Nella foto: La centrale nucleare Dammpiere in Francia. Foto di ©D. Messina

Ariecco le centrali nucleari!

Il 2022 è cominciato con un bel botto da Bruxelles. Esattamente alle ore 21:53 del 31. 12. 2021, quando il comune popolo europeo si preparava a festeggiare il capodanno con lo champagne e i mortaretti, gli eurocrati della Direzione Generale FISMA della Commissione Europea hanno spedito una E-Mail dal contenuto assai spinoso a tutti gli stati membri. E due ore prima della mezzanotte di San Silvestro essa è giunta a destinazione nei rispettivi ministeri nazionali, dove ovviamente non c’era più nessuno che fosse addetto a recepirne il contenuto: la Commissione Europea ha deciso porre il bollino verde di protettori del clima alle centrali atomiche ed a quelle a gas. Uno schianto, forse programmato a bella posta affinché fosse coperto dal fracasso dei fuochi d’artificio. Ciò malgrado le reazioni del governo tedesco sono state assai negative. Proprio con l’inizio dell’anno si sono spente per sempre le centrali nucleari tedesche di Brokdorf, Grohnde e Gundremmingen, e le ultime due si spegneranno alla fine dello stesso anno. Robert Habeck, il nuovo ministro tedesco per il clima, ha dichiarato: “Etichettare addirittura l’energia atomica come sostenibile, nei riguardi di questa tecnologia ad alto rischio è falso”. Gli ha fatto eco la ministra per l’ambiente Steffi Lemke. Anche altri paesi europei si sono affiancati alla Germania nell’atteggiamento di rifiuto: l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo, la Danimarca. L’Italia di Draghi si mostra attendista. Dopotutto è stato appena firmato al Quirinale un trattato con la Francia… Comunque i cinque paesi contrari sono in netta minoranza nell’EU e non hanno alcuna possibilità di imporsi.

È stata proprio la Francia a esercitare pressioni batimetriche sulla Commissione Europea affinché l’energia nucleare venisse riconosciuta come una tecnologia buona per l’ambiente. Certo, essa non emette anidride carbonica, questo no. E così essa è stata messa nello stesso elenco assieme alle centrali eoliche e alle fotovoltaiche, un elenco ufficiale dell’EU detto “Tassonomia” che la lo scopo di fornire un orientamento agli investimenti. Sono in gioco miliardi di euro.

Il problema è che le centrali eoliche e quelle fotovoltaiche possono fornire energia rinnovabile solo quando ne ricevono (dal vento o dalla luce solare) e non quando ce n’è effettivamente bisogno. È quindi necessario differenziare la produzione di energia tenendo come riserva delle centrali che ne producano a sufficienza per compensare nella rete quando quelle sostenibili vengono a mancare. Per questo motivo puramente pratico, e non ideologico, i verdi hanno già accettato obtorto collo l’impiego di centrali che bruciano il gas russo anziché il carbone di estrazione propria come una soluzione di transizione. Ma la tecnologia basata sulla fissione nucleare resta bandita a priori. Bisogna riconoscere, a onor del vero, che essa ha fatto molti progressi rispetto a cinquant’anni fa, ma sono essi sufficienti a rispondere a tutti i problemi che gravano come una spada di Damocle?

La più artistica descrizione di una reazione a catena si trova nel „Barbiere di Siviglia“ di Rossini, il famoso crescendo della calunnia, che s’intrufola nelle teste e si trasmette ad altre ed altre ancora, diffondendosi, incrementandosi e propagandosi sempre di più: “alla fin raddoppia e scoppia / si propaga e si raddoppia/ e produce un’esplosione /come un colpo di cannone!”… In maniera analoga funziona la fissione atomica, basta che un neutrone lento s’intrufoli in un nucleo di Uranio 235, o di Plutonio 239, che questo si spacca liberando altri 2 neutroni che vanno a spaccarne altrettanti, e questi a loro volta, raddoppiandosi ad ogni nuovo passaggio, fino alla micidiale esplosione atomica. Ogni centrale nucleare basata sulla fissione atomica, quindi, si trova confrontata con il problema di frenare e tenere sotto controllo una reazione a catena che, lasciata a sé stessa, sfocerebbe in una catastrofica esplosione. Come è già successo a Cernobyl. Questo è il problema numero uno. Il secondo problema è come sfruttare l’energia che si libera sotto forma di calore trasferendola a delle turbine per trasformarla in energia elettrica. Il terzo problema nasce dal fatto che una buona parte dell’energia liberata si presenta sotto forma di radioattività tanto pericolosa quanto inutile, e va a costituire il problema delle scorie da eliminare. Chiunque abbia fatto esperienza diretta con delle sostanze radioattive in qualche laboratorio scientifico, sa bene quanto esse siano insidiose e richiedano speciali precauzioni. Per fare un esempio, gli atomi radioattivi, anziché starsene fissati al loro posto dentro qualche reticolo cristallino, come degli atomi “perbene”, hanno la pessima abitudine di saltarne via come le pulci, motivo per cui bisogna stare sempre bene attenti a non lasciare aperti i recipienti che li contengono.

Contro questi tre problemi principali, e molti altri ancora, si sono cimentati a lungo gli ingegneri nucleari, progettando e provando di volta in volta diverse soluzioni che verrebbero a costituire la cosiddetta quarta generazione, che è in via di realizzazione. Prendendo in considerazione il centro di tutto, il nucleo del reattore in cui ha luogo la fissione, si sono studiate diverse soluzioni interessanti. Una tecnologia particolarmente promettente e all’avanguardia è quella che si sta sperimentando in Cina, a Wuwei ai margini del deserto del Gobi (la prudenza non è mai troppa) e produce solo 2 Megawatt, che bastano appena per 1000 famiglie. Se il macchinario darà prova di funzionare bene, a partire dal 2030 verranno messi in funzione impianti molto più grandi. La loro novità consiste nel funzionare con sali fusi. Alcuni miscugli di fluoruri alcalini fondono a 450°C trasformandosi in un liquido denso e trasparente che viene fatto circolare al posto dell’acqua nei reattori convenzionali. Il materiale fissile viene disciolto in esso, così che la fissione atomica con liberazione di energia si svolge direttamente in fase liquida anziché in un blocco compatto, ed i sali fusi immagazzinano direttamente il calore senza bisogno di uno scambio interfacciale. Come materiale fissile si usa il torio, un metallo pesante che precede l’uranio di due caselle nel sistema periodico ed è solo debolmente radioattivo. Esso è un abbondante sottoprodotto della mineralogia delle terre rare, di cui la Cina è leader nel mondo. Ma altri giacimenti importanti si trovano in Australia, Brasile, Turchia, Norvegia, Cina, India, USA. L’uso del torio presenta numerosi vantaggi rispetto all’uranio: è 2-3 volte più abbondante, è meno radioattivo e non è adatto per la bomba atomica. Inoltre il suo atomo non si scinde automaticamente, ma deve prima venire attivato da un flusso di neutroni ad alta energia, con il risultato che, se questa viene a mancare (come nel caso di un qualche incidente) la reazione a catena si ferma da sola senza neanche bisogno d’intervento diretto. Più o meno come una lavatrice quando viene a mancare la corrente. Però la tecnologia con i sali fusi presenta molti lati oscuri e molti rischi, perciò essa deve prima venire sottoposta ad un controllo pratico molto accurato. Il primo rischio è che i fluoruri fusi sono fortemente corrosivi, e possono decomporsi liberando una delle sostanze più schifose dell’universo: l’acido fluoridrico. Inoltre un’oscillazione della temperatura potrebbe avere l’effetto d’intoppare le condutture. Per quel che riguarda le scorie radioattive, il torio ne produrrebbe tali con un tempo di dimezzamento molto più corto. Ma questo è solo un giudizio approssimativo: su scala umana, che differenza fa se delle scorie radioattive durino un milione di anni o “solo” diecimila?

Un’altra soluzione attuabile consiste nell’imprigionare delle particelle di uranio e di torio in forma di ceramiche dentro delle palle di grafite compatta che serve da moderatore, e non permettono una produzione di energia cosi grande da causare una fusione del nocciolo. Per la trasmissione del calore alle turbine si è proposto il gas elio, il cui nucleo atomico è talmente stabile da non diventare mai radioattivo nemmeno nell’inferno di un’esplosione atomica, e che ha pure il vantaggio di essere chimicamente inerte, e quindi può essere usato comodamente e senza remore. Purtroppo è un elemento molto raro sulla Terra ed ha una capacità termica piuttosto bassa. Un’alternativa presa in considerazione sarebbe il comunissimo e diffusissimo sodio, che allo stato metallico fonde a 370°C ma che disgraziatamente diventa facilmente radioattivo, motivo per cui non lo si può usare per la trasmissione diretta del calore dal nocciolo alle turbine, ma bisogna creare una seconda circolazione di sodio fuso a contatto indiretto. Inoltre il sodio metallico reagisce come una tigre al contatto con la comune acqua, per cui basterebbe una piccola infiltrazione… Un’alternativa sarebbe usare una lega metallica di piombo e bismuto, che fonde a bassa temperatura ed ha una grande capacità termica e circolerebbe nel circuito primario senza necessità di pompe. Il piombo è molto pesante, ma ha un nucleo atomico stabilissimo che lo rende molto idoneo per schermare le radiazioni. Però il reattore non dovrebbe mai interrompere il flusso di energia, perché se la lega si solidificasse, tutto l’intero impianto si solidificherebbe in un blocco inservibile. Tutti questi problemi, e molti altri ancora a cui non abbiamo neppure accennato, vengono analizzati teoricamente e poi provati in impianti sperimentali. Non ci resta che tenerci bene informati, e sperare bene.

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