conclusosi con la promozione di una raccolta firme di protesta.
“Il discorso non è che i nostri connazionali non vogliano pagare l’Imu; ciò che si contesta – precisa Narducci – è l’ingiustizia e la discriminazione dovuta al fatto che la loro abitazione venga considerata abitazione secondaria e non prima casa”. “Gli italiani all’estero – aggiunge – non vogliono essere trattati come cittadini di serie b, ma essere messi sullo stesso piano dei residenti”. Il deputato sottolinea come l’abitazione posseduta in Italia costituisca “un legame d’affetto con il nostro paese”, il simbolo “di un legame indelebile che alimenta le loro radici” e in cui “confluisce l’identità culturale e il senso delle tradizioni”.
“Sono sentimenti che accomunano milioni di nostri emigrati all’estero – prosegue – e che li spingono a mantenere il loro legame forte con la terra di origine attraverso la loro casa, legame che non si è spezzato con gli anni, nonostante i processi di integrazione nei paesi d’accoglienza e l’avanzare di generazioni nuove”. Narducci ribadisce inoltre come il possesso della casa significhi anche la presa in carico della sua manutenzione, evitando così il depauperamento, anche sociale, dei centri storici, avvenuto specie in molte città del meridione. Claudio Micheloni tiene a precisare come l’iniziativa di oggi non sia legata alla campagna elettorale in corso, “che è stata anticipata non per nostra volontà – precisa, e richiama la sua astensione al voto di fiducia al governo richiesto sul provvedimento in titolo, astensione “le cui motivazioni, che ho potuto esporre in quella occasione, sono state condivise dal Pd in Senato”.
“Gli italiani all’estero non chiedono di essere esentati dal pagamento di questa imposta, perché sono abituati a contribuire e vogliono contribuire allo sviluppo dell’Italia – afferma il senatore, che precisa, analogamente a quanto evidenziato da Narducci, come oggetto di discussione siano unicamente gli immobili posseduti e adibiti dai connazionali all’estero ad abitazione principale – e quindi sfitti, – classificazione che la stessa legislazione italiana riconosce. “Sono immobili che, essendo riconosciuti come abitazione principale, sono soggetti al pagamento di utenze e imposte dovute come tali – afferma Narducci, mentre Micheloni tiene a sottolineare come con il governo di Silvio Berlusconi non si siano potuti affrontare temi attinenti ad una loro più equa ridefinizione, come la tassa rifiuti ad esempio, avanzati invece con l’esecutivo guidato da Romano Prodi.
“La tassazione dell’unico immobile posseduto in Italia dei connazionali all’estero come seconda casa è moralmente inaccettabile, mentre il fatto che il governo abbia scaricato sui comuni tale decisione ha finito per creare una discriminazione tra gli emigrati stessi – prosegue Micheloni. “Non si chiede quindi nessun favore, ma il rispetto di un diritto di base – aggiunge, ribadendo il sentimento di “offesa subita dalle prime generazioni, che sono state, con le loro rimesse, i primi datori di lavoro dell’Italia del dopoguerra”. Oltre alle “conseguenze politiche nascoste dietro a questa tassa”, Micheloni parla del rischio di una “bolla immobiliare nelle zone più deboli del paese”, che si potrebbe configurare qualora gli emigrati decidessero di vendere gli immobili, e il “rischio di desertificazione immobiliare”, legato allo spegnersi di luoghi meta di un considerevole turismo di ritorno.
Rischi temuti dallo stesso Narducci, che teme “un autogol” ed effetti che possano “pregiudicare la stessa economia italiana”. A spiegare i termini del ricorso presentato al Tar è stata Mikaela Hillertrom, avvocato italo-svizzero che ha affiancato i due parlamentari in questa azione legale. Hillertrom si è soffermata prima sul “profilo di incostituzionalità” ravvisato nell’imposta applicata ai connazionali all’estero, per “la violazione del principi di uguaglianza e ragionevolezza e del principio della capacità contributiva”.
“Un cittadino che risiede in Italia può usufruire delle agevolazioni e detrazioni fiscali legate all’abitazione principale, ma lo stesso cittadino italiano che non risiede in Italia, nonostante l’immobile da lui posseduto sia adibito anch’esso ad abitazione principale – rileva l’avvocato, – non potrà invece usufruire di queste, soltanto perché non risiede in Italia”.