Foto di Annette Jones su Pixabay

Riflessione di alcuni ragazzi della Nell-Breuning-Schule di Ober Roden

Il nostro contatto con la guerra finora è stato solo quando sentivamo le storie dei nostri nonni o dei nostri genitori. Nessuno di noi ha vissuto la guerra in prima persona. Anche se abbiamo sentito parlare di guerra, come quella in Afghanistan, dal 24 febbraio tutto è cambiato.

A scuola non si parla d’altro che dell’attacco dei soldati russi, della sofferenza che gli ucraini stanno attraversando ora e delle paure di molti giovani che sono costretti a combattere una guerra che non hanno voluto. La notizia ci ha scioccato e ciò che Putin ha fatto ci ha lasciato con un grande punto interrogativo. Perché?

Non riusciamo a capire tutto questo, avanziamo teorie sul perché questo sta succedendo, si sviluppano scenari su quanto lontano e quanto forte si sarebbe diffusa la guerra e poi arrivano le prime domande.

Ai nostri insegnanti è stato chiesto senza sosta quale fosse la situazione in Europa e quali fossero i prossimi passi. La domanda più importante è stata, naturalmente: siamo sull’orlo della III guerra mondiale? Dovremo combattere anche noi? Gli insegnanti hanno risposto alle nostre domande rassicurandoci che molto probabilmente non ci sarebbe stata una grande guerra. Tuttavia, ci ha lasciato l’amaro in bocca e le rinnovate e più violente minacce che arrivano da Putin ogni giorno non migliorano la situazione.

Tutti speriamo che questo conflitto finisca il più presto possibile e che una tale guerra non scoppi mai più. Ma forse è soltanto un’utopia.

Il problema principale di noi giovani è la difficoltà che abbiamo a crearci un futuro in un contesto non chiaro e mal funzionante. Il sogno di noi giovani è di avere la possibilità di vivere un futuro tranquillo che sta nei diritti di ogni essere umano.

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