Signor Berlusconi, sono un italiano che vive all’estero da ormai cinquant’anni, e, dopo un biennio passato in Svizzera, da quasi altrettanto lavoro in Germania, nei pressi di Amburgo. Da trent’anni, sono concessionario di automobili anche per la Fiat e per la Lancia. Sono sempre stato contento di promuovere all’estero prodotti italiani e li ho sempre sostenuti anche nei momenti, ce ne sono stati, di difficoltà.
Voglio dire, con questo, che il mio lavoro non è stato per me soltanto un modo per guadagnarsi da vivere, ma, lo dico senza retorica né stupidi nazionalismi, anche una fonte di personale compiacimento. L’esistenza, oggi, di una moneta unica e la tendenza ad una vera e propria unificazione politica dell’Europa mi danno soddisfazione, non fosse altro che per aver vissuto la maggior parte della mia vita in un paese diverso dall’Italia, ma ancora oggi e in questa situazione continuo a pensare con piacere al contributo dell’industria italiana.
Creda, signor Presidente, non sono così ingenuo da non sapere che quanto sto per dirle non è il problema principale del momento, né per l’Italia né per gli altri Paesi europei. Ma tutte le volte che La vedo in televisione non posso fare a meno di chiedermi perché mai, data la posizione che occupa, nei suoi spostamenti ufficiali vada in giro con una automobile non italiana. Auguri di buon lavoro.