Conobbi una ragazza tedesca nel 2005, a Milano per lavoro. Decidiamo di fare un figlio assieme. Non appena rimane incinta ha dei dubbi sulla nostra relazione … il bambino nasce nel 2007 in Germania, lo riconosco all’anagrafe, ma pochi mesi dopo la madre decide che non è più il caso di frequentarci. Battezziamo comunque il bambino in Italia (forse perché qui è gratuito) quindi ritorna in Germania, promettendomi visite e contatti col piccolo.
L’avrei ospitata nella casa che avevo acquistato per tutti e tre. Pochi mesi dopo le cose degenerano. Iniziano richieste economiche sempre più esose, e siccome non desisto mi dice “rinuncia al bambino e non mi darai più nulla”, con testimoni. Intanto cambia il cognome al piccolo senza avvisarmi. Aveva il doppio cognome, ora solo il suo. Al termine di una visita del 2008 la madre contatta una psicologa a 600 km di distanza, che solo via telefono giudica impossibile continuare le visite con mio figlio, perché “è stressato e querulo”.
Mi muovo immediatamente ma solo dopo un processo in due fasi durato un anno mi viene concesso di vedere mio figlio “da mezz’ora ad un’ora, sotto controllo”. In aula manca l’interprete, non mi viene permesso di parlare, ascolto quanto mi dice il mio avvocato bilingue. Una perizia redatta senza sentirmi, senza date o testimonianze ribadisce che “bisognerà aspettare che il piccolo abbia sei anni per poter rispondere NO alle richieste del padre”. Il Si non è previsto.
Nonostante queste imposizioni vedo mio figlio a casa della nonna materna per tutto il 2010 e 2011. La madre non vuole più vedermi, si sposa ed il marito diventa, per il giudice tedesco, il “Padre sociale”, che ha i miei diritti per imposizione della madre. Non so dove abita mio figlio, non posso sentirlo a Natale o compleanno. Non ho sue foto, la madre non ottempera a quel poco scritto sul verbale del processo, che in entrambe i casi sarà diverso da quanto discusso in aula. Nonostante questo, il bimbo gioca con me. Ho registrazioni dove mi chiede di non andare via (mi controllano i minuti), dove dice “la mamma ha detto di non abbracciarti”.
Mi viene vietato di farmi chiamare papà. Dopo due anni di questa vita riesco nel (…) a chiamare una “assistente sociale” che giudica positivo il rapporto così costruito, ma che il bambino soffre per il mancato prolungamento e che la madre non ottempera ai suoi doveri. Nel processo (…) ascoltano il bambino affermare di essere contento di vedermi e di giocare con me. Ma mi impongono visite controllate e perizia psichiatrica mia e del bimbo. Siccome la madre “presume” un rapimento (senza prove se non le sue “sensazioni” e dichiarazioni giurate, dove io avrei minacciato lei “che le avrei mandato 3 napoletani per farle cambiare idea. Poi parlai di mafia”) devo vederlo consegnando passaporto e biglietto aereo. Non posso parlare in italiano.
Mia madre, ipovedente e con cancro terminale non può più vedere suo nipote, come altri della famiglia italiana, completamente esclusa. Il bambino mi abbraccia nonostante la madre sia presente agli incontri, mentre le era stato vietato. Nei successivi incontri inizia ad insultarmi, a dire che io lo vorrei rapire e portarlo in Italia, “come io gli avrei detto”. Io non parlo tedesco, ed un bimbo di 4 anni sa dov’è l’Italia? Soffre, mentre la madre gioisce del mancato contatto e si rifiuta di aiutare l’incontro come viene invece richiestole (tutto scritto e documentato).
Devo interrompere le visite ed aspettare il processo il (…). Qui leggerò la perizia: 90 pagine, solo in tedesco, dove tra l’altro si legge che “il bambino ha già una famiglia completa quindi non è necessario che intrattenga contatti con il padre biologico”, più le dichiarazioni della madre, false, senza che io possa contestarle con prove evidenti (testimonianze come il prete che battezzò il piccolo, oppure i biglietti aerei, da me conservati). Il giudice vuole un accordo, che significa “o questo o nulla”.
Siccome il bambino ha l’asilo in lingua inglese (non certo obbligatori), un fratellino ed un trasloco appena effettuato (in periodo sospetto!) allora può rinunciare solamente a me: suo padre. Avrò sue notizie ogni sei settimane per un anno (nel verbale si aggiungerà un “circa” ed un “almeno”) attraverso un intermediario, psicologo, che “parlerà a me di mio figlio e viceversa”. Provo a contattare lo psicologo assegnato, esperto di patologia da gioco online che mi risponde solo a tratti. Vede mio figlio 3 volte in 7 mesi (quindi non ogni 6 settimane!), mi comunica che mangia il gelato, “galleggia“ (presumo significhi che nuoti), che aspetta la neve per la slitta ed è impaziente per Babbo Natale.
Chiedo di incontrarci per conoscermi meglio e descrivermi al bambino. Nega ogni incontro e si definisce “solamente un postino” (testuale nel rapporto). Il mio avvocato (il settimo: tanti ne ho cambiati) parla con il giudice contestando l’inutilità di questo “relatore” ma per tutta risposta il questi asserisce che gli incontri sono frequenti, e che servono solo a ricordarmi mio figlio. Non il contrario come invece è scritto nel verbale del processo.
Nel frattempo rischio il processo in contumacia: pare che non siano arrivati i miei documenti per calcolare il mantenimento di mio figlio. Li spedii per tempo, presumo siano andati smarriti, ma non mi venne mai comunicato nulla. Richiedo la traduzione in italiano di quanto inviatomi (tutto sempre e solo in tedesco), ma mi viene negato. Siccome ho un figlio in Germania “Devo imparare il tedesco urgentemente” (testuale nel verbale). Ho perso il lavoro e la salute per lo stress.
Ma mi tocca pagare comunque secondo le leggi tedesche, senza poter valutare le differenze con l’Italia (“in Germania si paga anche se non si lavora”). Non interessano le mie documentazioni: sono straniero, in Germania è così. Devo pagare, parlare tedesco, dimenticarmi di mio figlio. Che il (…) compirà 7 anni e che avrò visto negli ultimi 5 quasi 65 (sessantacinque) ore. Ho una casa: devo venderla. Non importa cosa la madre guadagna o che il padre sia un altro.
Non so nulla di mio figlio, solo l’IBAN della madre. Sono stato a Bruxelles a presentare una petizione: tanti sono i casi in Italia ed Europa. Ho chiesto al Ministero degli Esteri, al Ministero di Giustizia. Per quattro volte sono andato in TV, tanto la mia storia è incredibile. Ma rischio la galera. Anche mio figlio è cittadino italiano. Perché siamo soli?