In base ad una disposizione legislativa emanata a febbraio di quest’anno, a fine aprile ed ai primi di maggio si sono svolte le prove scritte (concluse il 28 aprile) ed orali necessarie per assumere 63.712 nuovi docenti per le scuole nazionali, materne e superiori. Dei 165 mila iscritti, nelle diverse Regioni e per cattedre diverse, solo il 76,23% si è presentato all’esame. Al che si è aggiunto il fatto che, a luglio, solo metà dei testi erano stati esaminati dalle 825 commissioni e 202 sottocommissioni, con la conseguenza che, dato che occorrono venti giorni d’intervallo tra scritti e orali, solo il 62% delle procedure concorsuali si concluderà in tempo utile. E questo è già un problema.
Al quale si è unito l’altro, più grave, della inevitabile mancanza di pro-fessori, in quanto, dei 71.448 candidati già esaminati, solo 32.036 sono stati ammessi agli orali. Come già successo negli anni precedenti, risultano più bocciati al Nord e meno al Sud. Ma, dato che il 55,2% dei candidati non è stato ritenuto in grado d’insegnare, l’anno scolastico inizierà con 23 mila cattedre vuote affidate a supplenti provenienti dalle Regioni meridionali, molti dei quali, però, si rifiutano di trasferirsi. Il che ha spinto sindacati ed uffici scolastici regionali a consentire a chi ha gravi esigenze di salute o bisogno di essere vicini a coniugi, figlie e genitori, di prestare, per un anno, servizio vicino a casa, come docenti di sostegno.
Ciò comporterà una carenza di circa 23 mila insegnanti, rilevata dalla ricerca di Tuttoscuola (rivista per insegnanti, genitori e studenti di Giovanni Vinciguerra) che da mesi critica la scelta dei commissari, le loro paghe da fame (50 centesimi per ogni prova scritta esaminata), nonché i quesiti prescelti per l’esame. E che, di conseguenza, si chiede se la selezione dei funzionari è troppo selettiva o se sono veramente impreparati i concorrenti che però, come sottolinea Tuttoscuola, avevano già “l’abilitazione all’insegnamento” presa “attraverso i percorsi abilitanti” seguiti dopo la laurea. Il che la porta alla conclusione che, forse, sono presenti entrambe le cause, dato che c’è “una scarsa capacità di comunicazione scritta, in termini di pertinenza, chiarezza e sequenza logica e una carenza nell’elaborare un testo in modo organico e compiuto”.
In effetti pare che in alcuni compiti sia emersa anche una scarsissima conoscenza, ortografica e sintattica, dell’italiano, tanto da indurre alcuni commissari a chiedersi se “si trattasse di candidati stranieri che non padroneggiavano bene la nostra lingua, salvo poi verificare che erano italianissimi”. Ovvia quindi, l’ecatombe dei candidati, specialmente alle scuole d’infanzia e alle primarie. Ammesso che ci sia qualche genitore che, per solidarietà verso chi soffre il dramma della disoccupazione, sia disposto ad affidare il figlio ad un docente di letteratura e lingua italiana non sufficientemente preparato, resta il fatto che gli studenti hanno diritto ad avere un insegnante in grado di fornire una cultura letteraria adeguata, nonché capace di individuare e correggere gli strafalcioni ortografici o gli errori storici o geografici.
Pare accertato, per il momento, che almeno 20.000 le cattedre resteranno vacanti a causa delle bocciature. Il che ha spinto la giornalista Francesca Angeli a scrivere che “come conseguenza, ci saranno cattedre scoperte; balletto di supplenti; ricorsi a pioggia dai trasferiti; docenti chiamati ad insegnare discipline per le quali non hanno specifiche competenze; oppure precari che copriranno le cattedre di quelli che non si sono voluti trasferire o, peggio ancora, di quelli che hanno passato il concorso ma dato che la compilazione delle graduatorie è in enorme ritardo non saranno assegnati per tempo”. Un deterioramento della scuola che, certo, non aiuterà gli studenti, specialmente gli allievi delle Medie che necessitano di un sostegno specifico.
Intanto il nuovo anno scolastico inizierà, questo mese, con relativamente pochi titolari della cattedra e con molti supplenti. I quali, magari, saranno sostituiti l’anno successivo, il che non va a favore degli studenti, soprattutto i più giovani. A dimostrazione che la legge del 2015, elaborata dal Governo di Matteo Renzi, per dar vita ad una “buona scuola”, mediante la riforma del sistema scolastico, con l’obiettivo di predisporre un organico funzionale alla gestione e allo sviluppo delle singole scuole, onde evitare i caroselli di supplenti, arranca tra mille ostacoli, del resto prevedibili e già intuiti dagli esperti del settore. L’inevitabile degrado, il quale incide negativamente sulla crescita culturale degli studenti, ha spinto un redattore della rivista Tuttoscuola ad auspicare un miglioramento dell’insegnamento. Che è, afferma, il “presupposto principale per tenere alto il livello qualitativo della scuola italiana”.