Il Sushi è moda in questa era di consumismo, fa tendenza ormai in tutto il mondo ,gli europei ne sono folgorati. Sempre più numerosi i ristoranti giapponesi, ormai il Sushi è un piatto sempre più popolare in occidente, ma gli amanti del pesce crudo faranno bene a guardarsi dalla minaccia di un verme parassita, che può annidarsi nel nostro corpo con conseguenze a volte serie per la nostra salute.

È di recente pubblicazione un articolo molto interessante sul “British Medicine Journal” in cui uno studio mette in guardia dai parassiti che possono nascondersi nel pesce crudo, in particolare l’Anisakis. Il crescente numero di casi di infezioni da vermi è legato alla popolarità della specialità del Sol Levante nei Paesi occidentali, e l’Italia come la Germania ed altri paesi europei non fa eccezione.

L’allarme nasce dopo il caso di un giovane portoghese di 32 anni, ricoverato con febbre e forti dolori addominali. Un esame endoscopico ha permesso di scoprire una massa di parassiti filiformi annidata nelle mucose dell’uomo, che effettivamente nei giorni precedenti aveva mangiato sushi. La diagnosi si è guadagnata un articolo sulla prestigiosa rivista medica britannica, che avverte: dietro dolori forti sempre più spesso c’è un’infezione da parassiti, incluso l’Anisakis, che fino a questo momento colpiva prevalentemente i Paesi orientali. “Se la maggior parte dei casi sono stati descritti in Giappone proprio in virtù delle abitudini alimentari, tuttavia la patologia viene sempre più riconosciuta nei Paesi occidentali“, si legge nel rapporto pubblicato sulla rivista.

La presenza di vermi, secondo i gastroenterologi dell’ospedale Egas Moniz e Luz di Lisbona deve essere sempre sospettata in tutti quei pazienti che hanno consumato qualsiasi varietà di pesce crudo, dai frutti di mare a un piatto di sashimi.

È opportuno precisare che i mangiatori di pesce crudo sono potenzialmente esposti al rischio di colonizzazione del parassita ma questo non significa che tutti si ammaleranno. La Food Standards Agency, dipartimento del governo britannico, ricorda le norme base da rispettare quando si prepara il sushi in casa: per eliminare ogni rischio di sopravvivenza di larve anisakis, tutte le parti del pesce devono essere congelate per almeno quattro giorni a una temperatura di -15°C o inferiore.

Fare attenzione è importante, soprattutto per gli amanti di nigiri e temaki, ma niente panico: le normative italiane, in conformità con il Regolamento europeo (853/2004), prevedono che il pesce da consumare crudo debba essere “abbattuto” alla temperatura di -20 °C per almeno 24 ore, in modo da uccidere i parassiti.

“La maggior parte dei casi finora osservati si sono registrati in Giappone: tuttavia, l’incidenza è in aumento anche in occidente”, hanno sottolineato gli autori, citando alcuni studi precedenti che avevano già evidenziato la comparsa del parassita in Europa.

Ma che cos’è l’Anisakis ?
L’anisakidosi, o malattia del “verme delle aringhe”, è un disturbo causato dall’anisakis, ossia dei vermi parassiti che si annidano nelle pareti dello stomaco. Il modo migliore per prevenirlo è cercare di non mangiare pesce crudo non abbattuto in congelatore come previsto dalle normative o anche poco cotto. Chiunque mangi pesce o calamari crudi o poco cotti è in realtà a rischio. Alcuni mammiferi marini infetti come i delfini o le balene per esempio defecano nel mare rilasciando le uova del parassita, che diventeranno larve; le larve sono ingerite dai calamari, a loro volta preda dei pesci. Le stesse potrebbero spostarsi a questo punto dall’apparato digerente degli stessi alla carne. Bisogna sapere che parassiti del genere vengono rinvenuti anche nelle carni di pesci che mangiamo quotidianamente come salmone, le aringhe, il merluzzo. Nell’uomo Il pesce e i crostacei crudi sono le principali fonti di contagio. Una volta ingerite, le larve invadono il nostro apparato gastrointestinale annidandosi con le loro appendici anteriori alla tonaca muscolare e migrando pian piano verso l’interno fino a perforare a volte la parete intestinale, raggiungendo il resto dell’organismo.

Ma come fanno le larve ad essere cosi´aggressive nei confronti del nostro organismo ?
Le larve producono una sostanza che attrae nella zona colpita globuli bianchi che tendono a formare un granuloma (una sorta di pallina dura formata fondamentalmente da cellule del sistema immunitario) nei tessuti che circondano il parassita. All’interno dell’apparato digerente, il parassita però raramente giunge a maturazione negli esseri umani: di norma viene eliminato spontaneamente entro tre settimane dall’infezione. Se rimane all’interno dei tessuti, finisce per essere rimosso ed espluso dalle difese immunitarie dell’ospite. Alla fine quindi muoiono, lasciando però una massa infiammata nell’esofago, nello stomaco o nell’intestino. Alcune persone, dopo o durante l’ingestione di pesce crudo o poco cotto, avvertono una sensazione di prurito in gola. Il sintomo potrebbe essere spiegato dal fatto che questi parassiti si muovono nella bocca o nella gola. Spesso però la tosse ci viene in aiuto e ci aiuta ad espellerli prevenendo così l’infezione. Altri, invece, avvertono anche lo stimolo a vomitare e riescono così ad espellere il parassita dall’organismo prima che possa colonizzarlo.

Ma quali sono i sintomi da considerare per rivolgersi al medico ?
Il dolore addominale e la nausea sono presenti quasi in tutti i pazienti contaminati. Il vomito, la diarrea e nei casi più importanti la presenza di sangue e muco nelle feci con la presenza di febbre ci deve allarmare. Nei casi più gravi il paziente soffre di forte mal di pancia, molto simile a quello dell’appendicite acuta, accompagnato da una sensazione di nausea. I sintomi cominciano presto. Trascorse alcune ore dall’ingestione delle larve infette è possibile avvertire un forte dolore addominale, nausea e vomito e solo in alcuni casi le larve vengono espulse col vomito. Se invece arrivano nell’intestino si ha una grave reazione immunitaria granulomatosa, da una a due settimane dopo l’infezione: i sintomi sono simili a quelli di una malattia intestina cronica molto conosciuta il “morbo di Crohn”. I sintomi possono manifestarsi da un’ora a due settimane dopo l’ingestione di pesce o molluschi crudi o poco cotti. Di solito, nei pazienti colpiti, viene rinvenuto un solo parassita

A quali pericoli ci si espone contraendo l’infezione ?
Nei casi più gravi l’anisakiasi è molto dolorosa e può essere risolta solo con un approccio chirurgico. La rimozione chirurgica dell’anisakis dalla lesione è l’unico metodo sicuro per alleviare il dolore e per eliminare la causa del disturbo, perché in generale non è consigliabile attendere che il parassita muoia. I sintomi di solito continuano per un po’ dopo la morte del parassita ma poi progressivamente sfumano. Le larve di Anisakis sono molto pericolose per gli esseri umani pero´anche quando sono ben cotte. Quando infettano il pesce, anisakidi rilasciano diverse sostanze nei tessuti circostanti. Spesso, inoltre, vengono ingerite intere, all’interno di un trancio di pesce. Si possono quindi verificare manifestazioni allergiche acute, come per esempio l’orticaria e lo shock anafilattico, accompagnate o meno dai sintomi gastrointestinali. Per i parassiti l’essere umano è l’ospite finale, le larve dell’Anisakis non sono in grado di sopravvivere all’interno dell’apparato digerente umano ed alla fine muoiono.

Come si arriva alla Diagnosi ?
Nel Nordamerica si arriva alla diagnosi di anisakidosi di norma quando il paziente avverte una sensazione di prurito o bruciore in gola e poi tossisce via o estrae dalla bocca il verme anisakis. Nei casi in cui il paziente vomita o espelle il parassita tossendo, il disturbo può essere diagnosticato con un semplice esame visivo del parassita. Negli altri casi può essere necessario effettuare una gastroscopia da uno specialista che grazie al potere risolutivo della camera dell’endoscopio, mette in evidenza il problema che con una pinza introdotta attraverso il canale operatorio dello strumento può rimuoverlo agevolmente. Altri casi ancora sono diagnosticati individuando la lesione granulomatosa con un intervento in laparotomia. Per scoprire il parassita è stato messo a punto un test allergologico Rast. Il Rast test (test di radioallergoassorbimento) è un esame del sangue finalizzato ad identificare possibili allergeni responsabili di allergia nell’uomo), che però non è ancora in commercio. In alternativa per diagnosticare il disturbo spesso ci si basa sulla storia del paziente, che riferisce di aver mangiato pesce o calamari crudi o non ben cotti. La conferma della diagnosi di norma avviene poi come detto per via endoscopica o radiografica, oppure ancora per via chirurgica se il verme si è già annidato nelle pareti dell’apparato digerente.

Come curare questo problema, come prevenirlo ?
La terapia dell’anisakidosi consiste generalmente nella rimozione del parassita dall’organismo, mediante endoscopia o intervento chirurgico. In alcuni casi invece l’infezione guarisce ricorrendo unicamente alla terapia sintomatica, mentre in altri casi, al contrario, può provocare una lieve ostruzione intestinale per la quale può essere necessario l’intervento. Sono stati infine riportati casi di efficacia di una terapia non chirurgica a base di un farmaco speciale, l’albendazolo un enzima che viene utilizzato per esempio in combinazione con interventi chirurgici per la rimozione delle cisti da echinococco nel fegato. Prevenire il disturbo è sempre meglio che curare non trovate? Sufficiente evitare il pesce e i calamari crudi specialmente quelli di dubbia provenienza e non adeguatamente abbattuti nel congelatore o comunque a quelli poco cotti.

Cosa significa poco cotti ?
Il pesce e molluschi per essere cotti bene devono raggiungere una temperatura interna di almeno 63 °C.

Che sinifica adeguatamente abbattuti nel congelatore ?

• Ad almeno -20 °C per 7 giorni (in totale), oppure

• Ad almeno -35 °C fino a solidificazione, poi conservazione ad almeno -35 °C per 15 ore

• Ad almeno -35 °C fino a solidificazione poi conservazione ad almeno -20 °C per 24 ore.

Il pesce ha un valore nutrizionale importante nella nostra alimentazione e, questo articolo non deve e non può limitarne il consumo. Vuole essere solo una guida per mangiarne di qualità ed adeguatamente conservato. Fare attenzione non è mai sbagliato.

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