Conferenza sulla Sicurezza di Monaco

Nella percezione individuale la sicurezza rappresenta un bene fondamentale e al tempo stesso impalpabile e difficilmente definibile. La complessità dei fattori che influenzano il concetto di sicurezza diventa ancora più marcata quando esso viene correlato a gruppi di persone e a intere comunità, fino a interessare le nazioni del pianeta. Dal 1963 la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di Baviera cerca di dare risposte alle questioni più scottanti che riguardano la sicurezza mondiale. L’edizione di quest’anno (14-16 febbraio) ha avuto come titolo “Westnessless”.

Nel suo discorso introduttivo Wolfgang Ischinger, “padrone di casa” ed ex-ambasciatore tedesco a Washington, ha illustrato i motivi di questo titolo. La scelta è stata determinata dalla constatazione che il mondo è diventato meno occidentale e che tale trasformazione è avvenuta non solo globalmente, ma all’interno dello stesso Occidente. Chiaro il riferimento alla politica dell’attuale governo USA e alla Brexit. Ciò, secondo l’ambasciatore, ha contribuito a rendere il mondo “più insicuro: un luogo dove l’assenza della certezza del diritto condiziona la vita di milioni di persone. Un luogo dove regna l’impunità”. Dopo aver richiamato i cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti, ndr) a non rinunciare al loro ruolo di principali fautori di pace, Ischinger ha sottolineato l’importanza che, a trent’anni dalla riunificazione della Germania, il mondo recuperi i valori che portarono alla caduta del Muro di Berlino e alla fine della guerra fredda. Al termine ha dato la parola al Presidente della Repubblica Federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier il quale ha tenuto il discorso di apertura della manifestazione.

Un discorso che è stato lungo e accorato.

Steinmeier ha esordito ricordando il suo precedente intervento alla conferenza del 2014, quando partecipò nella veste di Ministro degli Esteri. “Il mondo di oggi non è lo stesso di allora ed oggi sappiamo che il primato dell’Occidente è qualcosa che non può più essere dato per scontato. Quest’anno commemoriamo la fine, 75 anni fa, di quella che è stata la più distruttiva di tutte le guerre. Due settimane fa ad Auschwitz, abbiamo commemorato la liberazione del più omicida dei campi di concentramento. Senza quella guerra e senza Auschwitz, la comprensione della Germania di oggi sarebbe impensabile. La visione che oggi il mondo ha della Germania non può essere spiegata senza fare riferimento a tali eventi. Oggi mi piacerebbe poter dire che la lezione che noi tedeschi abbiamo imparato dalla storia è una lezione che durerà per sempre. Purtroppo non posso… Oggi gli spiriti malvagi del passato – nazionalismo, razzismo, antisemitismo – stanno riemergendo nel nostro paese sotto una nuova veste”.

Nelle parole di Steinmeier il chiaro riferimento non solo ai frequenti episodi di intolleranza razziale occorsi negli ultimi anni in Germania (il recente bagno di sangue a Hanau è solo l’ultimo della serie) ma anche alle recenti vicissitudini politiche che hanno visto il partito di estrema destra Alternative für Deutschland influenzare gli esiti delle elezioni in Thuringia e che hanno determinato, contestualmente, l’insorgere di una profonda crisi in seno ai partiti tradizionali, in primis l’Unione cristiano-democratica CDU-CSU, che ha portato alle dimissioni della presidente, la signora Annegret Kramp-Karrenbauer.

La necessità di contrastare i nazionalismi è stata rimarcata da Steinmeier anche quale presupposto per meglio affrontare le sfide del cambiamento climatico. “Siamo la prima generazione a vivere in un’epoca in cui l’umanità sta cambiando irreversibilmente le condizioni di vita del pianeta. In un momento come questo, rintanarsi nelle nostre conchiglie nazionali ci condurrebbe in un vicolo cieco, in un’età oscura. Solo il concetto di un ordine globale offre l’opportunità di formulare risposte persuasive alle sfide dell’Antropocene”.

Gran parte del suo discorso Steinmeier lo ha però dedicato all’Europa. A differenza di quanto successo nel passato “non possiamo più pensare che, nel 2020, le grandi potenze abbiano interesse a sostenere il successo dell’integrazione europea. Anzi. Ognuno dei principali attori sta perseguendo il proprio vantaggio e lo fa anche a spese dell’unità europea. Questa Europa, tuttavia, non deve poter fallire. Per la Germania, l’Europa è il più forte, è il nostro più fondamentale interesse nazionale. Oggi e domani, l’Europa è il quadro indispensabile per affermarci nel mondo. Allo stesso tempo, a 75 anni dalla fine della guerra, l’Europa è e rimarrà l’unica risposta di successo alle sfide poste dalla nostra storia e dalla nostra geografia. Se il progetto europeo fallisce, la lezione della storia tedesca sarà stata vana. Solo in Europa e attraverso l’Europa la Germania è stata in grado di smettere di oscillare tra politica di potere dilagante e arroganza culturale”. Parole forti che riguardano anche noi cittadini italiani, in considerazione delle minacce dei partiti populisti e sovranisti che affliggono il nostro paese.

Sabato 15 febbraio per le strade di Monaco una grande manifestazione contraria alla conferenza e anti militarista ha attraversato pacificamente le strade del centro fino a raggiungere Marienplatz, centro della città. Anche quest’anno durante la conferenza si è parlato dei conflitti in corso, in particolare di Siria, Iran e Libia, ma i temi al centro del dibattito sono stati altri. Tra essi, oltre al cambiamento climatico, gli scenari riguardanti il nuovo sistema di telefonia 5G e i timori derivanti dalla prospettiva che la Huawei e la Cina monopolizzino il mercato. E non poteva mancare spazio per quello che oggi appare il fattore di rischio più preoccupante per la sicurezza mondiale: il Coronavirus. Capiremo nelle prossime settimane se lo è davvero.

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