Foto di ©danielemessina

Lasciando Castelfranco per puntare vero nord, verso le amene colline asolane, l’attenzione è subito catturata in lontananza dalla rocca di Asolo e dal borgo abitato, raccolto attorno al castello. Chi conosce un po’ la storia del territorio, avverte qualcosa di indefinito e misterioso che aleggia nell’aria… Entriamo, infatti, nella patria di un altro mito, che si è andato costruendo nella stessa epoca di quello di Giorgione, tra la fine del XV ed il primo decennio del XVI secolo, ed in un territorio contiguo a quello di Castelfranco Veneto: è il mito della regina Caterina Cornaro (1454 – 1510), una delle grandi donne della Repubblica Veneta, appartenente ad una delle più nobili e potenti famiglie veneziane, i Cornèr o Cornaro. Quanto mai avventurosa la sua vita, di cui ricordiamo alcuni momenti importanti.

L’inizio dell’avventura

È il 30 luglio 1468. A Venezia in Palazzo Ducale, nella sala del Maggior Consiglio, alla presenza del doge e delle massime autorità della Repubblica, si sta svolgendo una fastosa cerimonia nuziale: il matrimonio per procura di Caterina Cornaro con il re di Cipro, rappresentato dal suo ambasciatore Filippo Mistachiel.

Caterina ha appena 14 anni, ma porta una dote ricchissima, 100.000 ducati. Un matrimonio combinato per interessi politici: da un lato quelli del re Giacomo II Lusignano, che può pagare i debiti contratti con la stessa famiglia Cornaro (potenti commercianti) e soprattutto allearsi con Venezia contro i nemici interni ed esterni, e dall’altro lato gli interessi di Venezia, che può mettere le mani su Cipro, importante base commerciale e conteso presidio militare nel Mediterraneo orientale.

Fin dall’inizio le cose non sono semplici. Giacomo II si decide solo dopo 4 anni a mandare un’ambasciata per portare la sua sposa a Cipro. È l’estate del 1472: il doge Nicolò Tron, a bordo del Bucintoro, seguito da una moltitudine di nobili e di popolani, accompagna la diciottenne Caterina al porto di San Nicolò del Lido, da dove salpa per Cipro. Là viene accolta con una grande festa, si unisce in matrimonio con Giacomo II nella cattedrale di San Nicola di Famagosta e viene incoronata a Nicosia “Regina di Cipro, di Gerusalemme e di Armenia” .

L’infelice esperienza del Regno di Cipro

Sembra felice il suo primo approccio con l’isola, ma presto arrivano le disgrazie (morte del marito nel luglio del 1473 e del figlioletto Giacomo l’anno seguente) e le crescenti difficoltà a livello politico: congiure interne, fomentate dal re di Napoli e dai Catalani, limitazione del suo potere (la Serenissima le affianca due consiglieri ed un Provveditore), trame ordite da Carlotta, sorellastra del marito, pressioni per nuovi matrimoni di interesse da parte dei nemici di Venezia. Finché il potente Consiglio dei Dieci decide di annettersi Cipro e di por fine al regno di Caterina, che, convinta a fatica dal fratello Giorgio, alla fine si rassegna ed abbandona l’isola, nel 1489.

Il ritorno forzato a Venezia e la nuova vita ad Asolo

Il 6 giugno 1489 Caterina viene accolta con ogni onore dal Doge e dal popolo veneziano acclamante e ricompensata con la donazione del castello di Asolo, il mantenimento del titolo di Regina di Cipro, Gerusalemme e Armenia ed un appannaggio di 8.000 ducati l’anno.

Ad Asolo l’accoglienza è grandiosa: corteo con podestà in testa e un seguito di illustri asolani, di veneziani e di ciprioti fidati, orazione pubblica di un letterato, omaggio di “bellissimi et preciosi doni”. Nei primi tempi Caterina preferisce soggiornare a Venezia, ma a partire dal 1490 si occupa sempre più del nuovo feudo e della cittadina, finalmente libera da impegni politici e con la possibilità di realizzare progetti artistici e culturali.

Lei ad Asolo intende comportarsi da vera regina e cerca subito di dotarsi di una residenza regale. Due progetti le stanno a cuore: l’intervento sul castello medievale, nel cuore del borgo, e la realizzazione di una sontuosa residenza in pianura, ai piedi del colle, per il soggiorno estivo.

Importante la costruzione a ridosso delle mura interne della sua residenza, denominata “Castello della Regina Cornaro”, in grado di ospitare degnamente la Regina, ma davvero unica, grandiosa ed originale è la struttura del “Barco di Altivole”, divenuta in breve simbolo di lusso, mondanità e cultura.

Ambizioso il progetto, articolato in tre cerchie murarie, presidiate da torri, a racchiudere peschiere, uno splendido giardino ed un grande parco. Nelle cerchie più interne, a ridosso dei muri sono costruiti ambienti abitabili, adibiti al deposito dei raccolti, alle scuderie, all’amministrazione dei beni, ad ospitare soldati e cavalieri e soprattutto alle esigenze della corte di Caterina. In particolare i locali della seconda cinta sono decorati con affreschi, fregi e motivi geometrici che rivestono le pareti.

Purtroppo di tutto il complesso, a causa di incendi, terremoti ed incuria, resta solo l’ala orientale della seconda cinta, in cui possiamo ammirare una splendida loggia ed una serie di decorazioni con figure di santi, di divinità, di animali vari e stemmi di Caterina. Tra gli affreschi, secondo diverse fonti, anche quello attribuito al Giorgione ma purtroppo perduto, che la ritraeva nelle vesti di Artemide, in groppa ad un cavallo bianco, alla caccia di un daino. Una decorazione che riflette il raffinato clima culturale delle corti del tempo e conferisce al complesso un aspetto regale.

La monumentale residenza diventa in breve un eletto ritrovo di artisti, letterati ed uomini di cultura (tra cui Pietro Bembo, Lorenzo Lotto, Giorgione, Tuzio Costanzo) e un sontuoso luogo di delizie e di svago.

Oggetto di altri interventi (ospedale dei Battuti, convento di San Girolamo) e donazioni (pala di San Martino e fonte battesimale del duomo) è la città di Asolo, tanto che Asolo giunge ad identificarsi con Caterina, divenuta ormai un mito ricco di fascino e di mistero, anche grazie a tutta una serie di panegirici ed opere encomiastiche, scritte quando lei è ancora in vita ed ancor più nei secoli successivi. La Regina di Cipro conclude la sua avventurosa esistenza nel 1510, a Venezia, dove si era rifugiata nel corso della guerra di Canbrai, sepolta con gran concorso di folla nella chiesa dei SS. Apostoli e poi traslata in quella di San Salvador, dove tuttora riposa nel grande monumento funebre realizzato da Bernardino Contino.

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