Negli ultimi anni, tra il 2011 e il 2014 sono arrivati in Germania altri 55.000 italiani (+ 15%) – e il flusso dei nuovi immigrati non accenna a diminuire. Ciò significa che nel 2016 forse si sforerà il tetto delle 800.000 presenze ufficiali e nei prossimi cinque anni probabilmente si raggiungerà la cifra record di un milione di connazionali stabilitisi in Germania.
La nuova emigrazione non è costituita solo da singoli giovani con titolo universitario, come spesso si sente affermare dai “fanatici“ dei cosiddetti cervelli in fuga. Al contrario, molti hanno solo un diploma di scuola superiore e tanti nemmeno quello. Inoltre arrivano molte famiglie con figli in età scolare e lì i problemi da risolvere si moltiplicano. Chi accoglie concretamente i nuovi arrivati sono gli operatori del sociale che lavorano o fanno servizio di volontariato nelle strutture italiane locali: Missioni Cattoliche, associazioni, patronati.
Da notare è che, a seconda della struttura, varia notevolmente la tipologia degli italiani che vi si presentano. “Si rivolgono a noi per lo più persone con poche prospettive, arrivano all’arrembaggio, con il nostro indirizzo in tasca ma totalmente impreparate…”, racconta Antonella Simone (foto sotto), segretaria della Missione Cattolica di Colonia, “…una volta sono venute qui tre persone, due uomini e una donna, si sono seduti a terra nel corridoio e hanno detto non se ne sarebbero andati se non l’aiutavamo… un’altra volta è arrivata una famiglia con due bambini piccoli, era la notte di Natale, uno dei bambini aveva la febbre, e cosa vuoi fare? Gli rifiuti l’aiuto? Abbiamo chiamato il medico, li abbiamo tenuti fino a che siamo riusciti a trovar loro qualcosa… ma come fa questa gente a ridursi in quel modo? Altri sono venuti da noi dicendo che avevano fame… gli rifiuti il pane? Ma qui non siamo un convento, siamo solo un ufficio! Per fortuna alcuni arrivano più pronti, come una donna che è arrivata questa estate, con due figli, l’abbiamo aiutata a capire come funziona il sistema, è riuscita a inserire i figli nella scuola, ma non è riuscita a trovare un appartamento e vive in una pensione. Ha trovato un lavoretto, ma guadagna poco e non sa il tedesco – e in Germania se non puoi dare garanzie una casa non te la da nessuno e con due figli, poi… Stiamo cercando di aiutarla, ma è dura!” Alla Missione Cattolica si rivolgono per la maggioranza famiglie, moglie e marito privi di qualifica, gente che spera di lavorare nei ristoranti, come camerieri, lavapiatti.
“Sono persone semplici,” racconta ancora Antonella Simone, “che arrivano con le informazioni che danno i giornali italiani, la televisione italiana, che dice andate in Germania che lì c’è l’albero della cuccagna, lì ti inseriscono subito senza problemi. Non parlano delle difficoltà che ci sono. Mi spiace dirlo, ma la mia impressione è che l’Italia voglia risolvere il problema della disoccupazione mandando la gente all’estero! Fanno credere che in Germania troveranno tutto, compresa la bella busta paga… che forse una volta c’era ma adesso non c’è più. E allora la gente non si rende conto che arrivati qua entrano in un circolo vizioso: se non trovi lavoro nessuno ti da la casa, e se non hai la casa… allora, se non hai un capitale iniziale per vitto e alloggio difficilmente troverai lavoro… Il risultato è che alcuni dopo un po’ ci chiedono soldi per tornare in Italia…”.
Naturalmente, sottolinea Antonella Simone, ci sono anche quelli che ce la fanno e poi tornano per ringraziare dell’aiuto: sono momenti molto belli. Ma purtroppo ci sono anche connazionali che non capiscono o non vogliono capire: “Alcuni si comportano malissimo, quando vedono che non possono ottenere quello che vogliono, cominciano a sbraitare, a minacciare. Da noi pretendono, perché siamo Missione, ma non capiscono dove sono i limiti e soprattutto che l’arroganza non aiuta. Ma per fortuna la maggior parte dei connazionali sa che deve impegnarsi in prima persona se vuol raggiungere qualcosa”.
L’esperienza fatta finora dall’Associazione Mondo Aperto/Offene Welt di Colonia è piuttosto diversa da quella fatta da Antonella Simone alla Missione Cattolica. “Da noi al centro sono venuti più singoli che famiglie. E le famiglie che sono venute erano composte per lo più da coppie di professionisti, accademici. Tanti ragazzi, ma anche tantissime ragazze, alcune giovanissime, con altissimo livello di qualifica, che hanno affrontato un’avventura da sole e senza una vera meta, con problemi di soldi, ma che sapevano arrangiarsi – sono rimasta molto colpita da questo coraggio, dalla loro volontà di crearsi un futuro.”
Così racconta Antonella Giurano (foto in basso), presidente di Mondo Aperto e vicepresidente dell’Integrationsrat della Città di Colonia. “Vengono in tanti anche a cercare l’opportunità di poter frequentare un corso di tedesco. Agli Integrationskurse gli europei non possono accedere così facilmente, bisogna fare una richiesta al BAMF, al Bundesamt für Migration und Flüchtlinge, e poi aspettare la risposta. Ma in genere poi funziona se c’è un ente gestore che fa la domanda.” Evidentemente, afferma Antonella Giurano, chi si rivolge a Mondo Aperto sa come informarsi per ricevere sul posto una consulenza adeguata alle proprie necessità, ma ciò non toglie che troppe di queste persone arrivino con delle aspettative poco realistiche. “Molti vengono per avere il sussidio sociale, perché ne avevano sentito parlare da amici, dai media italiani… quindi per loro arrivare qui in Germania e ricevere il sussidio era automatico. Invece si sono trovati davanti una realtà che non si aspettavano. Anche tutti i problemi, la burocrazia… mi parlavano prima dell’Italia, che non si poteva più vivere per i problemi… poi, affrontando la realtà qua, insomma si son trovati in grandi difficoltà”.
La barriera primaria è ovviamente la lingua, perché l’inglese non basta: è la lingua tedesca quella richiesta nel mercato del lavoro. Poi la casa: tantissimi si rivolgono alle associazioni per cercare un appartamento, ma queste non sono agenzie immobiliari, quindi difficilmente possono aiutare. “Noi facciamo il possibile, ma molti si aspettavano di più; il problema più grande, qui a Colonia ma credo anche in tante altre città, è che non esiste un punto di riferimento dove i nuovi arrivati possano accedere ad aiuti concreti. Ho notato che tantissimi di quelli che si sono rivolti a noi poi sono anche rientrati in Italia – proprio perché si sono trovati davanti ad un sistema molto più complicato di quanto loro pensassero prima di arrivare in Germania. È necessario avere un punto di riferimento, dove lavorino persone pagate per fornire il servizio necessario. Il volontariato in questi casi non aiuta, deve essere una cosa garantita – in prima persona mi rivolgo al Consolato. Lì dovrebbe esserci uno sportello organizzato e funzionante per i nuovi arrivi! Dall’Italia continuano a dirci che non ci sono soldi, ma questa è la realtà! Noi che lavoriamo nel sociale a livello di volontariato non possiamo garantire un tale servizio.”
Antonella Giurano è orgogliosa di quei connazionali che, anche attraverso i consigli ricevuti a Mondo Aperto, ce la fanno e poi tornano da lei per ringraziare e, alcuni addirittura offrono la loro collaborazione al centro. Va anche ricordato che l’associazione ha creato un opuscolo, “Benvenuti al Nord”, che contiene interessanti informazioni per tutti gli italiani che stanno arrivando in Germania. Anche Giuseppe Bartolotta (foto in alto), direttore della sede ITAL-UIL di Colonia, vorrebbe un maggior impegno da parte delle rappresentanze istituzionali italiane: “Lo diciamo ormai da più di un anno: il Consolato deve attrezzarsi di uno sportello di prima accoglienza! Ma non succede niente. L’impressione è che degli italiani all’estero non si interessi nessuno – che sia meglio che se ne vadano, così costituiscono un problema in meno per l’Italia. Secondo me il Consolato può attrezzarsi, il personale competente c’è. Manca però la volontà politica.”
Riguardo alla tipologia dei nuovi arrivi, dice Giuseppe Bartolotta, si rivolgono al Patronato in particolare i connazionali che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro o che l’hanno appena fatto: “Ci sono molti giovani connazionali che pur essendo ben qualificati, per poter usufruire del cosiddetto minimo vitale (Grundsicherung) devono poter dimostrare che hanno un lavoretto, almeno un Minijob, quindi si accontentano inizialmente di questa alternativa per poi cercare di crescere e arrivare a un lavoro a tempo pieno. Quindi devono capire come funziona la cosa, fare le richieste al Jobcenter ecc. e qui il patronato può offrire il servizio adeguato.”
Ma la cosa non finisce qui, perché uno dei grandi problemi che il patronato deve affrontare è il rapporto dei nuovi arrivi con i Jobcenter, spesso molto difficile. “Ho l’impressione che veramente sia una politica di deterrenza che l’Ufficio del Lavoro, che i Jobcenter fanno nei confronti degli stranieri in generale. Non ha a che fare con il razzismo, ma c’è una nota di deterrenza, cioè fare in modo che la gente venga scoraggiata a venire in Germania. Per cui nascono dei problemi diciamo in termini di diritti da far valere e questo è poi il nostro ambito di intervento.” Ma, sottolinea Giuseppe Bartolotta, tantissimi di questi italiani che vivono all’inizio con la “Grundsicherung”, poi riescono a fare carriera, perché lo vogliono e ne hanno le capacità. Chiaro, rinunciare all’Italia per venire in Germania e guadagnare 400 euro al mese non è proprio il sogno dei giovani e tantomeno delle famiglie. Ma ovviamente ci sono anche casi in cui non si riesce a fare progressi e allora la maggioranza di questi torna in Italia. “L’intento di moltissimi non è certo quello di fare il parassita, no, l’intento è di farsi valere, di uscire fuori dalla condizione di assistito!”
Concludendo, salta agli occhi che la caratteristica particolare della nuova emigrazione è che questa sicuramente si lascia influenzare dalle (dis)informazioni dei media italiani e spesso ricorre alla guida poco oculata delle nuove reti sociali. Ciò causa un flusso di immigrazione verso la Germania caratterizzato da una parte da aspettative assolutamente non realistiche e dall’altra rivolto verso zone “privilegiate” (le grandi città come Berlino, Colonia, Monaco ecc.) che però spesso non sono in grado di mettere a disposizione delle strutture adeguate alle necessità dei nuovi arrivi – situazione aggravata anche dall’arrivo dei profughi extraeuropei che, ovviamente, per numero e drasticità della loro situazione hanno diritto ad un aiuto immediato e prioritario. Una cosa è certa: senza il lavoro – svolto tenacemente tra orgoglio e frustrazione – degli operatori del sociale la situazione dei nuovi immigrati sarebbe insostenibile.