di Saro Spina - 

Le nuove decisioni del governo federale

Il 15 aprile si è svolta a Berlino l’attesa conferenza della cancelliera Angela Merkel con i presidenti dei Bundesländer in cui si è finalmente decisa una prospettiva per i futuri sviluppi della corona-crisi. Il criterio di base che l’ha guidata è stata la prudenza: i risultati attuali sembrano incoraggianti, ma bisogna stare attenti a non abbassare la guardia. Il successo temporaneo è fragile, grazie a tutte le nostre precauzioni, ha spiegato la Merkel, c’è il grande rischio che basti poco per farci tornare al punto di partenza.

Nella sua conferenza stampa la Cancelliera che è laureata in fisica, ha posto al centro delle sue considerazioni un numero puro denominato fattore di riproduzione, che in realtà è un coefficiente fra il numero delle persone infettate dal virus ed il numero di persone che esse infettano.

Se il fattore di riproduzione è precisamente 1,00 questo significa che ogni infettato ne infetta in media esattamente un’altra, e quindi la curva di diffusione dell’infezione si appiattisce. La situazione attuale è che il fattore di riproduzione è poco maggiore di uno, ma basterebbe che salisse a 1,1 perché ad ottobre venisse raggiunto il limite delle capacità delle nostre strutture sanitarie. Se salisse a 1,2 questo significherebbe che su una media di 10 infettati 8 ne infetterebbero solo un’altro, ed i restanti 2 ne infetterebbero due a testa. In tal caso la crisi delle strutture sanitarie sopraggiungerebbe già ad agosto. Se invece il fattore di riproduzione arrivasse a 1,3 -il che vuol dire che 3 infettati su 10 ne infetterebbero altri 2 a testa, in tutto 6, mentre i restanti altri 7 ne infetterebbero solo uno a testa- in tal caso la crisi ospedaliera „all’italiana“ verrebbe già raggiunta a luglio.

Perciò si è deciso di prolungare tutte le misure preventive finora in atto fino al 3 maggio.

E poi si potrebbe tentare di liberalizzare prudentemente alcune regole, stando bene attenti a controllare quali effetti ci siano sulle statistiche mediche. Sarebbe comunque una liberalizzazione condizionata all’osservazione di strette regole igieniche e sanitarie.

Il piccolo commercio potrà riaprire in maniera molto controllata dopo il 20 aprile, e un po’ più di gente sarà tollerata nei centri urbani, però non troppa, perché le distanze di sicurezza devono restare garantite. La situazione non deve sfuggire di mano. Molta perplessità ha suscitato la decisione di limitare la riapertura dei negozi a quelli con una superficie inferiore a 800 metri quadrati. Secondo il portale Business Insider sembra che neppure all’interno del Ministero dell’Economia non tutti ne fossero convinti.

Con quale criterio è stato fissato quel limite? Perché punire i negozi rei di essere troppo grandi?

Il presidente della Baviera Markus Söder ha spiegato trattarsi di una soluzione di compromesso, e che lui avrebbe preferito restringere ulteriormente il criterio. Anche qui sotto c’è il timore di perdere il controllo del flusso del pubblico. Stando così le cose, a noi viene in mente la seguente domanda: e se i negozi che peccano di eccessiva superficie se l’autoriducessero sbarrando l’accesso del pubblico ad alcuni loro reparti? Il presidente della camera di commercio tedesca (Handelsverband HDE) ha criticato aspramente questo criterio discriminativo per colpa del quale queste nuove liberalità non varrebbero per tutti provocando deformazioni nelle regole della libera concorrenza. E poi non si vede perché le regole dell’igiene e della distanza di sicurezza dovrebbero essere più facili da osservare nei negozi piccoli piuttosto che in quelli grandi. Nelle scorse settimane in tutti i negozi dei generi non alimentari c’è stata una perdita di 30 miliardi di euro e molti commercianti stanno già con un piede nel fallimento.

Perciò l’HDE ha lanciato un appello alla politica di rivedere le sue decisioni su questo punto.

Anche il presidente del Bundesverband der Deutschen Industrie, Dieter Kampf, non può darsi ragione dello strano criterio sulle superfici dei negozi, pur lodando l’accordo raggiunto fra il Governo Federale ed i Governi dei Länder.

Anche sul tema delle mascherine il governo ha affidato le decisioni alle autorità locali, che decideranno a breve scadenza. Il più tempestivo di tutti è stato il sindaco di Hanau, presso Francoforte, che ha vietato di salire sui mezzi pubblici senza indossarle. Anche la Baviera sembra avviata sulla strada dell’intolleranza.

La riapertura delle scuole è un tema complicato.

A partire dal 4 maggio esso diventerebbe possibile ma solo per alcune classi che devono confrontarsi con gli esami imminenti, come la tredicesima classe del ginnasio. Questo però è un tema che il governo di Berlino lascia volentieri ai singoli Länder, ciascuno dei quali ha il proprio calendario degli esami e delle ferie. Per questo motivo ci saranno riunioni separate dei governi regionali. Il fatto è che in questo mese di inattività le burocrazie dei relativi Kultusministerien non abbiano fatto alcuna chiarezza sui criteri di sicurezza da tenere dentro la scuola, come si sono lamentati già diversi insegnanti.

Un altro problema è: quali scolari far tornare a scuola per primi?

Molte fasce di professionisti premono affinché siano gli asili-nido e le scuole elementari a riapire al più presto per il motivo puro e semplice che, finché devono badare ai loro bambini a casa, i genitori non possono più recarsi al lavoro. Nella categoria professionale degli insegnanti molti però sono a rischio per motivi di età o perché segnati da qualche malattia. E poi i bambini sono molto difficili da tenere sotto controllo, non solo in classe, ma soprattutto durante la ricreazione. Come si fa ad esser sicuri che nessuno si tolga la mascherina? Come si fa ad impedire che si tocchino? E come giustificare la mensa comune, quando i ristoranti per gli adulti continuano invece a restare chiusi?

Non solo tutti i ristoranti, ma anche tutti i bar, gli stadi, i teatri e le sale da concerto ecc. continueranno a restare chiusi a tempo illimitato. Niente concerti all’aperto, niente Bierfest, niente Rock am Ring, niente Love Parade, niente Gaypride.

E con le cerimonie religiose?

Su questo punto sembra che si prospetti un’intesa con le chiese: la Santa Messa potrà essere permessa a condizione che le distanze di sicurezza tra i fedeli siano mantenute, anche durante la comunione. Bisogna però che i sacerdoti stiano in campana, poiché molti di loro appartengono alla categoria a rischio.

Per quel che riguarda i ristoranti e le tavole calde, invece, la situazione si prospetta piuttosto sconsolante. Come mai?

Anche qui la motivazione è stata molto concreta, molto “sachlich”: all’atto pratico è impossibile mangiare e bere tenendo la mascherina. E poi c’è un passaggio continuo di oggetti tra mani diverse: piatti e vivande, bottiglie, bicchieri, ecc.; in pratica si svilupperebbero troppe situazioni incontrollabili. Sembra quindi che la gastronomia sia destinata ad essere la branca più duramente colpita dalla crisi, con grande disperazione per migliaia di nostri connazionali. A meno che non trovino qualche soluzione creativa.


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