Nella foto: Lesbo. Aiuti umanitari ai profughi-©Comunità di Sant’Egidio

“Migration menschenwürdig gestalten” (Dare dignità umana alla migrazione) – Riflessioni sul documento delle Chiese in Germania

Qualcosa come 82 milioni di creature umane, per la metà neonati, bimbi e gioventù sotto i diciotto anni, in fuga da guerre, disastri politici, distruzione di vivibilità in terre castigate da decadenza ecologica e intolleranze fra religioni, sono allo sbando sul pianeta, in cerca di salvataggio verso speranze di sicurezza in un Occidente dove ci sono perfino miliardari che partono per turismo nello spazio. Si tratta qui di creature come-me-e-te, che vogliono almeno mangiare e poter bere, avere un tetto, trovar qualcosa per nutrire neonati e figli, per sopravvivere insomma. E questo non può lasciare indifferente il resto di sette miliardi e oltre di altri civilizzati sulla terra che vivono più o meno meglio, con un qualche grado in più di dignità.

Non è notizia di tempi recenti, ma cosa che prende proporzioni da fare scandalo in un mondo oggigiorno divenuto villaggio interconnesso, dove i confini fra stati e regioni di civiltà sono saltati… o diventano il fronte su cui si combatte e si muore fra impari e infiltrati non graditi.

Il documento propone un’agenda politica

Con questo tormento, qui in Germania – circa 80 milioni di abitanti e un 10 milioni di già venuti da altrove – le Chiese cristiane insieme hanno deciso di spaventarsi e spaventare con un appello su morale e civiltà, di pagine moltissime e ragionate, in un testo del 21 ottobre scorso dal titolo “Migration menschenwürdig gestalten” (testo scaricabile online dal sito www.dbk.de nel menu Publikationen, n.d.r.). Come a dire in soldoni: qui non se ne può più, come civiltà e come cristiani anche con differenze fra di noi, siamo solo da mettere al muro della storia se non ci svegliamo subito.

Quella documentazione non risparmia in autocritica sul grado della nostra cristianità e coinvolge i poli del potere politico, anche di scienza e cultura, nello stigmatizzare lo scontro fra povertà, abbondanza, abbandono di proprie terre madri e matrigne. Non si tratta di un appello patetico semplicemente, o moralistico, ma di un invito chiaro e tondo ad un mea culpa che si faccia agenda politica. Nel formato di appello morale tuttavia, sotto quel titolo, si percorre la collezione in sette capitoli su incroci e connessioni fra benessere come mito inseguito da maggioranze fortunate e la miseria con fame e paure, in accelerazione dal Sud America verso il Nord, dall’Africa sud-sahariana, dall’Asia prossima, il Medioriente, e da quella più lontana. Così che chi legge quelle pagine, proprio tante, si può interrogare in proprio e dentro la sua comunità di fede sul “che fare”. Magari aspettando rivoluzioni nel modo di governare questa Repubblica Federale Tedesca che da settimane promette una nuova politica. Nuova…? Ma la questione riguarda anche la convivenza serena in concreto con il mondo dei poveri già qui e di nuovo arrivo. Facendo i conti con il fatto che qui ci sta già un universo di etnie migranti, di richiedenti asilo o rifugiati che siano, che non è fatto sempre di galantuomini/-donne, gente di raffinata cultura e anime sante nel bisogno.

La politica internazionale finge di non vedere i danni collaterali

Ora, a margine di quel documento maturato da cristiani di Chiese evangeliche, della cattolica e di ortodossi – ecumenicamente – sorgono provocazioni da chiarire. E andiamo per esempi. Esperti coinvolti anche di persona in vicinanza intima con gente in fuga verso la Germania dei sogni descrivono tutto il panorama del fenomeno migrazioni, con illusioni e delusioni di un altro sogno, di nome integrazione qui in Europa. Fanno guardare con altri occhi a sbarchi infiniti con morti, annegati nel Mediterraneo, ai confini europei a Est, dall’Africa in corridoi di fuga in mano a mafie di speculazione con lucro enorme su schiavi moderni. Tutto questo è già storia consolidata che non fa più colpo di scena e segnala trame di politica internazionale che non vedono o fingono di non vedere danni collaterali di cattiva convivenza, forme nuove di guerra fra poveri – cronache nere da quartieri in declino in città del Ruhrgebiet, Berlino, altrove… anticipano il futuro.

Mentre interessi incrociati e conflittuali sono avallati dalle scienze sociali. L’Europa stessa come unione su valori di prestigio è disunita, in panico interno con le proprie popolazioni, tutt’altro che pronte all’assalto di chi arriva povero fuggiasco. Ovviamente ci sono per davvero “cattivi” infiltrati come terroristi e delinquenti da culture arcaiche. E non si dimentichi la sfida storica di Islam nelle sue infinite varianti che fluisce dentro strutture civili europee.

L’intolleranza reattiva frutto maturo di fallimenti della classe politica

Un capitolo molto tedesco nei fenomeni di non riuscita integrazione fra chi arriva e chi è qui di diritto in casa sua, è quello dell’intolleranza reattiva violenta al nuovo che ai suoi estremi si lascia chiamare “fascista” e “razzista”. Fino al punto che un partito giovane che si pone “für Deutschland” è il frutto maturo di fallimenti e sonno sugli allori della classe politica non vedente in questo paese.

E una conferma l’abbiamo sotto gli occhi in queste settimane: poco o nulla trapela dalle manovre per coalizione fra i tre partiti in cartello su sicurezza nazionale sulle strade e strutture civili con disagio di massa. Sia permesso di dire che questo è un lascito tragico sotto il tappeto di una classe politica che si fa forte per grandi temi in trend e abbandona il campo al disagio sociale dopo lo storico “wir schaffen es”. Per non parlare delle conferme di ciò che ci arrivano dalle cronache nere di accoltellamenti, ormai costume fra nuove generazioni non integrate in questa civiltà. Punta di iceberg sul resto.

È evidente come una borghesia del benessere mentale e della nuova religione della salvezza ecologica del pianeta potrebbero svegliarsi presto con insurrezioni popolari alla francese.

Appello agli attori politici e dell’economia

Qui il documento delle Chiese insieme fa appello morale a singoli cristiani ancora ciechi davanti al bisogno altrui e agli attori politici e di un’economia che produce povertà e conflitti incrociati qui e altrove. Qui scrive una persona giunta in una Germania di quarant’anni fa, poco riconoscibile oggi, e che vive nel disagio in zona d’ombra di immigrazione dove la cosiddetta Integration di arrivati, come mito e facile illusione è fallita: è lecito negarlo ma a dirlo ci sono già da tempo montagne di studi e libri su popolazioni sudeuropee, dai Balcani, dall’area mediorientale e nordafricana giunte qui già da decenni. E su questi tabù politici e altro, il gran documento ecumenico non rileva il gap fra un certo romanticismo etico di ammonimento alle nazioni e la realtà che resta un cantiere tutto aperto su verità in dialettica fra loro.


Dare dignità umana alla migrazione (Migration menschenwürdig gestalten)

Udep

La politica non è separabile dall’etica e dietro a ogni decisione politica c’è un orizzonte etico di riferimento (Marianne Heimbach-Steins, docente all’università di Münster e membro del gruppo di lavoro che ha elaborato il testo). La conferenza episcopale tedesca (DBK) e la chiesa evangelica (EDK) hanno pubblicato un lavoro comune sulla migrazione al quale ha partecipato anche la ACK, la Arbeitsgemeinschaft Christlicher Kirchen. Il testo “Migration menschenwürdig gestalten”, frutto di un gruppo di lavoro di differenti background culturali e religiosi, affronta la migrazione alla luce della bussola orientativa dell’etica sociale cristiana. Il testo comune precedente risale al 1997.

Da allora sono cambiate molte cose, viviamo emergenze impensabili due decenni fa e le chiese hanno sentito la necessità di una attualizzazione dell’analisi della realtà migratoria. Allora le istituzioni europee stavano lavorando alla costruzione di una politica comune per i rifugiati, oggi invece l’Europa si sta allontanando da quei valori, ha detto Hannes Schammann dell’università Hildesheim e coautore. Il vicepresidente della DBK, vescovo di Osnabrück Franz-Josef Bode, e il presidente del Consiglio della chiesa evangelica, Heinrich Bedford-Strohm, hanno ricordato le radici bibliche dell’etica sociale della chiesa cristiana. “La Bibbia è in gran parte letteratura di migrazione”, ha detto Bode che ha proseguito sottolineando che la Chiesa ha a che fare sì con la migrazione, l’esilio, la fuga, ma anche con il superamento del risentimento xenofobo e la riuscita di una convivenza nella diversità. L’ethos della carità, dell’amore per il prossimo e per lo straniero che ci viene da Cristo (Heinrich Bedford-Strohm) implicano la responsabilità per il bene comune del mondo intero.

“Migration menschenwürdig gestalten” riserva due capitoli finali propositivi, il sesto e il settimo, rispettivamente all’azione politica e giuridica e all’azione della chiesa nella società della migrazione. La Chiesa oltre al soccorso caritativo si impegna nel superamento di condizioni di lavoro non dignitose, nella salvaguardia dei diritti all’istruzione, della salute, nella protezione degli individui più deboli, bambini e donne. Le chiese tedesche nell’orizzonte della riflessione teologica e dell‘esperienza pastorale si sentono chiamate a essere attori nel dibattito politico sulla migrazione.

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