Nella foto: Mimma Antonaci

Mentre lo Stato italiano è ancora alla ricerca di una soluzione per far fronte al fenomeno dell’immigrazione clandestina, sulle coste italiane e specialmente al sud continuano gli sbarchi di immigrati. Ne parliamo con Mimma Antonaci, volontaria e portavoce internazionale della Presidenza Croce Rossa Italiana Regione Puglia

Mimma, da quanto tempo fai parte di Croce Rossa Italiana e quale è il tuo ruolo?

In qualche modo faccio parte di Croce Rossa da sempre, ho fatto il mio primo “Erte Hilfe Kurs” nel 1987 con il DRK – Deutsches Rote Kreuz e mio papà dal 1971 fu prima “Helfer” e poi “Sanitätsausbilder” nel locale comitato di Geislingen an der Steige dove sono cresciuta. La manovra di Heimlich l’ho imparata da lui e anche il massaggio cardiaco. Vivendo in Italia poi mi sono riavvicinata a questa realtà attraverso il comune impegno che abbiamo da 15 anni ormai con mio marito Antonio che mi ha portato in Croce Rossa Italiana e ora ne fanno parte anche i miei figli Giorgio e Andrea. Oggi ricopro il ruolo di delegata nell’area sviluppo e comunicazione del Comitato di Lecce, sono portavoce della presidenza e portavoce internazionale anche della presidente del comitato CRI Regione Puglia. Sono da sempre attiva negli sbarchi e in questa pandemia che dura ormai da quasi due anni, sono insieme ai miei colleghi operativa h24 nell’emergenza Covid.

Perché hai scelto di fare volontariato, quanto è importante per te questo lavoro?

È il volontariato che ha scelto me. Ho messo a disposizione quelle che sono le mie competenze personali, semplicemente perché c’era bisogno di me, come di tanti altri colleghi, poi toccando con mano la sofferenza e il bisogno di umanità delle persone vulnerabili non puoi più voltarti dall’altra parte e non puoi più farne a meno e i principi di Croce Rossa ti coinvolgono in ogni ambito della vita e diventano uno stile di vita.

Ultimamente sono ripresi gli sbarchi di migranti direttamente sulle coste italiane e in questo caso della Puglia. Chi sono e da dove provengono?

Gli sbarchi spontanei che avvengono sulle nostre coste oggi li possiamo definire una rotta balcanica via mare. I migranti scelgono di rischiare la vita comprandosi la libertà e la vita attraversando il mare stipati in decine e decine su imbarcazioni piccole, motovelieri o pescherecci. Ci raccontano di partire a bordo delle imbarcazioni dalla Turchia o dalla Grecia. Tante le nazionalità che abbiamo accolto negli anni: siriani, afghani, iraniani, iracheni, curdi, anche turchi, kirghisi, pachistani, somali, egiziani, indiani, bengalesi e cingalesi, yemeniti ecc.

Cosa spinge queste persone ad intraprendere un viaggio così pericoloso? Cosa raccontano quando arrivano?

Dipende spesso dal Paese di provenienza, alcuni ci raccontano che non hanno la possibilità di vivere nel loro Paese e che cercano fortuna e dignità economica in un Paese europeo, altri invece che arrivano da zone di guerra e Paesi con regimi oppressivi. Tutti hanno negli occhi la disperazione di ciò che hanno vissuto, la tristezza e la paura dell’ignoto, ma tutti hanno la stessa speranza, ovvero, di trovare qui in Europa un futuro migliore.

Qual è il compito di Croce Rossa in questo caso?

Il nostro compito quando veniamo attivati dalla Prefettura e dalle forze militari e dell’ordine è quello di fungere da supporto nelle operazioni di sbarco, accoglienza e soccorso. Quando siamo attivati come Sanità pubblica con i nostri medici che sono presenti anche in Usmaf (Ufficio di sanità marittima aerea e di frontiera) facciamo i primi rilievi per controllare le condizioni sanitarie a bordo e i sanitari visitano uno per uno i migranti che vengano poi soccorsi, rifocillati e assistiti dai volontari nostri. Compito nostro è quello di accogliere dignitosamente uomini, donne e bambini e individuare peculiarità sanitarie e prime necessità.

Sulle imbarcazioni molte volte tra i migranti vi sono dei bambini e dalle immagini che vediamo i loro sguardi sono sempre pieni di paura perché non sanno cosa succederà. Come vi comportate in situazioni del genere?

Quando ci sono a bordo dei bambini per noi è sempre molto più dura sotto l’aspetto emotivo. In primis cerchiamo subito di alleviare e far sparire le paure dei più piccoli con atteggiamenti giocosi, sorrisi e giochi improvvisati. I piccoli prendono subito confidenza e ci mettono poco a sviluppare fiducia nei nostri confronti, anche perché l’emblema di Croce Rossa è conosciuto in tutto il mondo e i genitori, che spesso non mangiano da giorni e sono indeboliti dal viaggio, quando scendono dalle imbarcazioni i figli ce li porgono con serenità per la visita di rito e ce li affidano con sollievo e qualche volta con un pianto liberatorio. Non nascondo che anche noi spesso qualche lacrima ce la asciughiamo dietro alle visiere, le mascherine e i dispositivi di protezione che in questi anni rendono tutto più difficile e poco umano.

Come reagisce la gente del luogo a questi sbarchi

Non perdo mai occasione per dire che il popolo salentino, quando il gioco si fa duro, dà il meglio di sé. Non viviamo in una regione che si può definire ricca, anzi, qui nel Salento abbiamo interi paesi spopolati dall’emigrazione italiana e chi resta o vive qui non ha una vita facile, ma come sempre accade, quanto più povero è un popolo a livello economico tanto più grande è il cuore e così accade spesso che in emergenza delle signore si mettano a preparare il sugo e cucinano per i migranti approdati sulle nostre spiagge, come accaduto in uno degli ultimi sbarchi, che uomini delle istituzioni, sindaci e assessori in totale anonimato, senza apparire, fanno il giro delle aziende e si presentano con pacchi di calze e ciabatte, accade che interi gruppi di mamme comprano pannetti e tutine, che bambini raccolgano alimenti e giocattoli nelle scuole primarie e secondarie, che dei giovani studenti preparino pasti per gli indigenti durante le festività e donano a Croce Rossa beni primari da distribuire durante le emergenze e anche dopo. Potrei raccontare per ore….

Cosa succede con i migranti una volta che sono stati salvati?

Dopo i primi accertamenti sanitari e le operazioni di rito vengono portati con dei pullman nei centri di prima accoglienza dove vengono fatti tutti i rilievi identificativi da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni e dove vengono sottoposti a tampone anti-Covid19 e dove poi espleteranno la quarantena.

Cosa dovrebbe cambiare nella politica italiana ed europea per far fronte a questo problema?

Bella domanda, magari avessi la bacchetta magica per soluzioni immediate, del resto sono anni e anni che assistiamo a queste migrazioni. Mi sento però di dire che non devono lasciarci soli in questa che non si può più definire un’emergenza. Ormai sono oltre 13 anni che solo nel Salento assistiamo a questo esodo di esseri umani. Mi sento di dire che dobbiamo impegnarci tutti, e chi ci governa un po’ di più, a non cadere nella trappola dell’indifferenza e dell’abitudine, a ritenere “normale” tutto ciò. Questo non può che solo creare un distacco freddo e calcolato dal punto di vista umano e ci induce a non vedere, anzi, a non “sentire” e quindi a proteggere la propria coscienza convincendo noi stessi che tanto sono salvi e va bene così, il nostro dovere lo abbiamo fatto, non realizzando però che così il divario tra coscienza ed empatia si fa sempre più grande, con i rischi che questo comporta. Non dobbiamo anestetizzare la umana pietas verso i più vulnerabili. Mi sento di dire che in questa emergenza sanitaria è aumentata in modo spropositato anche l’emergenza sociale. Assistiamo come CRI anche migliaia di famiglie italiane in tutta la provincia che vivono ai margini e in contesti economici difficili, ma che non si tirano indietro quando si tratta di porgere la mano a chi arriva da noi senza null’altro che la propria dignità e accetta qualsivoglia destino che appare migliore di quello che avrebbe avuto a casa. Infine, voglio ricordare che Croce Rossa Italiana e la Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa già anni addietro ha iniziato una campagna e un progetto importante contro il traffico di esseri umani coniando anche un topic e hashtag sui social che è #STOPHUMANTRAFFICKING, ovvero, fermiamo il traffico di esseri umani. Ecco, mi unisco al coro di centinaia di migliaia di volontari che a gran voce chiedono di fermare questi crimini. Non si possono trattare esseri umani come merce, come oggetti di contrabbando a mero scopo di lucro criminale mettendo a rischio vite di uomini, donne e bambini che scappano per sopravvivere. Sempre che sopravvivano alle traversate e chissà quanti hanno trovato la morte nei nostri mari e non lo sappiamo.

Cosa desideri per il futuro?

Il primo e in assoluto, e credo sia quello più scontato e condiviso da tutti, è il desiderio di vedere presto la fine di questa pandemia che mette ancora tutti, ogni giorno, a dura prova, ma soprattutto a noi come volontari e operatori sanitari. Mi piacerebbe che noi stessi e le future generazioni ritrovassimo la progettualità, la voglia e la curiosità di guardare verso il futuro con rinnovata fiducia e speranza. Desidero tanto che i miei figli e tutti i giovani del mio Sud non debbano lasciare questa terra così bella e ineguagliabile per necessità come hanno fatto i nostri genitori, ma sempre per scelta personale. Sì, da “italiana con background migratorio”, come si usa dire in Germania, vorrei più equità, più possibilità e occasioni per tutti, affinché nessuno si debba sentire straniero in terra straniera o straniero in terra propria. In conclusione, mi rendo conto che è un desiderio assai utopico, mi piace l’idea di una società in cui nessuno abbia bisogno di noi volontari di Croce Rossa Italiana per vedere salvaguardata la propria dignità o sopravvivere, ma solo per convivere e condividere in serenità la vita quotidiana.

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