“Questa volta è diverso” sostiene uno degli slogan scelti per la campagna di sensibilizzazione al voto per le Europee del 22-25 maggio. Una gigantesca prova di democrazia, con 400 milioni di elettori di 28 Paesi per scegliere 751 eurodeputati. L’Ue è ormai entrata nella vita di tutti i giorni con le sue “direttive”, con i fondi strutturali e i programmi per la coesione sociale e territoriale, con le politiche a tutela dei consumatori oppure con Erasmus o, ancora, con la ricerca; ma, è altrettanto evidente, occorrerebbero ulteriori passi avanti per rendere efficace il mercato unico e la governance economica e monetaria, per la politica energetica e quella migratoria, per le infrastrutture… Ne parliamo con Jaume Duch, spagnolo, una lunga esperienza in sede comunitaria, direttore del servizio stampa e portavoce del Parlamento europeo. Dunque, perché “questa volta è diverso”? “Per almeno tre ragioni. La situazione economica e sociale in Europa è ben differente da quella del voto di cinque anni fa, del giugno 2009, con le pesanti ricadute della crisi. In relazione a questo, i cittadini si sono accorti che l’Europa è stata un soggetto protagonista in questi anni, che assume decisioni e interviene concretamente: si può essere d’accordo o meno, ma questa è la realtà. Inoltre, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, alla fine del 2009, lo stesso Europarlamento ha assunto poteri nuovi in campo legislativo e di bilancio e ha cercato di utilizzarli in questi cinque anni a vantaggio dei cittadini. Inoltre – terzo motivo – si ha ora un legame più stretto tra la partecipazione al voto per eleggere gli eurodeputati e l’elezione del presidente della Commissione europea. Ci si può fra l’altro augurare, e aspettare, che la campagna elettorale che sta prendendo avvio si concentri maggiormente sui temi di respiro europeo; i partiti e i rispettivi candidati alla carica di presidente della Commissione dovrebbero esporre e sostenere i loro punti programmatici a seconda della visione di integrazione europea sulla quale chiedono il voto agli elettori”.
“Agire, reagire, decidere”: è un altro degli slogan della campagna istituzionale avviata per invitare al voto i cittadini, visto che dietro l’angolo c’è il rischio di una forte astensione. Cosa significa lo slogan?
“Si vorrebbe ancora una volta illustrare la capacità dell’Ue – e in particolare del Parlamento europeo – di fornire risposte concrete alle necessità dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, della società civile. Si riscontra però il problema che l’Europa non è sufficientemente conosciuta dai cittadini stessi, anche perché la politica Ue è complessa almeno quanto quella degli Stati membri. In più dobbiamo riconoscere che diversi politici nazionali addossano all’Unione responsabilità e colpe che essa non ha, innescando e alimentando ragionamenti euroscettici e populisti”.
Una “colpa” che talvolta si addossa anche ai media. Lei, che lavora con agenzie di stampa, giornali, tv, siti internet, cosa ne pensa?
“Mi pare che ancora molti mass media debbano compiere una sorta di ‘aggiornamento europeo’ al proprio interno. L’integrazione comunitaria avanza a grande velocità, mentre molte tv e giornali hanno il passo lento e fanno fatica a capire la nuova distribuzione dei poteri e a raccontare ai lettori o ai telespettatori cosa succede davvero fra Bruxelles e Strasburgo”.
Ma un cittadino europeo per quali motivi dovrebbe recarsi alle urne a fine maggio?
“Per le tre ragioni sopra ricordate, e quindi perché l’Ue ha una grande rilevanza per la vita di ogni giorno. E poi per le stesse motivazioni che valgono per le elezioni nazionali: perché è un diritto e una responsabilità di ogni cittadino prendere parte agli indirizzi politici che poi influiranno sul lavoro, sulla moneta, sulle pensioni, sulla salute pubblica… E anche per ragioni ideali o per appartenenza a un determinato partito. Il cittadino, insomma, ha una grande opportunità di far sentire la propria voce, di indirizzare il futuro dell’Europa”.
C’è da immaginare che abbiate realizzato dei sondaggi sul voto ed esistano delle proiezioni sulla futura composizione del Parlamento europeo.
“Sì, abbiamo delle proiezione basate su sondaggi nazionali e ci danno dei dati molto interessanti. L’Emiciclo – stando ai sondaggi attuali, dunque all’inizio della campagna elettorale – dovrebbe avere una composizione diversa da quella attuale, anche se i due attuali gruppi politici più numerosi, ossia i Popolari e i Socialisti e democratici, dovrebbero occupare ancora i primi due posti. Al momento, però, sono appaiati. D’altronde si prevede che, nel loro insieme, cederanno alcuni seggi ad altre famiglie politiche: ad esempio sono date in crescita sia la Sinistra unitaria europea che la destra estrema, entrambe stimate al momento attorno al 5%; le forze populiste e antieuro dovrebbero attestarsi al 5%, così come i Conservatori britannici assieme ad altre forze moderate provenienti ad esempio dalla Polonia. Liberaldemocratici e Verdi sembrano invece in calo”.
Numeri e movimenti interessanti…
“Si calcola, in sostanza, che le forze populiste ed euroscettiche di diverso grado messe insieme possano arrivare attorno al 20%, con grossi risultati in alcuni Stati ma irrilevanti in altri, senza stravolgere il carattere decisamente europeista dell’Emiciclo. Anche perché buona parte di queste forze ha difficoltà a partecipare al lavoro parlamentare di ogni giorno. È possibile che in Parlamento tra Popolari, Socialisti e democratici, Liberaldemocratici e Verdi i deputati europeisti giungano ancora a essere l’80%. Sarà certamente un Parlamento più variegato, interessante, combattivo, ma molto pro-europeo e non bloccato nell’attività legislativa”.