Il presidente Giorgio Napolitano è stato l’unico elemento di stabilità nella tremenda crisi politica che sembra essersi conclusa nei giorni scorsi. La sua tenacia e il suo amore per il Paese alla fine hanno vinto ed una persona nominata da lui, degna di rappresentare il Paese, ora guida una coalizione di governo a cui anche il Pdl partecipa con personale presentabile.
Non più ministre svelte di lingua, troniste ed ex escort alla guida di ministeri e sottosegretariati. Non più eclatanti mafiosi a capo di ministeri o di enti preposti all’antimafia. Il governo si presenta abbastanza bene, anche se è difficile sapere ora cosa sarà in grado di fare. Soprattutto si spera che finisca la china economica ed istituzionale che negli ultimi anni aveva portato il Paese sempre più fuori dall’Europa. Certo, i cosiddetti “mal di pancia” per la forzata coalizione tra Destra e Sinistra si faranno sentire, soprattutto a Sinistra, ma già l’aver sbarrato la via del governo a personaggi chiaramente disgustosi, aiuterà forse nella digestione.
Le cose da fare per recuperare credibilità alla politica sono tante. Inutile elencarle qui. Per Letta le scelte sono tutte difficili, soprattutto quelle che riguardano i tagli ai costi della politica. Il bosco è tenebroso e sotto ogni foglia si nasconde un serpente. Tuttavia l’ottimismo è d’obbligo, almeno in questo momento.
Rimane l’enigma di un parlamento che funziona per due terzi, perché il terzo rimanente, quello grillino, ha congelato i propri voti. Dopo averli chiesti, i grillini hanno deciso di non utilizzarli.
Chi ha votato Grillo sull’onda di una protesta giusta, anzi giustissima, contro una tra le classi politiche più disgustose che la storia italiana ricordi, ora dovrà porsi a questo punto alcune domande. Era quello che chiedeva: il congelamento dei voti? L’annichilimento del mandato?
Eppure la politica tradizionale, sotto forma del faccione di Bersani, si era presentata da loro con il cappello in mano, e si era dichiarata disposta a seguirli nelle loro (giuste) richieste. I famosi „otto punti“ del Bersani ricalcavano in buona parte il programma grillino. I grillini avevano la possibilità di controllare i processi della politica e guidarli nel senso desiderato dal loro elettorato.
Invece, niente. Lo spettacolo che costoro hanno dato in seguito ha dell’incredibile. Abbiamo visto un gruppo parlamentare che somigliava ad una classe dell’asilo, continuamente rimbrottata dal suo maestro Beppe, quello, per intenderci, che non crede all’esistenza dell’Aids perché sarebbe un’invenzione delle multinazionali, e parimenti rimbrottata anche dall’altro maestrino, Casalegno, quello che crede nella fine del mondo nel 2020: “Bambini in fila per due, e non parlate con gli estranei, che sono tutti cattivi!”
Eppure, come dicevo, questa classe dell’asilo infantile avrebbe potuto cambiare davvero la maniera di fare politica; ne aveva la forza. Ma i bambini hanno troppa paura del loro Baubau Beppe. Sono stati eletti, hanno la libertà di mandato, devono rispondere solo e unicamente ai loro elettori, non al loro guru, ma hanno paura di quello che può pensare di loro Beppe. E si capisce anche perché.
Sono stati eletti sull’onda della protesta. Nessuno li ha scelti veramente. Sono capitati là, alcuni con 50 voti di preferenza via web. Praticamente hanno vinto alla lotteria un posto in Parlamento, e adesso non sanno che pensare, a parte il fatto che devono tutto a Beppe. Allora possiamo figurarci come si possa essere sentito il povero Bersani quando si è presentato da loro a capo chino: bambini, non costringetemi a fare accordi con l’Impresentabile. Ma i bambini hanno alzato le braccia: il nostro maestro ha detto no!
Ora è intervenuto Napolitano a mettere le cose a posto. Il governo, ripeto, si presenta bene. Il fatto che Berlusconi vi abbia inviato il suo cameriere personale, Angelino Alfano, è una garanzia di impegno da parte del Pdl. Incrociamo le dita e speriamo che il Paese non debba pagare altri prezzi.
Cosa abbia voluto Berlusconi in cambio del suo impegno e dell’impegno del Pdl non ci è dato saperlo. Affidiamoci al suo „buon cuore“, non osando pensare che abbia voluto la prossima presidenza della Repubblica.