Premesso che si può condividere in toto, in parte o per niente la legge sul federalismo fiscale municipale in questi giorni in discussione in Parlamento, il rischio che ci preoccupa moltissimo è che essa possa determinare nell’arco di un paio d’anni un forte aumento della tassazione delle case possedute dai non residenti fino addirittura a un possibile raddoppio.
È ciò che si deduce da una attenta lettura dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale che in questi giorni il ministro Calderoli – dopo aver apportato alcune modifiche al testo originario – sta cercando di far digerire, ancora non sappiamo con quale esito, alle forze di opposizione e ai Comuni italiani.
Ma procediamo con ordine. In data 9 novembre 2010 è stato assegnato alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale ed alle Commissioni bilancio delle due Camere – che dovranno esprimere il proprio parere entro la prima settimana di febbraio 2011 – lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Il provvedimento dispone la devoluzione temporanea ai Comuni del gettito di numerosi tributi erariali, istituisce una cedolare secca sugli affitti ad uso abitativo e prevede, a regime (forse a partire dal 2014), un nuovo assetto tra le competenze dello Stato e degli enti locali nel settore della fiscalità territoriale ed immobiliare.
Ed è quest’ultima parte che interessa gli italiani all’estero. Infatti il Decreto istituisce all’articolo 4 una nuova imposta unificata, “l’imposta municipale propria”, che sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito per le persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari, l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e infine l’imposta comunale sugli immobili detta Ici che verrà appunto abolita (e con essa anche le relative agevolazioni, come la detrazione di base, di cui attualmente beneficiano i proprietari di case in Italia residenti all’estero).
Chi pagherà questa nuova imposta municipale unificata? Lo stesso articolo 4 ci informa che essa non si applica al possesso dell’abitazione principale nella quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente, e si applica invece esclusivamente al possesso di immobili diversi dall’abitazione principale (e cioè soprattutto alle seconde case) e forse al trasferimento di immobili. Ora il problema è che tra i proprietari di immobili non costituenti abitazione principale rientrano i non residenti e quindi anche i residenti all’estero, così come chiarito con una oramai famosa circolare dall’Agenzia delle Entrate.
Purtroppo non ci vuole molto a immaginare che considerata la progressiva erosione della base imponibile (oltre all’esenzione totale delle prime case verranno abolite tutte quelle tasse e quelle imposte erariali sugli immobili che ho elencato in premessa e che valgono oggi fino a 3 miliardi di euro) e in più, sembra, non verranno tassate le attività commerciali degli enti non commerciali (come quelle della Chiesa), il grosso del prelievo e gli unici margini di autonomia impositiva concessi dal decreto “Calderoli” ai Comuni graveranno proprio sulle seconde case e sui non residenti.
Come ha recentemente osservato in un suo studio l’economista Tito Boeri, il decreto non offre numeri, ma nelle simulazioni si può ragionare su di un raddoppio dell’attuale aliquota Ici sulle seconde case e sugli uffici commerciali che passerebbe dall’attuale media del 5-6 per mille fino al 12 per mille, un vero e proprio salasso. Per avere un’idea dell’entità del prelievo si calcola che il proprietario di una seconda casa, anche se residente all’estero, del valore di circa 250.000 euro potrà versare fino a 3.000 euro all’anno a un politico locale che non può eleggere. Siamo al trionfo – cito Boeri – della taxation without representation.