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Attacco ai libri di scuola. Quando si esagera con il “politically correct”

In un futuro calendario avremo un giorno riservato ad onorare il sommo poeta?

La proposta partita dal Corriere della Sera in un articolo dello scrittore ed accademico Paolo di Stefano sta facendo il giro ed è già stata accolta con molto favore dalla Società Dante Alighieri, dall’Accademia della Crusca, dall’Associazione degli Italianisti e molte altre. E se il Ministero dell’Istruzione e quello degli Esteri non saranno avversi, il primo „dantedì“ dovrebbe partire dal 2021, in cui si celebrerà il 700mo anniversario della morte del grande “fiorentino di nascita ma non di costumi“ come si autoqualificava. Secondo Domenico De Martino, direttore artistico del festival ravennate Dante 2021, l’iniziativa risponderebbe ad un sentimento assai diffuso non solo in Italia. Dante è infatti uno degli italiani più universalmente noti nella cultura mondiale, da Raffaello a Michelangelo, da Verdi a Vivaldi, dal Palladio a Galileo.

Nello scorso numero di luglio un editoriale di Pierluigi Vignola lamentava l’iniziativa di un comitato per i diritti umani chiamato Gherush92, che ha tacciato pubblicamente il nostro sommo poeta di antisemitismo e islamofobia richiedendone l’allontanamento drastico dai programmi scolastici ministeriali. Tanto che ci viene il sospetto che sia stata la consulenza di Gherush92 a far sì che il governo Renzi coprisse i nudi statuari dei nostri musei davanti agli occhi d’un ospite ufficiale iraniano per non offendere i suoi sentimenti, ci mancherebbe! Ora, secondo l’architetta Valentina Sereni, presidentessa di Gherush92, il fatto che Dante metta Giuda Iscariota all’inferno rappresenterebbe un caso lampante di antisemitismo, a causa dell’assonanza di „Giuda“ con „Giudeo“. Ma il povero Dante non se l’è mica inventato, quel nome, non ha fatto altro che attenersi ai racconti del Nuovo Testamento, come c’era da aspettarsi da qualsiasi europeo della sua epoca.

Bisognerebbe per questo stesso motivo proibire a scuola anche la lettura del Vangelo secondo Matteo?

Bisognerebbe vietare tutte le sacre rappresentazioni del Venerdì Santo? E poi, Dante spedisce all’inferno anche numerosi papi, e quindi potrebbe venire tacciato di anticlericalismo ideologico, precursore di Garibaldi e Carducci, da qualche difensore del „politicamente corretto“ ed epurato in numerosi e ben noti canti. Però l’anticlericalismo non è una forma di razzismo nel mirino di Gerush92, e quindi dal suo punto di vista sembra lecito dire „cloro al clero“ ma non tacciare d’ipocrisia i membri del Sinedrio. Vabbè. Rallegriamoci piuttosto che gli abitanti dell’Isola di Creta non siano ancora stati presi sotto l’egida protettiva dell’architetta Sereni, perché altrimenti dovremmo rinunciare pure a leggere i poemi omerici. Infatti, circa 3.000 anni fa, era diffusa per il Mediterraneo una maldicenza che equiparava gli aggettivi „cretese“ e „bugiardo“, facendone due sinonimi correnti: il che rappresenta un chiaro, inequivocabile esempio di razzismo. Scrivere, „cretese bugiardo“ è forse meno discriminatorio che „perfido giudeo“? Ché forse per Gherush92 i sentimenti dei cretesi contano di meno rispetto a quelli più orientali? Ma neanche Dante è molto gentile verso la grande isola greca: „In mezzo al mar siede un paese guasto“ scrive nell’Inf. XIV, 94 senza che per questo lo si abbia accusato di razzismo. Pensate se avesse dato quel titolo alla Palestina o alla Cirenaica! In Turchia,secondo dati ufficiali, sono stati bruciati più di trecentomila libri scolastici perché considerati policamente scorretti, mentre il premier Erdoğan ha annunciato che l’America sarebbe stata scoperta dai musulmani 300 anni prima di Colombo. Due anni fa ha fatto cancellare dai libri la teoria dell’evoluzione di Darwin perché non sarebbe adatta all’intelligenza dei giovani turchi. In un’inchiesta giornalistica a tappeto pubblicata in un libro dal titolo „Bambini del Corano: Cosa imparano gli scolari musulmani“ (Kinder des Koran – Ullstein Buchverlage / Berlin 2019) il giornalista investigativo tedesco Constantin Schreiber, che sa perfettamente l’arabo, ha preso in esame i libri scolastici ufficialmente autorizzati in 5 diversi paesi islamici (Afghanistan, Iran, Egitto, Palestina e Turchia) evidenziandone i passaggi critici. Per esempio, negli attuali libri di scuola egiziani non viene fatta alcuna differenza fra ebrei ed israeliani, cioè fra religione, cittadinanza ed etnia, e questa è, come osserva Schreiber, una narrativa antisemitica: messa nero su bianco oggidì e non 700 anni fa.

A ciò si aggiunge una palese glorificazione della guerra come liberazione dei territori arabi. Nei libri di scuola dell’Iran viene propagandata l’unità dei credenti, inquantoché, se fosse realizzata, aprirebbe all’Islam le porte della conquista del mondo intero. In un libro di matematica iraniano il capitolo sul calcolo vettoriale è arricchito dall’immagine d’un missile intercontinentale, di quelli che sfilano nelle parate di Teheran. Gli scolari palestinesi studiano su delle strane carte geografiche della Palestina in cui Israele non esiste, benché sia uno stato ufficialmente riconosciuto dall’ONU. Anche una metropoli come Tel Aviv (che sta pure nella lista dell’UNESCO) non vi è segnata, solo una striscia di costa libera. Nei libri di testo per i bimbi afghani, dulcis in fundo, viene ribadito l’obbligo morale per ogni fedele di convertire gli infedeli, e la condanna quale „compagno del demonio“ per chi non è disposto a sottomettersi ad Allah: tutti libri scolastici che sono pubblicati grazie alle sovvenzioni degli infedeli medesimi. Che però non hanno il diritto d’offendersi.

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