Gli italiani che si sono trasferiti in Cina, secondo i dati Aire del 2013 sono 6.746, e sono triplicati rispetto al 2006, anno in cui la quota delle presenze non raggiungeva i 2000 iscritti.
Il dato emerge dalla ricerca A.M.I.C.O. (Analisi della Migrazione degli Italiani in Cina Oggi) i cui risultati sono riportati nel volume “Sulle orme di Marco Polo. Italiani in Cina” (Quaderni Migrantes, edizioni Tau) presentato oggi, 3 giugno, a Roma e curato da Giovanna Di Vincenzo, Fabio Marcelli e Maria Francesca Staiano. L’indagine è stata effettuata nel 2013 per la Fondazione Migrantes, nell’ambito di studi più ampi sull’emigrazione italiana all’estero dell’VIII° Rapporto Migrantes “Italiani nel Mondo”.
I dati Aire comprendono solo gli italiani che hanno spostato la propria residenza da un comune italiano a una località cinese; resta fuori, dunque, la cosiddetta “migrazione sommersa”, costituita dagli italiani che abitano in Cina, ma non hanno spostato la residenza. Questo fa dedurre che gli italiani effettivamente residenti in Cina superino di gran lunga le cifre degli iscritti Aire.
Sempre più italiani considerano la Cina un nuova meta per un’esperienza formativa o lavorativa all’estero, rispetto ai Paesi di tradizionale migrazione da parte degli italiani.
Per quanto riguarda la provenienza regionale, si tratta di un’emigrazione che parte in prevalenza dal Nord Italia, soprattutto dalla Lombardia (26%) e dal Veneto (15%), seguiti dai piemontesi (11%) e dai laziali (10%). Quote minori di espatriati provengono dalle regioni del Sud e principalmente dalla Puglia e dalla Campania.
Le loro mete sono principalmente nelle aree meridionali della Cina, tra Hong Kong, Guangdong e zone limitrofe (37% e 13%), la municipalità di Shanghai e le province circostanti (34%). Il restante 16% risiede invece a Pechino e nelle altre province. La gran parte risiede nelle grandi metropoli e nei distretti industriali dove <s>è</s> c’è richiesta di personale straniero specializzato o la disponibilità di servizi per stranieri, come supermercati forniti di merce importata e ristoranti stranieri.
Per quanto riguarda le fasce d’età, secondo i dati Aire, si tratta in maggioranza di persone di età compresa tra i 35 e i 44 anni, il 29%, e di minori, il 28%. Ma vi sono anche molti giovani dai 25 ai 34 anni, il 16%.
Ovviamente non mancano gli studenti di lingua cinese che frequentano corsi di lingua o veri e propri corsi di laurea e post laurea presso le università cinesi, e molti altri profili.
“Durante la missione effettuata in Cina – spiegano i ricercatori della Migrantes – abbiamo scoperto casi di italiani che svolgono attività che esulano da quelle strettamente collegate al business e al lavoro dipendente presso grandi aziende, che vanno dall’insegnamento dell’italiano, all’esercizio della professione di architetto o designer – molto richiesta nella realizzazione di progetti di grande rilievo, a cui in Italia magari non avrebbero mai avuto accesso-, oppure artisti che sperimentano in Cina nuove avanguardie e sono impegnati sul fronte culturale, oppure, ancora, operatori di Ong impegnati nel sociale che portano in Cina quel sentire cristiano di inclusione e sostegno delle persone più deboli e in difficoltà. Non si tratta dunque di una presenza solo imprenditoriale o legata alle opportunità di carriera, ma anche legata a diverse realtà, molto particolari e variegate.
Trasferirsi in Cina oggi e pensare di trovare subito un impiego altamente remunerativo senza avere esperienza, non è più così semplice come in passato. Adesso la richiesta di personale straniero si restringe su risorse altamente qualificate, per cui è sempre più difficile ottenere un permesso di lavoro, ed è in atto un giro di vite sui visti in generale, con frequenti controlli e sanzioni. L’irrigidimento della politica sui visti è stato, inoltre, esteso anche alle norme per le assunzioni di stranieri.
I risultati della ricerca mostrano la rapidità con cui questo flusso migratorio si sta adattando a una realtà estremamente dinamica come quella cinese. Già adesso, ad esempio, la crescita del Paese asiatico spinge al ritorno giovani cinesi cresciuti in Italia, dando così luogo a processi di cui è veramente difficile poter individuare i possibili esiti. I risultati della ricerca sul campo e del sondaggio online hanno chiaramente mostrato che le attività degli italiani stanno “rapidamente superando i confini dei settori di più tradizionale penetrazione del Made in Italy, investendo anche altri campi dalla ricerca, alla cultura, all’arte e allo sport”. Non manca nel volume anche una valutazione delle opportunità e delle potenzialità che si offrono all’emigrazione italiana in Cina e dei problemi e dei bisogni della comunità lì presente.