Sarrazin con il suo libro ha sollevato grandi proteste. Egli ha davvero semplificato troppo la questione?
Sarrazin conosce la questione dell’integrazione più o meno come io mi intendo di finanze, e cioè quello che ciascuno può leggere sui giornali. Il laico però tende ad accettare modelli semplici, perché gli sfugge la complessità del problema. In Sarrazin, uno di questi modelli è la tesi della intelligenza ereditaria, che sarebbe concentrata nelle classi sociali superiori, mentre a suo parere le classi sociali inferiori sarebbero il regno dei non intelligenti. E visto che le classi inferiori si moltiplicano di più, la popolazione tedesca diventerebbe sempre più stupida. Di fatto questa non è una tesi fortemente conservatrice, ma una semantica piattamente nazionalistico- elitaria, che ha portato nella storia tedesca già a orribili conseguenze.
Non sono buoni allora i dati statistici che Sarrazin allega?
I dati offrono sempre estratti, informazioni singole o testimonianze, quindi non possono essere generalizzati. Ad esempio i dati sul successo scolastico senza un adeguato supporto informativo sulla situazione sociale non portano ad informazioni attendibili. Inoltre il successo scolastico nel passaggio delle generazioni non viene preso in considerazione. Il passaggio da un contadino della provincia anatolica che non sa leggere e scrivere, al nipote con la maturità tedesca è più duro che non il passaggio da un lavoratore tedesco dell’industria con la scuola elementare al nipote con l’esame di maturità. Infine Sarrazin stesso non conosce bene i dati che riporta. Non sa ad esempio che gli italiani, nel campo dell’insuccesso scolastico sono ancora peggio dei turchi.
E come devono essere valutati i suoi dati sullo sviluppo della popolazione?
A Sarrazin sfugge il fatto che la Germania, in senso statistico, da tempo non è più terra di immigrazione, bensì è in fase di bilanciamento migratorio e, anzi, denuncia chiare perdite. Per questo le sue previsioni del futuro sono fortemente deboli già nelle premesse. Inoltre, sul piano della popolazione, sono sbagliati i modelli di calcolo del futuro che vanno oltre i cento anni. Chi avesse fatto calcoli del genere nell’anno 1910, cioè cento anni fa, non avrebbe potuto sapere nulla delle enormi quote di mortalità nel corso di due guerre mondiali, delle perdite territoriali all’Est, degli esodi di popolazione, della pillola anticoncezionale eccetera.
Sarrazin è convinto che i lavoratori musulmani non siano nella condizione di gestire sistemi moderni. Ha ragione?
No. Le differenze hanno fondamentalmente a che fare con il piano sociale, con la formazione, in particolare professionale, non con la fede religiosa. Tra gli uomini senza passato migratorio, gli occupati sono il 50,3%, e il 37, 5% delle donne. Tra i turchi, gli uomini occupati sono il 45,1%, e il 23,5% delle donne. A ciò si aggunge una microccupazione nelle piccole imprese familiari che non compare nelle statistiche. Quindi i musulmani sono altrettanto bene (o male) integrati nel mondo del lavoro quanto lo sono gli altri migranti.
Sarrazin ritiene inoltre che i diversi gruppi di migranti si integrano diversamente nella società tedesca. Si puo vedere effettivamente questo fenomeno?
Gruppi di migranti in quanto tali non ce ne sono. Piuttosto all’interno dei gruppi si formano diversi milieu, che sono rintracciabili anche nella popolazione senza passato migratorio. Gli scolari che vengono da famiglie turche hanno quote si successo scolastico più basse rispetto alla popolazione senza passato migratorio, ma questo vale anche per altri gruppi di migranti, come gli italiani, che nelle quote si successo scolastico stanno appunto perfino peggio. Peraltro nei gruppi migratori vi sono anche persone molto motivate al successo.
I migranti altamente qualificati sono anche un modello per i loro connazionali?
Certamente. Nel settore della formazione scolastica facciamo eccellenti esperienze. Perchè nel mondo del lavoro dovrebbe essere diverso?
Secondo il rapporto sulle migrazioni del governo federale, di fronte ad una piccola elite di migranti altamente qualificati c’è un gran numero di giovani che hanno poche chances nel mercato del lavoro. Cosa si può fare per fermare il trend?
Tra i nuovi immigrati si trovano sempre più persone ad alta qualificazione e professionisti, anche se il loro numero complessivo rimane ridotto. Nel 2009 sono arrivati dal Terzo mondo 12.000 persone ad alta qualificazione. Questo è un nemero destinato a crescere.
E gli altri?
Il nostro sitema formativo deve adeguarsi meglio alle sfide interculturali. Peraltro le persone qualificate potrebbero anche non emigrare, ma con adeguati mezzi di sostegno potrebbero essere impiegati nel loro territorio.
Di chi è a suo avviso la responsabilità di questa miseria nel campo dell’integrazione?
Io non vedo miseria nel campo dell’integrazione. L’integrazione in Germania procede con molto più successo di quantto ne dicano i disintegratori dei media. E ciò anche in confronto con altre nazioni. Le eccezioni confermano la regola. Per ciò che riguarda l’integrazione, negli ultimi dieci anni è successo molto di più che nei precedenti quaranta. La popolazione con origini migratorie nata in Germania mostra oggi, nella seconda e nella terza generazione, di avere fatto notevoli passi avanti rispetto alla prima generazione, sia nel campo della formazione, sia nel campo del mercato del lavoro. Ciò si osserva in tutti i gruppi di migranti.