La più attesa novità editoriale tedesca del 2016, in libreria già dai primi di gennaio, ha un titolo sinistro e un autore conosciuto come il peggior criminale del secolo scorso: è il Mein Kampf di Adolf Hitler, il manifesto ideologico del nazismo, scritto da colui che sarebbe diventato il Führer durante la reclusione nel carcere di Landsberg dopo il fallito putsch di Monaco del novembre 1923. Negli anni del Terzo Reich fu un bestseller stampato in oltre 12 milioni di copie, diffuso in tutte le case, regalo per le coppie di sposi.
Dopo la guerra in Germania è stato considerato un vero e proprio tabù e ne erano di fatto vietate la lettura e la diffusione, pena l’accusa di apologia del nazismo. Adesso, a settant’anni dalla morte del dittatore, scadono i diritti d’autore detenuti dalla regione della Baviera e Mein Kampf può uscire in una nuova edizione politicamente e scientificamente “corretta”.
L’ha preparata un pool di storici dell’Institut für die Zeitgeschichte di Monaco che hanno corredato il testo con un ampio e dettagliato commento storico-critico: le abbondanti note (oltre 3.500) servono ad inquadrare l’opera contestualizzando le affermazioni che vi sono contenute, smascherando le falsità ideologiche e le astute manipolazioni.
Eppure, nonostante tutte le precauzioni del caso e le ottime intenzioni degli editori, Mein Kampf non cessa di incutere paura e le polemiche hanno preso a furoreggiare ancor prima che la nuova edizione sia stata presentata. È giusto ristampare e con ciò legittimare la diffusione di un testo in cui sono esposti tutti gli aberranti capisaldi del programma hitleriano (guerra all’Europa, espansione verso oriente, occupazione dello «spazio vitale», soppressione della democrazia, sterminio degli ebrei, dittatura di un solo partito, dominio della razza ariana sull’umanità etc.)?
Per alcuni tale pubblicazione andrebbe impedita a prescindere, per evitare che possa favorire il nuovo diffondersi di quelle sciagurate idee. Altri sono convinti che sia sbagliato censurare un libro, per quanto funesto e deleterio, e che il superamento dei suoi contenuti vada perseguito con la confutazione, non con la censura e l’ignoranza. Soprattutto la discussione riguarda il possibile impiego a scuola di Mein Kampf.
A dare la stura al dibattito è stato Josef Kraus, presidente dell’Associazione degli insegnanti tedeschi, il quale ha proposto di utilizzare stralci del libro di Hitler come materiale didattico da leggere e commentare durante le lezioni di storia nelle scuole superiori, allo scopo di «immunizzare i giovani contro l’estremismo politico». Un’eventualità che ha suscitato l’ira della comunità ebraica. Se n’è fatta interprete Charlotte Knobloch, presidente della Comunità israelitica di Monaco e dell’Alta Baviera, per la quale «è da irresponsabili pensare di poter usare a scuola un libro così profondamente antisemita».
Levi Salomon, portavoce del Forum ebraico per la democrazia e contro l’antisemitismo con sede a Berlino, è stato ancora più drastico e ha contestato l’intero progetto: «si possono mettere le note a uno come Hitler? Un libro che va contro ogni logica umana non può essere commentato». E non sono mancate le prese di posizione da parte di alcuni esponenti politici: il socialdemocratico Ernst Dieter Rossmann, esperto di politiche educative, si è detto convinto che Mein Kampf, per quanto «spaventoso e mostruoso», possa avere un’utilità didattica se usato da docenti qualificati per «smascherarne i contenuti antisemiti». Sulla stessa linea si è schierato il deputato dei Verdi Volker Beck, secondo cui «si trovano in circolazione numerosi testi populisti e antisemiti di autori contemporanei che sono più accessibili ai giovani rispetto alla spazzatura di Hitler».
Al di là di tutte le possibili valutazioni e delle più che legittime cautele, la domanda che viene da farsi è la seguente: possibile che una solida democrazia come quella dell’odierna Bundesrepublik debba avere paura di un libro, per quanto orribili ne siano i contenuti? La verità è che, come sempre quando si tocca il tasto del passato nazista, l’opinione pubblica e la classe politica tedesche reagiscono in modo nevrotico, segno delle difficoltà mai del tutto superate di confrontarsi con quella pagina nera della storia. Tra l’altro, nonostante la tabuizzazione morale e politica, Mein Kampf, è da tempo scaricabile in Internet, in tedesco o nella traduzione di moltissime lingue moderne. Continuare a vietarne la ristampa sarebbe abbastanza inutile con anzi il rischio di alimentare il mito di un testo le cui tesi possono essere efficacemente confutate sulla base di fonti e dati storici. Insomma, è giusto accogliere la sfida e vedremo se la riedizione di quel libro “maledetto” finirà con l’alimentare rigurgiti neonazisti, oppure se, come auspicano i promotori dell’iniziativa, si rivelerà un buon antidoto salutare contro tali tendenze.