Il comune uomo della strada in Germania è influenzato dalla lettura dei quotidiani tedeschi, i quali un giorno sì e l’altro pure indirizzano pesanti attacchi contro la politica monetaria della Bce. I tempi in Europa cambiano e i tedeschi sono completamente disorientati.
In un Paese in cui il risparmio era tradizionalmente considerato un ideale umano, improvvisamente chi mette denaro in banca viene castigato con un tasso negativo, in altre parole punito per la sua insufficiente propensione a spendere il denaro. In pratica, questo il commento del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), di punto in bianco una virtù nazionale come la proverbiale cultura tedesca del risparmio si sta trasformando in una farsa.
Come ci si è arrivati?
Da circa sei mesi a questa parte la Banca centrale europea (Bce) ha introdotto tassi negativi dello 0,2% sul denaro che le banche dell’Eurozona depositano comodamente presso i suoi conti invece di darsi da fare per metterlo in circolazione, così sostiene il presidente Mario Draghi, concedendo crediti agli imprenditori economici europei, in particolare a quelli che attualmente a caso della crisi hanno difficoltà a finanziare i loro investimenti. Ed è così che ora da circa un mese le banche tedesche hanno deciso di rifarsi reagendo all’iniziativa della Bce tassando a loro volta con importi negativi i grossi depositi dei loro clienti. La prima è stata la Skatbank che a partire dal primo novembre ha deciso di applicare un tasso negativo (Strafzins) dello 0,25% sui depositi a partire da tre milioni di euro. Subito dopo sono seguite altre due banche, la Commerzbank di Francoforte e la WGZBank di Dusseldorf che a loro volta hanno adottato misure analoghe più o meno della stessa portata a seconda dell’ammontare dei depositi degli imprenditori. Presto molte altre banche ne seguiranno l’esempio.
La Deutsche Bank, invece, per il momento ha ritenuto opportuno precisare di non prevedere un trend generale verso tassi negativi sui conti bancari della sua normale clientela e che tale iniziativa secondo il suo parere resterà circoscritta ai grandi depositi. Il timore della Bundesbank è però che il trend pur lentamente prosegua con il risultato di spaventare il comune risparmiatore che in questo caso potrebbe anche arrivare al punto di ritirare tutto o in parte il denaro che ha in banca e di metterlo come si faceva una volta sotto il materasso.
È chiaro a questo punto che il presidente della Bce, Mario Draghi, spera più o meno segretamente che reagendo alla sua politica dei bassi tassi d’interesse e ora dei tassi negativi praticati dalle banche, ogni imprenditore e in seguito anche il normale risparmiatore si renda conto che non è più conveniente lasciare il denaro inutilizzato sui conti di risparmio e che convenga invece investirlo o in un qualche modo sperderlo.
Vedremo presto i successivi sviluppi, ma intanto è chiaro che le banche tedesche faranno tutto il possibile per evitare che si continui a parlare di “Strafzins”,- tasso punitivo – una definizione piuttosto sgradevole e che potrebbe essere sostituita per esempio dal termine “Guthabengebueren” a significare una piccola imposta sulla sicura custodia del denaro nella cassaforte di una banca. Per gli esperti finanziari l’intera vicenda non è affatto una sorpresa. Era chiaro sin dall’inizio che le banche avrebbero fatto tutto il possibile per accollare sulla loro clientela i tassi negativi che da circa sei mesi devono pagare sui loro depositi presso la Banca centrale europea. Tutto questo però alla fine si traduce in un pesante attacco al piccolo risparmiatore tedesco che assiste impotente a una continua perdita di valore dei suoi sudati risparmi.
Quanto continuerà questa sgradevole storia? Per quanto tempo ancora nell’Unione Europea i paesi del nord e del sud continueranno a accusarsi reciprocamente di essere la causa dell’attuale crisi?
Difficile dirlo, dipenderà dalla durata della crisi economica che da anni attanaglia sempre più un’Europa che non riesce a trovare una sua anima e una sua visione. Sarà una crisi che non sarà di facile risoluzione, come lo stesso Draghi ammette. Il comune uomo della strada in Germania è influenzato dalla lettura dei quotidiani tedeschi, i quali un giorno sì e l’altro pure indirizzano pesanti attacchi contro la politica monetaria della Bce. La quale, scavalcando i limiti istituzionali del suo incarico, sarebbe attualmente intesa ad aiutare con i mezzi della politica dei bassi tassi alcuni Paesi dell’Eurozona a ridurre il loro indebitamento e a realizzare le riforme sinora trascurate, al contrario di quanto è accaduto nell’ultimo decennio in Germania.
Un Paese che l’Italia giudica in preda all’ossessione di una politica del risparmio e dell’austerità e colpevole di aver voluto l’euro soltanto per aumentare la sua capacità di esportazione. Vero o no che sia, sta di fatto che ovunque in Europa riesplodono attualmente i nazionalismi e si moltiplicano a tutti i livelli i timori di un suo prossimo fallimento, che è poi il tema dell’ultimo libro “L’Europa fallisce?” di Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri del governo del cancelliere Helmut Schmidt.
Draghi con la sua politica monetaria non ha da solo il potere di risolvere i reali problemi politici dell’Europa né di favorire una sua maggiore integrazione. Il fatto, o si vuole il dramma, è che né la cancelliera tedesca Angela Merckel, né il presidente francese Francois Hollande sono ben lontani dall’impersonare la visione degli Stati Uniti d’Europa senza la quale, è inutile negarlo, l’Europa non vedrà mai la luce, almeno come i padri fondatori l’avevano immaginata dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale