Se non si contrasterà la speculazione in cui purtroppo esistono troppi varchi di illegalità, l’alimentazione della famiglia media europea diverrà sempre più ostaggio della criminalità organizzata e, con i controlli al minimo e facilmente addomesticabili (è solo questione di prezzo), sarà ancora piùsemplice per le mafie internazionali introdurre e commercializzare materie prime e prodotti finiti adulterati, nocivi e privi di ogni controllo cautelativo.
Prendiamo il “caso Cina”: è il Paese che ha ricevuto dall’U.E. il maggior numero di notifiche, ben 130.000 nel 2010 per la scarsa sicurezza dei suoi prodotti alimentari risultati irregolari, contaminati da tossine, coloranti e additivi come: i nitriti per il latte, la calce ed altri agenti sbiancanti per le farine. A proposito di farine, proprio queste sono le più apprezzate dalla criminalità organizzata; la farina russa poi, notoriamente pregna di sostanze cancerogene, circola impunemente, come l’ amido di mais, utile per abbreviare i tempi di lavorazione ed abbattere i prezzi di vendita e altre porcherie che sistematicamente sfuggono all’allerta del sistema europeo di controllo: il Rasff.
È inutile stupirsi, ormai la mafia siede a tavola con noi e ci offre il suo disgustoso e puzzolente menù: dal caffè miscelato con materie di scarto, al pane cotto utilizzando il legno delle vecchie casse da morto, alla pasta derivante da farine contaminate; al burro, causa di cirrosi epatiche; dalla carne di animali malati e dopati venduti come sani e macellati clandestinamente; al pesce, più volte ricongelato e spacciato per varietà pregiata; ai mitili tossici con presenza di coliformi fecali superiore ai limiti consentiti; dalla frutta ai funghi coi vermi, agli ortaggi scaduti ed ai gelati; dall’ ’olio, al vino ed agli aceti balsamici; dai prodotti caseari, alla mozzarella alla diossina.
Non si salva più nulla e le agromafie impongono di tutto, fin anche la vendita dell‘ acqua di mare del Golfo di Napoli, commercializzata come acqua potabile; tutto serve per fare soldi e chi se ne frega delle conseguenze! Per la maggior parte dei consumatori ”ignoranti” (dal verbo ignorare: non conoscere) invece, la decisione più istintiva è: “vado al Tarocco Market dove si risparmia: un litro di olio italiano (?) extra vergine d’oliva, a soli 2 euro, una di vino piemontese meno di euro 1,90”. Affermazioni assai comuni per quel target di consumatori; ma, non giustificabile se a pronunciarla sono, come accade, gli “operatori” della gastronomia che invece non dovrebbero ”ignorare” che la serietà ed il prestigio del propria attività parte proprio dalla scelta delle materie prime di qualità!
Divagazioni a parte, siamo sotto attacco scientificamente sferrato all’ agroalimentare e la Germania, al pari dell’ Italia, non n’è immune! Ogni giorno che passa, è a rischio la sicurezza alimentare del cibo e della salute; lo sappiamo tutti ma imperterriti acquistiamo prodotti a prezzi illogici, solo perché convenienti; ma al medesimo prezzo, con un briciolo di incoscienza, svendiamo la nostra salute! A parte quei commercianti geneticamente disonesti e criminali, i più sono costretti ad acquistare prodotti e marchi in cambio di una presunta e truffaldina “esclusività”; così, con i prezzi più abbordabili, si eliminano i concorrenti e ci si crea un regime di monopolio dove a pagare sono i consumatori; no, non è questione di gusti e nemmeno di convenienza, l’acquisto di un prodotto! è solo uno sporco affare, l’ennesimo di cui siamo complici.
La definirei “agromafia” quella che penalizza ed umilia i produttori che rispettano le leggi, i contratti e il lavoro: gli “onesti” sono le prime vittime di questa e altre distorsioni della filiera alimentare mentre noi tutti invece, siamo le vittime impotenti (ma fin troppo indolenti) rassegnate a subire i crimini ambientali in Italia, in Germania come in altri Paesi; siamo succubi di fantasiose frodi e contraffazioni alimentari di marchi ed etichette, che colpiscono il “made in Italy” e che fruttano ai Signori dell’ “agromafia”, un giro di danaro considerevole, tale da giustificarne gli illeciti senza incorrere in rischi eccessivi; eppure, nonostante se ne parli, cresce l’interesse per i prodotti taroccati.
Contro le frodi alimentari e le contraffazioni di marchi ed etichette, azzarderei alcune proposte, quali: inserire nei codici penali dei Paesi dell’ Ue i delitti ambientali con pene assai rilevanti; Tuttavia, non appartenendo alla casta dei politici, credo che più che una radicale opera di repressione, (sempre evocata sotto elezioni), occorra un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente i giovani, i più adatti a captare quel profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi, della complicità passiva.
Per misurare l’assurdità dei meccanismi di funzionamento del settore-vetrina del “made in Italy”, sono partito da Vittoria (Ragusa) in Sicilia, capitale del pomodorino ciliegino (la versione senza marchio del più celebre Pachino, per intenderci). Ho ripercorso l’intero cammino del “pomodorino” da quelle campagne ai mercati ortofrutticoli del Centro-Sud (quello di Fondi è il più grande), fino alla vendita finale nei “mega-iper” delle nostre città: ciò mi ha consentito di capire chi sta mettendo le mani nel piatto in cui mangiamo: infiltrazioni mafiose, buchi e truffe nei controlli, frodi all’ombra del clientelismo politico e situazioni incontrollabili di rischio per l’ambiente e la salute, etc… sono all’ordine del giorno.
Per esempio sulla vaschetta-standard da mezzo chilo, l’etichetta del “pomodorino” documenta chiaramente che il produttore è un agricoltore siciliano; il contenitore in plastica con l’ortaggio fresco però, risulta confezionato da un grossista di Fondi, nel Lazio; quindi, per passare dai campi di Vittoria ad in supermercato di quella stessa città, i pomodorini, percorrono un viaggio di andata e ritorno di 1.636 Km! Assurdo? No, semplicemente perverso! Mi dicono che i soldi “pesanti” nell’ortofrutta, si fanno tra ottobre e maggio, quando l’Europa è improduttiva: pomodori e peperoni, melanzane e zucchine sono coltivati da una miriade di micro-imprese paragonabili ad una specie d’indotto Fiat, che occupano sbandati braccianti extra-comunitari (spesso irregolari), sottopagati, sfruttati e troppo spesso schiavizzati dai “Caporali”.
"Se vogliono vendervi pomodori biologici in dicembre , significa che vi stanno truffando ….", perentorio, un responsabile tecnico di una delle maggiori imprese di Vittoria, che esporta “ciliegini” anche in Germania e Gran Bretagna per oltre un milione di euro al mese; ovviamente anonimo. "La nostra è una chimica sicura; se non controllassimo la scadenza di tutti pesticidi non potremmo vendere nei supermercati inglesi, tedeschi e del nord- Europa…." …affermazione sacrosanta, tuttavia meritevole di verifica al pari di quelle per comprendere perché 1 kg. di pomodori al produttore costa 0,23 centesimi e al mercato 3,00 euro?