Nella foto: Rosario Fuca

L’esperienza del 49enne Rosario Fuca di Stoccarda

I genitori sono originari di Aragona (Agrigento) ma Rosario è nato a Stoccarda il 30 novembre 1974.

Fin da piccolo soffriva di muco tenace. E per poter attenuare i problemi di respirazione doveva rincorrere continuamente a cure ospedaliere, a farmaci e a fisioterapia.

In questo modo è riuscito a sopravvivere in qualche modo fino all’età di 38 anni. I medici comunque gli avevano dato al massimo qualche anno di vita ancora. Senza un trapianto di polmoni non ce l’avrebbe fatta.

Fortunatamente nel dicembre del 2012 gli arriva la buona notizia del trapianto di polmoni compatibili. E come in questi casi avviene, la morte del donatore di organi significa prospettiva concreta di una nuova vita per il malato, salvo rigetto o incompatibilità.

Ricoverato all’Olgahospital di Stoccarda, dopo 10 ore di intervento Rosario è tornato a nuova vita con tutte le precauzioni del caso.

Ciononostante, Rosario non è rimasto mai inoperoso. Dopo la Hauptschule ha proseguito i suoi studi frequentando la Wirtschaftsschule, il Berufskolleg e poi la formazione professionale di Groß- und Einzelhandelskaufmann. Non potendo lavorare regolarmente come gli altri suoi compagni, pur di essere attivo ha svolto mansioni di fattorino, lavori leggeri in tipografia, presso la Volkshochschule e nella gestione degli attrezzi in palestra.

Attualmente è libero docente presso il Klinikum di Stoccarda per raccontare agli infermieri in formazione la sua esperienza di paziente. Dal 2001 percepisce una pensione di invalidità.

Ma come si vive con polmoni trapiantati?

La vita con un organo estraneo è come una vincita alla lotteria. Ho di nuovo così tanta aria e forza che non ho più problemi nella vita quotidiana. Devo fare però molto, e fare a meno di tante cose. Vado in palestra tutti i giorni per tenermi in forma. Vado anche in fisioterapia una volta alla settimana per mobilizzare il torace. È difficile mangiare. Devo seguire una dieta rigorosa. È vietato mangiare alcuni alimenti, ad esempio tutti i prodotti crudi (carne, sushi, ecc.) e mi devo sempre assicurare di non entrare in contatto con qualcuno influenzato.

Sei sempre sotto osservazione medica?

Sono in costante contatto con il mio ambulatorio di Löwenstein nei pressi a Heilbronn. Inoltre, ogni anno vado in riabilitazione a Villingen Schwenningen/Tannheim per 4 settimane.

Come sei venuto a sapere di essere affetto da fibrosi cistica?

Quando avevo circa 2 anni, i miei genitori hanno notato che ero sempre raffreddato e tossivo anche d’estate delle secrezioni. Avevo anche una grande pancia e i miei movimenti intestinali erano molto insoliti. La mia pelle era anche molto salata, a differenza di quella delle mie sorelle. La malattia era tenuta segreta, come era consuetudine a quel tempo per gli abitanti di una comunità in Sicilia. Si voleva far vedere che tutto andava bene. E chi era malato non era certo un candidato al matrimonio.

Quali reazioni hai avuto tu e la famiglia?

I miei genitori andarono dal nostro pediatra e fummo fortunati perché aveva sentito parlare della mia malattia, la fibrosi cistica, durante un seminario tenutosi poco tempo prima. Ci mandò subito in clinica. Da quel momento in poi, la clinica Olgahospital è stata la mia seconda casa.

Come avete reagito?

Quando ero bambino, non mi sono mai reso conto del tipo di malattia che avevo. Naturalmente i ricoveri in ospedale non erano piacevoli per me. Spesso dovevo rimanere ricoverato per diverse settimane. Ma col tempo mi sono abituato e il personale della clinica è stato meraviglioso. Si è sempre preso cura di me quando per esempio i miei genitori non erano presenti.

Come si vive con la consapevolezza che se non si trova un organo compatibile si è condannati a morire?

Solo a un’età in cui cominci a capire cosa c’è che non va, diventa un problema di morte. E l’ho capito a 17 anni. Avevo conosciuto pazienti che sono morti poco dopo. Una coincidenza? Venivano anche dalla Sicilia. Era una coppia di fratelli e sorelle, entrambi affetti dalla stessa malattia. Molti pazienti sono morti negli anni successivi. Ho partecipato a più di 40 funerali. In quegli anni ho cercato di resistere alla morte e per molti anni sono stato più forte della mia malattia. Poi è arrivato il momento in cui la mia malattia mi ha tenuto sotto controllo 24 ore al giorno. Quindi ci si rende conto che si può morire presto e che mantenere un organo per sopravvivere non è facile. Ecco perché sapevo che stavo per morire.

In che cosa hai trovato la forza?

Ho avuto questa fiducia e questa forza di perseverare così a lungo, grazie alle persone che erano intorno a me. Conoscere persone che sono sempre state lì per me. Hanno cercato di rendere la mia vita il più semplice possibile. Che si tratti di persone in riabilitazione o della cerchia ristretta di amici, tutti mi hanno preso per come sono. Ma anche la mia autodisciplina per non peggiorare. La volontà di vivere era molto forte e ho sempre cercato di ridere ed essere positivo e di sapere che c’è anche Dio in alcuni momenti.

A che cosa devi rinunciare?

In realtà, ora posso condurre una vita del tutto normale, le infezioni sono scomparse. Quindi ho aria a sufficienza per la mia vita quotidiana. Le restrizioni riguardano più che altro l’alimentazione. Devo seguire una certa dieta; ad esempio non posso mangiare cibi crudi, insalate, carne, sushi, ecc. Devo continuare a prendere i miei farmaci con costanza e regolarità.

Che cosa ti fa più paura?

La paura è una qualità importante. Spesso ho avuto paura quando mi sono accorto che stavo andando in crisi respiratoria. Questa sensazione di soffocamento è terribile. Inoltre, il tema della morte era costantemente presente e mi chiedevo se e quando il corpo avrebbe cessato di vivere.

Sei completamente fuori pericolo di vita?

Un nuovo polmone significa vita, ma naturalmente non a tempo indeterminato. Il pericolo che il mio corpo lo rigetti è sempre presente. Un’infezione potrebbe sempre essere pericolosa per me. Anche i 2-3 anni di Corona sono stati un periodo estremamente difficile. Ma ho superato bene anche questo. Ora sono già al decimo anno con i nuovi polmoni.

Hai mai saputo di chi era il tuo nuovo polmone?

Non saprò mai chi è stato il mio donatore. Poiché la persona è deceduta, la legge lo tiene segreto. E per me va bene così.

Come ci si sente nei confronti di chi non c’è più e che “grazie” a quel decesso puoi vivere tu?

Sono così grato che ci sia stata una persona che ha donato i suoi organi per amore della vita. Ho fatto voto a me stesso di prendermi cura dei polmoni e di fare tutto il possibile per assicurarmi che saremo in vita il più a lungo possibile.

Sei mai potuto entrare in contatto con i parenti?

No, non è possibile avere contatti con i parenti. Potrei scrivere una lettera e consegnarla al centro trapianti. Ma non ho voluto farlo.

Attraverso una docenza tu oggi racconti il tuo travaglio a ragazze e ragazzi che sono in formazione per diventare infermiere/infermieri. Che riscontro hai?

Da qualche anno sono libero docente presso la Clinica di Stoccarda e in classe racconto come è stata la mia vita con la fibrosi cistica. Dalla nascita al trapianto di polmone. Con storie illustrate e umorismo, riesco a creare una lezione interessante. Le domande poste in classe sono sempre diverse. Spesso si tratta di domande mediche, quotidiane e anche sull’amore con Mukovisdoze/fibrosi cistica.

Qual è l’insegnamento che hai potuto trarre da queste esperienze che ti ha, senza dubbio, segnato la vita?

Ho incontrato un’ex allieva che ora, dopo anni, è infermiera all’Olgäle e mi ha detto che ho dato un grande contributo e che da allora lei cerca di dedicare più tempo ai pazienti e non si limita a quanto prescritto.

Rosario Fuca ha pubblicato un libro autobiografico in tedesco dal titolo “Rossis Leben mit Mucoviszidose” (Fibrosi cistica)

ISBN: 978-3751989534 Herstellung und Verlag: BoD – Books on demand Norderstedt

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