Una ragazza si fa congelare per poter essere risvegliata e guarita con nuove cure. Le disposizioni della Chiesa per creazione e sepoltura

È successo a Londra: un giudice dell’Alta Corte ha accolto la richiesta, fattagli da una ragazzina, di non seppellire il suo cadavere ma di congelarlo. Ne è conseguito il trasferimento della sua salma in Arizona, dove è stato ibernato, onde poterlo eventualmente far tornare in vita qualora ci saranno terapie aggiornate.

Comprensibile che la quattordicenne, conscia di avere una malattia inguaribile, possa desiderare di “vivere più a lungo” ed augurarsi di “essere curata e risvegliata, magari fra qualche centinaio di anni”. Obiettivo da lei ritenuto raggiungibile tramite l’ibernazione, materia scientifica sulla quale aveva fatto ricerche via internet. Il che l’aveva spinta a chiedere al giudice l’autorizzazione perché “ho solo 14 anni e non voglio morire, ma so che sto morendo… Mi dia questa possibilità”.

Il magistrato, convinto di agire nell’interesse della fanciulla, acconsente. E, anche i genitori i quali, pur ritenendo che qualora “il trattamento dovesse aver successo e lei dovesse essere riportata in vita tra, per esempio, 200 anni, potrebbe non trovare vivo alcun parente e non ricordare nulla” della sua vita precedente, decidono di rispettare la volontà della figlia.

Non è la prima volta che questo accade. Il centro Alcor a Scottsdale, città dell’Arizona, nell’ottobre scorso vantava ben 1.104 richieste d’ibernazione, firmate da persone gravemente malate. E hanno già 143 cadaveri ibernati, di 104 uomini e 39 donne, compreso quello di una tailandese di tre anni, morta nel 2015 per un tumore al cervello. La bimbetta, che è la più giovane paziente trattata dalla Alcor, è la prima proveniente dall’Asia e la 134esima dal mondo. A dimostrazione che si va diffondendo la convinzione della efficacia di questa tecnica sulla quale, tuttavia, rimangono molti dubbi.

Dal canto loro i responsabili del Centro hanno tenuto a precisare che “nessun essere umano adulto è stato mai fatto rivivere”, benché sopravviva la speranza che i progressi medici del futuro possano rendere possibile la resurrezione. Utopia cui credono anche molti Italiani, compresa una donna di 86 anni, ibernata in Russia. Gente che ha pensato di non volare in cielo, dopo la morte, ma negli Stati Uniti o in Russia, in quanto “fiduciosi nei progressi della scienza”. Ed intenzionati, non a “rivivere il passato, né il presente, ma solo il futuro!”, come affermato da un dottore romano e da un avvocato friulano.

Molti scienziati la considerano una “suggestione fantascientifica” condivisa solo da chi non crede alla sacralità della vita e della morte. Essa pone una questione fondamentale: c’è un limite alla ricerca scientifica? Risponde affermativamente solo chi non crede in Dio e pensa di potersi sostituire a Lui. Evidentemente inconsapevole che l’umanità e la Natura non si sono autogenerate, ma dipendono da Dio che le create.

Neppure gli antichi Greci hanno mai pensato di poter modificare ed impa-dronirsi della Natura, convinti che sarebbe stata una violenza modificare il corso di un fiume o la forma di una collina per piegarla a un proprio vantaggio. Oggi molti sono convinti di poterlo fare, di poter vincere la morte. Ma, ammesso che dopo un centinaio di anni ritornino alla vita, si troveranno immersi in una società totalmente diversa da quella prima conosciuta, in un mondo totalmente nuovo. Come dire, vivi nel corpo e morti nell’anima e nei ricordi. Pensiero che la fiducia nella biotecnologia fa ignorare.

Tale deriva estende troppo la libertà di decisione. Che la Chiesa cattolica riconosce per la cremazione, purché “non scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”. A dichiararlo è un documento del Vaticano approvato dal Papa, che, pur affermando che la sepoltura nei cimiteri è preferibile in quanto favorisce “la fede nella resurrezione della carne, risponde… alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana”. Motivi per i quali è proibita la conservazione delle ceneri in casa o la loro dispersione in acqua o nell’aria e a maggior ragione la loro trasformazione “in pezzi di gioielleria o in altri oggetti”. Una pratica ormai “notevolmente diffusa in non poche Nazioni”. La Chiesa non si oppone alla cremazione ma accompagna tale scelta con opportune indicazioni liturgiche e pastorali. La prassi, anche se concessa dalla legislazione civile, di spargere le ceneri in natura oppure di conservarle in altri luoghi diversi dal cimitero solleva molte domande. La Chiesa ha diversi motivi per essere contraria a simili scelte, che possono sottintendere mentalità panteistiche o naturalistiche. Esse impediscono la possibilità di esprimere, con riferimento a un luogo preciso, il dolore e la preghiera della comunità e rendono più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo. Per le generazioni future la vita di coloro che le hanno precedente resta anonima e si fa strada una crescente assenza di storia.

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