Il 29 novembre Giuseppe Tornatore era presente alla proiezione del suo capolavoro ‚Nuovo Cinema Paradiso, film girato nel lontano 1988. È stato il primo regista a non seguire l’abituale procedura di presentare l’ultima produzione. Il perché lo spiega al pubblico."Il film mi aveva fatto vivere tutte le esperienze, tutte le possibilità che un regista ha nella sua vita. Dopo tutti questi anni mi aspettavo qualche ruga del film ma invece non è così. Ho sempre tante soddisfazioni. Tesi sul film di studenti italiani e stranieri. È un film che è stato molto amato all’estero e ancora oggi è come se fosse uscito adesso. Ha toccato dei nervi scoperti, argomenti che riguardano generazioni e generazioni. Nel giro di 25 anni il mondo è abitato da folle di Totò (il protagonista del film). È un monumento alla nostalgia. L’amore per la Sicilia è più grande da lontano che quando sei lì. La memoria distilla l’impianto dei ricordi, ti fa dimenticare le cose dolorose. Quando resti lì gli aspetti conflittuali ritornano vivi." Siamo d’accordo anche noi. È sempre un piacere rivedere ‚Nuovo Cinema Paradiso‘. Con questo film Tornatore è diventato famoso, ha colto quel periodo particolare in cui il cinema era una finestra aperta sulla vita. Quando i cinema erano ancora importanti. Il cinema, i paesani. Era un momento di goduria, era uscire dalla quotidianità, dalle difficoltà del dopoguerra. Tempi più belli nel ricordo perché facciamo dei paragoni, veniamo proiettati in un periodo in cui tutti erano ottimisti perché tutto doveva ancora accadere. Momenti pieni di speranze. E le sensazioni che dà questo film sono quelle di riportarti a quell’epoca. La luce, il prete e i tagli sui baci, l’atmosfera, il fumo della sala, si ha la sensazione di respirarne gli odori. A questo punto mi piace principiare l’intervista con un ricordo personale. Qualche anno fa ero a Cortona, in Toscana, e con sorpresa vidi il nome Tornatore davanti al museo principale. Si trattava di una mostra fotografica. Foto di una bellezza incredibile. Ogni foto era un racconto. Tutti i particolari costruiti con una bravura superba. Era una ispezione all’interno di un Paese. Era un’analisi in profondità, oltre un ambiente. Era un modo di vivere.

Cosa significa per te la fotografia?

Era la mostra del mio reportage in Siberia. Per me la fotografia è importantissima. Io ho cominciato come fotografo da piccolo fino all’età di 26-27 anni. Poi il mestiere del cinema mi rubava troppo tempo, ma non l’ho mai abbandonata del tutto. Nel 1998, credo, avevo appena finito il film "La leggenda del pianista sull’Oceano". Uno dei dirigenti della SNAM, Alberto Meomartini, persona molto simpatica, molto colta e illuminata, mi chiamò e mi disse: "So che Lei faceva il fotografo. Le piacerebbe tornare a farlo?" "Volentieri", "Si tratterebbe di andare in Siberia a fotografare la vita di una cittadina nata pochi anni fa e che nel giro di pochi anni conta già 100 mila abitanti"(si tratta della cittadina di Novij Urengoi nella regione dello Yamal circondata da immensi giacimenti di gas). Mi incuriosì moltissimo e accettai e nacque quella mostra itinerante. È andata in giro un bel po‘." In sala poi, davanti al pubblico e riferendosi alla Sicilia, della fotografia dirà "Era una straordinaria scuola di regia. Studiavo la gente per ore, i loro movimenti. La fotografia mi ha influenzato dal punto di vista antropomorfico ed estetico. Quando provo una scena ho subito la sensazione di capire il bilanciamento, avverto subito cosa c’è di troppo, cosa manca. I miei collaboratori lo ritengono un ennesimo difetto.

Se tu non fossi diventato regista avresti avuto a che fare con la musica. Suoni uno strumento?

No. Non so leggere né scrivere la musica però l’amo molto. La so ascoltare. Ma probabilmente se non avessi fatto il cinema avrei continuato con la fotografia. Molto più verosimilmente. È importante la musica per un film? Secondo me sì. È molto importante. È uno degli elementi narrativi di un film che serve a rivelare e talvolta a celare il potenziale emotivo della storia, delle varie situazioni che si vanno avvicendando nel corso di ciò che si racconta. Mi piace il linguaggio del cinema perché è fatto della contaminazione di più codici espressivi diversi fra di loro: la luce, la pittura, la fotografia, la musica, la recitazione, la scrittura. C’è tutto. Questo mi ha sempre attratto molto del cinema.

Tutti i tuoi film sono accompagnati dalla musica di Morricone. Cosa ha di particolare questo Maestro?

Non lo devo dire io che è un grandissimo musicista. Non solo un compositore di colonne sonore ma proprio un grande musicista del nostro secolo e ho avuto il privilegio di conoscerlo, di godere della sua stima e della sua amicizia, che ho sempre ricambiato sin da prima di conoscerlo. È nato un rapporto di grande intesa professionale e quindi dopo aver fatto la prima esperienza con lui, con "Nuovo Cinema Paradiso" poi mi è sempre risultato assolutamente naturale, quando sto facendo u nfilm, parlarne con lui. Ci frequentiamo anche quando non lavoriamo. È un rapporto costante che poi viene così cadenzato dalle esperienze professionali.

Qual è il film girato da te in cui ti riconosci meglio?

Mi sento legato a tutti i miei film. Forse ‚Nuovo Cinema Paradiso‘ e ‚Baaria‘ hanno degli elementi personali più evidenti, più visibili, più scoperti di altri. Però in genere i miei film sono molto legati a me. Sono sempre storie che nascono da un mio istinto, mie idee, intuizioni, sogni che nascono di volta in volta, legati al mio stato d’animo nel momento in cui decido di fare il film. Quindi c’è qualcosa di personale in tutti i miei film.

Totò, nonostante sia diventato regista ricco e famoso è deluso dalla vita. Come può essere delusa una persona del genere?

Ma il cinema è un mondo assoluto. Se tu ami il cinema, il cinema ti ama. Ma il cinema è assoluto, non accetta che tu condivida con altri questa profonda passione. È così, un’allegoria se vuoi. Totò che pur di seguire il suo sogno ha distillato tutto se stesso in quel tipo di mondo, in quel tipo di professione. Mondo ovviamente che gli tributa grande successo però dall’altro lato, dal punto di vista privato, sentimentale invece… È anche un’idea drammaturgicamente interessante cioè un uomo che racconta sentimenti, che racconta la vita e che poi nella sua vita personale non è così attrezzato. È una cosa abbastanza semplice in fondo, non c’è niente di particolare. Al mio paese si dice che ‚il calzolaio ha sempre le scarpe bucate‘. Un uomo che sa raccontare storie al grande pubblico e di cui il grande pubblico si nutre non le sa raccontare a se stesso nella vita privata. Mi sembrava già molto interessante già come schema narrativo. A parte questo c’era quella considerazione che dicevo prima e cioè che il cinema è un mestiere che pretende tutto da te, tu non puoi tradirlo con niente.

La versione integrale di "Nuovo Cinema Pardadiso" era molto più lunga. Avevo letto di una diatriba perché qualcuno attribuiva l’insuccesso iniziale del film alla sua lunghezza?

"Non c’è stata nessuna diatriba. Se la sono inventata un po‘ i tuoi colleghi. Il film era andato malissimo e tutti dicevano che la colpa fosse della sua lunghezza. Io non sono d’accordo. Tuttavia con la morte nel cuore lo accorciai. Tagliai 25 minuti verso la parte finale del film, un intero blocco. Il film uscì di nuovo e fu, di nuovo, un totale insuccesso. A questo punto mi dispiacque molto però era la dimostrazione che la causa non era la durata. Poi, per altre ragioni diverse al problema della lunghezza del film, ‚Nuovo Cinema Paradiso‘ ebbe un sorprendente e insperato successo sin dalla sua prima uscita straniera che fu al Festival di Cannes nel 1989 e, da allora, il film ha avuto un successo che non si è mai fermato. Attorno a questa origine così dolorosa molti ci hanno ricamato storie che servono spesso a far quadrare i conti di un certo mondo che, probabilmente, ha avuto poi un imbarazzo nei confronti di un film che non è stato preso in considerazione e che poi è ritornato su un’onda di successo talmente grande da costringere a dare spiegazioni, a rivedere posizioni. In questo tipo di onda di imbarazzo sono nate molte leggende che, in molti casi, servivano a far quadrare certi conti. Tutto qua".

Insieme con Tornatore visitiamo il museo. Un vero e proprio privilegio perché ci spiega ogni particolare. Ci tiene a far capire alla figlia, che lo accompagna, il perché le luci sono messe in certi punti o l’importanza del trucco. Il Museo ospita inoltre una mostra itinerante ‚Filmtheater- Kinofotografien‘ di Yves Marchand e Romain Meffre. Mostra che si può visitare fino a maggio 2015. Una mostra che sbalordisce lo stesso Tornatore e che volentieri vorrebbe portare a Roma. Una mostra che sembrava fatta apposta, che aspettava l’arrivo del film, in cui si tocca il tema delle sale cinematografiche, un tempo ricchissime e fastose, fotografate nel momento del loro tramonto, ormai ruderi. Nel film Totò dovette assistere anche alla demolizione del cinema tanto caro.

Oggigiorno stanno chiudendo molte sale. A Roma 50 ma un po‘ in tutta Italia chiudono per mancanza di spettatotori.

Ma si era già capito 20 anni fa quando ho girato ‚Novo Cinema Paradiso‘ che le sale cinematografiche non ce l’avrebbero fatta a mantenere per sempre la centralità che hanno avuto per molti decenni nel rapporto di diffusione e fruizione del film col pubblico. Per molti decenni la sala cinematografica era il luogo dove il film viveva la sua vita commerciale, al di fuori della sala cinematografica era impossibile. Poi è arrivata la televisione e già lì le cose sono cambiate un po‘. Ad un certo punto la tecnologia ha moltiplicato i metodi, i meccanismi, le possibilità di consumazione del film e sta portando il linguaggio audiovisivo ad essere una presenza della nostra vita quotidiana 24 ore su 24. Quindi il film lo possiamo vedere in qualsiasi momento, dove vogliamo noi, dove siamo noi. Questo inevitabilmente toglie centralità. Persino il business commerciale di un film oggi, lo sfruttamento nei circuiti cinematografici non è più determinante. E lo sarà sempre di meno anche se la sala cinematografica e multipla o il cinema significativo ci saranno sempre. Però la vita commerciale di un film ormai non si identifica più con la sala cinematografica e purtroppo questo determina la chiusura delle sale."
Concludiamo con un altro simpatico aneddoto riguardante la parte finale del film quando si intravede lo stesso Tornatore che con nostalgia guarda il regalo di Alfredo, i tagli dei baci. Il regista avrebbe voluto Fellini in quel ruolo. "Il produttore Franco Cristaldi, scrisse a Fellini, cosa che mi stupì molto perché pensavo che gli telefonasse. Fellini rispose con una altrettanta lettera, ringraziò e ‚..se fossi in voi avrei paura di mettere Fellini in quella sequenza, momento più emozionante del film. La mia presenza rovinerebbe il finale. Ci vorrebbe uno sconosciuto. Fatelo fare a Tornatore‘."