Nonostante qualcuno pensi che l’Isis non sia pericoloso più di tanto, la realtà è ben diversa, a stare a quanto si appura quotidianamente. Il che dovrebbe spingere l’Occidente a controllarlo e a combatterlo con maggior decisione.
Perché, come ha affermato a maggio il 72enne generale libico, Khalifa Haftar, “i terroristi islamici sono una minaccia per tutta l’umanità e non combattono solo qui in Libia. Voi Italiani dovete capire che i miei nemici sono anche i vostri”. Combattendoli difendo anche voi Italiani». In effetti sta tentando di liberare la Libia dalla coalizione islamista al potere a Tripoli e dalle formazioni terroristiche di Ansar Sharia, convinto che “chiunque impiega armi e violenza per imporre un’ideologia ed usa la religione per giustificare i propri atti è un terrorista. E va combattuto».
Necessaria, quindi, la battaglia per frenare le violenze e le persecuzioni ai danni dei Cristiani, degli Ebrei e di quei Musulmani che non interpretano in termini dispotici e brutali la Sharja. Come, invece, fanno gli jihadisti che, il mese scorso, a stare a quanto riferito l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, a Palmira (cittadina siriana di 50mila abitanti, patrimonio dell’Unesco per le sue rovine romane) hanno ucciso, in pubblico, 400 persone, quasi tutti donne e bambini, oltre a 20 soldati sciiti. Omicidi compiuti anche a Ramadi, cuore dell’Irak sannita, benché sia impossibile conoscere il numero esatto delle esecuzioni.
Evidentemente tante, se il premier siriano, Wael Al Halqi, le ha giudicate “massacro orribile”, ha accusato i governi di Arabia Saudita, Qatar e Turchia di dare sostegno agli estremisti ed invocato un aiuto internazionale più efficace. In effetti, ciò dovrebbe spingere la comunità occidentale ad intervenire, essendo ormai troppi gli stermini e gli orrori messi in atto in nome di Allah: donne lapidate o rivendute come schiave; bimbe stuprate ed uccise; “eretici” sgozzati o crocifissi; drogati o alcolizzati incatenati e frustrati in pubblico; musicisti bastonati e strumenti musicali distrutti; omosessuali lanciati dai tetti, ragazzini massacrati a mitragliate per aver sostenuto la nazionale di calcio; adultere o presunte tali violentate in pubblico e poi uccise; sacerdoti sequestrati ed incarcerati; hotel frequentati da occidentali distrutti.
Pare che, in quattro giorni, siano state uccise 464 persone solo nei territori siriani. Omicidi che avvengono anche in alter parti dell’Africa ed ora pure in Libia che, secondo il comandante delle forze armate del governo di Tobruk, Khalifa Haftar, “per i terroristi, è solo il punto di partenza per mettere un piede in Europa”. Un’infiltrazione nel nostro continente che “avverrà in due tappe. La prima è già evidente. Molti terroristi si stanno movendo sulla scia dei migranti che attraversano il Mediterraneo… La Libia si trasformerà nella loro testa di ponte. La useranno per entrare in Italia ed allargare la sfida a tutta l’Europa”. Una minaccia da non sottovalutare in quanto l’Isis appare in rapida espansione.
Tanto da rendere insufficiente la strategia di guerra concepita dalla Casa Bianca. Il Califfato oggi è troppo forte ed esteso per essere abbattuto solo con incursioni aeree. Per sconfiggerlo è necessaria un’offensiva di terra, come hanno fatto le milizie curde entrate a Kobane dopo aver sconfitto l’Isis nella battaglia di Tel Abyad, città sul confine turco da cui passavano uomini e rifornimenti dei terroristi che vi avevano riversato centinaia di combattenti. I curdi, popolazione indoeuropea prevalentemente musulmana sannita, assicurano che “se c’è lo chiederanno le popolazioni locali combatteremo l’Isis fino a spazzarlo via da tutta la Siria”.
Ciò che dovrebbe fare l’Occidente, tenendo conto che non tutti i Musulmani disprezzano l’Isis, a giudicare da quanto risultato da un’indagine di al Jazeera (televisione araba seguita da circa 40 milioni di persone), secondo la quale risulterebbe che l’81% degli intervistati rispondono sì alla domanda: “Appoggiate le vittorie che organizza lo Stato islamico in Irak e in Siria?”. Come dire che decapitazioni, stupri, rapimenti, fucilazioni di massa non hanno suscitato orrore in chi ritiene che l’Isis potrebbe garantire quel successo, mai più ottenuto dopo la caduta dell’impero ottomano, cui aspirano il 90% dei Palestinesi e degli Iracheni, il 74% degli Egiziani.
Senza contare che anche nell’ex Jugoslavia aumenta l’estremismo islamico: sembra, infatti, che in Bosnia sventolino gli stessi vessilli dei miliziani di Al Qaida che combattono in Siria; che dal Kosovo partano centinaia di volontari per la guerra santa; che in Macedonia siano stati uccisi 14 miliziani ed 8 poliziotti. Non a caso l’Onu afferma: “Avanti così e vincerà l’Isis”, riferendosi al fallimento della strategia bellica basata sui raid aerei messi in atto da Obama. C’è il rischio della distruzione di Israele sognata e invocata da tanti Musulmani in Medio Oriente. E dell’uccisione dei Cristiani, in Asia ed Africa già fatti fuori ed ora minacciati in Europa e soprattutto in Italia, a cominciare dal Papa.