All’ Historisches Museum di Francoforte si svolge una mostra dell’Immigrazione intitolata “Kein Leben von der Stange. La mostra può essere visitata fino al 05.04.2020

Non per puro caso presso la nuova sede dell’Historisches Museum di Francoforte si svolge una mostra dell’Immigrazione intitolata “Kein Leben von der Stange. Geschichten von Arbeit, Migration und Familie”. Infatti la città sul Meno è una vetrina del fenomeno migratorio, dato che oltre il 50% dei suoi abitanti sono d’origine straniera, e per quel che riguarda i bambini, addirittura il 70%. Città della superdiversità è Francoforte, sui cui mezzi pubblici si mischiano tutte le nazionalità in tutte le proporzioni. Ciò malgrado a tutt’oggi l’immigrazione viene considerata un fenomeno marginale nella storia della Germania. Per confutare questo punto di vista, è proprio nella cornice del Museo Storico che si è dedicata una esposizione all’età degli immigrati, come la si può dedicare all’età carolingia o a quella delle scoperte geografiche.

L’esposizione è concepita come un foro di discussione fra le diverse generazioni di immigrati. Una parte centrale della mostra sono le storie personali di tanti singoli immigrati, ci spiega la signora Jannelli, curatrice della mostra e lei stessa figlia d’immigrati italiani. La storia dell’immigrazione non deve essere presentata come un fatto astratto, un concetto generico, ma mostrare in tanti singoli casi concreti come la decisione di lavorare in un altro paese influenzi la vita personale.

Dal punto di vista concettuale è interessante la definizione di una “generazione 1,5” individuata da un imprenditore turco. Normalmente si identificano immigrati di prima, seconda, terza generazione, ecc. La “generazione 1,5” sarebbero quei figli di immigrati che furono lasciati in patria, perlopiù dai nonni, mentre i loro genitori vivevano, e continuavano a far figli in Germania. L’invio continuo di regali dalla Germania non poteva compensare la loro mancanza. Solo in un secondo tempo queste “famiglie transnazionali” riuscirono a ricongiungersi, ed i bambini cresciuti in madrepatria si trovarono improvvisamente sbalestrati fra genitori e fratelli che conoscevano appena, in un paese che non conoscevano affatto e a sentire una lingua che non capivano.

Differenti videoinstallazioni consentono quasi un contatto diretto con i vari narratori delle loro vicende familiari e professionali. Una zona speciale della mostra è dedicata all’attività lavorativa delle sartorie. A partire dal 1960 questa attività è stata invasa sempre più dai lavoratori stranieri che compivano il passo da lavoratori dipendenti in una piccola ditta propria. Anche molti italiani compirono questo passo, anche se prevalentemente in direzione delle proprie imprese gastronomiche. I greci invece diedero vita al settore delle pelliccerie, che negli anni ’80 predominavano sulla Münchnerstrasse fino a che non dovettero cedere all’invasione degli animalisti. Un piccolo contributo da un Gastarbeiter italiano, Giuseppe Bruno, è il progetto per un monumento all’immigrato che non è mai stato realizzato.

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