L’eredità di Hans Küng, teologo che preparò il Concilio vaticano secondo e lavoratore di etica mondiale

Per più di mezzo secolo e fino ad oggi è stato considerato il cattolico “luterano” tedesco, così nella percezione di ambienti che contavano dentro e all’ombra del mondo vaticano, oppure là dove si nutrivano in genere sospetti sulla scarsa cattolicità del Centro e Nord Europa. Quanto alla sua immagine, presso ambienti cattolici italiani di altra ispirazione, poteva essere un don Gianni di casa nostra, teologo ispiratore attento al nuovo nelle diverse Cristianità nei vari angoli del Pianeta.

Appartenente a quattro culture

In realtà egli non era proprio un tedesco, come non era neppure un italiano, ma cittadino svizzero, persona dalle sue quattro culture e lingue native, anche italiana dunque, che fu un pezzo importante della sua anima. Stiamo parlando di Hans Küng, scomparso nell’aprile scorso a 93 anni nella sua casa, in un morire sereno che non era solo del suo fisico stanco di anni, ma anche di un’epoca che definitivamente scompare con lui. Ciò segna per molti una fine ancora più sofferta di quella che è semplicemente la morte di un professore che ha scritto una montagna di opere. Scritti vivi e pensati dal di dentro della sua Chiesa con attenzione critica su drammi planetari e sulle chances della modernità. Ma vediamo chi fu questo religioso fedelissimo e inquieto.

Dottore in diverse sapienze e anima pensante

Dr. Dr. lo era diventato passando per studi in università svizzere, tedesche e di Roma, negli anni Cinquanta del dopoguerra. In anni che erano di entusiasmo di ricostruzioni e risurrezione in tutto, anche per studi nuovi con discipline che legavano il suo interesse per la teologia cattolica ad altre scienze, avendo come orizzonte da cristiano svizzero l’apertura sul mondo protestante. Ciò lo radicò da giovanotto di fede nell’amore per il Cristo e la sua Chiesa nella sua storia gloriosa ma anche percorsa da peccati e colpe lungo due millenni. Dunque studiò e maturò da giovane sacerdote una fedeltà rimasta radicale fino sul letto di morte, sempre in parallelo con le inquietudini del ricercatore critico, consapevole che nulla al mondo nasce e cresce perfetto – neppure la Chiesa di Roma, che fu sua gioia e dolore. Dolore? Sì perché questo spirito religioso elvetico si è permesso di servire la sua Chiesa da professore e sacerdote anche con analisi scientifiche coraggiose su “grazia” e “miserie” storiche di tutte le Cristianità, anche di altre Chiese sorelle e distanti. La sua attenzione alla realtà, su secoli addietro e davanti ai suoi occhi, non poteva andare disgiunta dalla sua anima di figlio pensante di un’Europa illuminata di senso critico, di consuetudine alla democrazia, di tutta una civiltà toccata da nuove inquietudini. Ciò costruì in lui il senso del distinguere fra quanto in una Cristianità di venti secoli e tradizioni diverse per culture e confessioni era essenziale e perenne, oppure era solo costrutto storico, era dogma o provvisorietà. Da questa sua formazione si sviluppò in lui un tipo di insegnamento accademico che ritroviamo anche nei suoi libri e nei suoi interventi scritti di indagine sul credo o ciò che non lo è. La sua lettura finì con l’attirare il largo pubblico fatto anche di non credenti ma onesti cercatori di verità. Küng in questo suo successo non mostrò mai lo stile arrogante di certi profeti più o meno onesti, perché accettò con umile sovranità l’essere stato messo da parte come insegnante cattolico. Stiamo parlando di uno dei teologi che prepararono il Concilio vaticano secondo intuito da Papa Giovanni XXIII con il quale brillarono prima, durante e dopo soprattutto teologi del mondo francofono e tedesco.

Il collega, amico e antagonista Joseph Ratzinger

Sessant’anni di suoi studi e insegnamenti, l’azione di presenza fra i protagonisti negli anni a Roma per il Concilio vaticano secondo, si possono riassumere in luoghi e in amicizie collegiali con persone che poi contarono, eccome: insegnò per esempio a Tübingen, Sud di Germania, assieme al collega teologo Joseph Ratzinger che fu papa Benedetto Sedicesimo. Circostanza da cui poi si sviluppò un sofferto romanzo fra amici, tra fedeltà e sospetti di eresia a causa delle visioni diverse fra chi a Roma stava al vertice da tutore di ordine e unità cattolica, e chi invece alla base aveva ben altre attenzioni e inquietudini nella modernità non nostalgica di religione. Questi due ex professori continuarono a rispettarsi amorevolmente, ma erano le cifre di due fedi e due umanità profondamente diverse. Tanto che in formato popolare umoristico in Austria una rivista raccontava allora che uno Svizzero e un Tedesco, peggio se bavarese, parlandosi nella lingua tedesca che hanno in comune non si capiranno mai. E l’effetto spiacevole che ne venne fu che Küng fu radiato dall’insegnamento di teologia cattolica e finì alla periferia, portandosi dietro prestigio in una docenza su Cristianità ed Ecumenismo fra le religioni che l’università di stato creò per lui. Ma ormai egli era figura confermata sulla scena della cultura europea, nelle Americhe e altrove. Mentre si chiariva con opere assai coraggiose su malintesi storici della sua e di altre Chiese: per esempio, come nel cuore del 1800 con l’Unità d’Italia ancora in travaglio, il Concilio vaticano I (1869) a Roma sotto ambigue pressioni politico-culturali si affrettò a fissarsi in dogma l’infallibilità del Papa. E proprio su questo e altro, il teologo interdetto divenne ufficiosamente il critico di tante certezze di dottrina.

Il bene comune dell’umanità

Ma prescindendo dal capitale di scritti dell’amato ex professore e sacerdote, che affascinava allo stesso modo dalla cattedra e nelle aule congressuali, resta in molti il ricordo di lui di come buon pastore, radioso nel celebrare l’Eucaristia con gente: come se volesse abbracciare nel culto il mondo intero con i drammi fra guerra e pace, con l’incubo di sfascio ecologico del pianeta, con lo scandalo delle divisioni fra le diverse Chiese cristiane perfino in conflitto fra loro. Molti fra i suoi antagonisti – che riusciva ad evitare che fossero nemici – non capirono la sua teologia spirituale che non si chiudeva semplicemente nel sacro e cultuale. La fede che predicava e sognava era impegno e preghiera nel sociale, nella storia, per renderli più umani, per dignità e diritti umani uguali per tutti – certo, la sua non era la religione oppio per i popoli della critica di Karl Marx. Quella fede lo portò a lavorare nel concreto per una “morale universale” in cui confluiscono persone e realtà d’ogni fattezza nella creazione nel 1993 di un “Weltethos” una specie di Onu spirituale come istanza planetaria con vincoli etici, di onestà perseguita per tutelare il bene comune di tutta l’umanità. Fondazione questa che lui ha lasciato in eredità. E Francesco di Roma con “Laudato si’” e “Fratelli tutti” ha riconosciuto ufficiosamente che questo professore rigettato nel lontano 1979 da una disciplina dottrinale romana aveva ragione in pressoché tutto. Mentre psicotici potentissimi e dittatori scassano la pace. Anche nella Chiesa Cattolica che Hans Küng amò e servì sotto bel tempo e tempeste fino all’ultimo sospiro con Parkinson, queste lezioni sulla salvezza del Pianeta e non solo delle anime, non sono facili da integrare in dogmi etici.

Dr.Dr. Küng Hans era talvolta in lotta pure in se stesso quando si chiedeva se la Chiesa cattolica con il Vaticano fossero riformabili. Quando sulla base di fatti era tentato di non crederci, imponeva a sé un dogma: essa è riformabile! E la Chiesa cattolica non solo del Nord Europa, al momento lo sta ascoltando.

Hans Küng (Sursee, 1928 - Tubinga, 2021)
“Un’epoca mondiale che diversamente dalle precedenti è plasmata da politica mondiale, tecnologia mondiale, economia mondiale e civilizzazione mondiale, necessita di un’etica mondiale.”

Nella dichiarazione Per un’etica mondiale del 1993, documento scaricabile anche in italiano dal sito della sua Weltethos Stiftung, www.weltethos.org il teologo e presbitero cattolico Hans Küng, scrive:
“C’è un principio, la regola aurea, che da millenni è dato trovare e si è conservato in molte tradizioni religiose ed etiche dell’umanità Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te. O in forma positiva: Fai agli altri quello che vuoi che gli altri facciano a te. Questa dovrebbe essere la norma immutabile, incondizionata, per tutti gli ambienti della vita, per la famiglia e la comunità, per le razze, le nazioni e le religioni. Da questo principio hanno origine quattro ampie antichissime linee direttrici, che si trovano nella maggior parte delle religioni di questo mondo. – Dovere di una cultura della non violenza e del rispetto per ogni vita – Dovere di una cultura della solidarietà e di un ordine economico giusto – Dovere di una cultura della tolleranza e di una vita nella sincerità – Dovere di una cultura della parità dei diritti e della solidarietà fra uomo e donna”.

La Weltethos Stiftung porta avanti l’idea dei valori etici fondamentali da tutti condivisibili sui quali costruire una convivenza pacifica e di rispetto reciproco.

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