La compravendita dei voti non è l’unico modo per falsare le elezioni all’estero. Con un meccanismo in cui per votare bisogna soltanto spedire per posta semplice le proprie schede, i trucchi sono molteplici. Un ruolo centrale nelle campagne elettorali dei candidati della circoscrizione Europa lo svolgono i patronati. Si tratta di strutture presenti in maniera capillare in tutti i Paesi europei e non solo, vengono finanziate con soldi pubblici attraverso un fondo specifico presso gli istituti di previdenza, ma sono gestiti da sindacati e associazioni: la Cgil, piuttosto che le Acli o la Cisl.
Il loro compito è quello di svolgere attività a sostegno dei cittadini italiani. Specialmente all’estero sono tantissime le persone, soprattutto anziane, che si rivolgono ai loro servizi per essere aiutate nelle più disparate pratiche burocratiche. E tutti questi cittadini sono solitamente registrati nei database degli istituti. Per questo i patronati rappresentano un importante bacino di voti e sono alle volte utilizzati come centri di propaganda elettorale. Una pratica illegale, in quanto utilizzare i fondi pubblici per scopi diversi da quelli per cui sono stati stanziati (in questo caso fare propaganda per partiti o persone) è un reato.
Le denunce sul loro coinvolgimento diretto nelle elezioni sono tante e abbiamo potuto verificarne la fondatezza. Durante gli ultimi giorni della campagna elettorale abbiamo fatto alcune telefonate ai patronati del Belgio fingendoci un emigrante un po’ ingenuo in cerca di suggerimenti di voto. In un caso, quello del patronato Inas-Cisl di Liegi, città belga con altissima percentuale di italiani, la risposta alla nostra richiesta di ‘aiuto’ è stata tanto semplice quanto sconcertante. Dopo alcuni iniziali tentennamenti la donna al telefono ci ha detto: “Ci porti la busta qui, ce la lasci e facciamo tutto noi”. “Ma come, vi devo portare la scheda elettorale?” abbiamo chiesto, “No no, tutta la busta completa come l’hai ricevuta, poi verrà una persona che di solito si occupa di queste cose e vedremo noi. Senza nessun problema”. Beh, un problema ci sarebbe invece, e pure bello grosso: votare al posto di qualcun altro è un reato, e come se non bastasse un reato che viene commesso in una struttura che dipende dallo Stato italiano.
È chiaro che non è possibile generalizzare e che sicuramente la maggior parte dei patronati si comporta in maniera corretta e legale, non a caso telefonando a quelli del Belgio da tutti (o quasi) ci è arrivata la stessa risposta: “Noi non possiamo fare propaganda elettorale”. Certo non è possibile dire quanti ci abbiano risposto in questo modo perché onesti, e quanti perché semplicemente non si sono fidati di parlare con uno sconosciuto al telefono di certe cose. Fatto sta che in ben due casi abbiamo ricevuto chiare e precise indicazioni di voto per partito e candidati.
Sì perché la legge Tremaglia per il voto all’estero permette, a differenza del Porcellum, di scegliere i 12 deputati e 6 senatori con le preferenze e senza liste bloccate. Al patronato Inca (che dipende dalla Cgil), sempre di Liegi, alla domanda ‘volevo sapere se voi portate qualche candidato’, la risposta è stata chiara e immediata: “Noi portiamo il Partito Democratico, al Senato Carozza e alla Camera Garavini e Cerasani”. Stessa risposta al patronato Inca di La Louvière, altra cittadina con alta percentuale di italiani, “Pd, Carozza, Garavini e Cerasani”. Qui addirittura ci hanno fatto lo spelling “Carozza, con una R e due Z” vedessi mai che sbagliavamo a votare. Però poi quando abbiamo chiesto se questi fossero i candidati del patronato e se potevano aiutarci a votare ci è stato risposto: “Nono, questi ve li suggerisco io a titolo personale, il patronato non può, poi dovete decidere voi”. Resta da capire perché questo impiegato si sia sentito in diritto di darci “suggerimenti” su chi votare (seppur “a titolo personale”) visto che noi avevamo chiamato l’istituto e non certo casa sua.
Se questi candidati siano o meno a conoscenza della propaganda irregolare che viene fatta a loro nome noi non possiamo dirlo. Quello che possiamo dire però è che due di loro conoscono molto bene il mondo dei patronati. Laura Garavini, deputata uscente del Pd e fresca rieletta, la più votata con 37.813 preferenze della circoscrizione Europa, come spiega lei stessa sul suo sito, nel 2000 è diventata responsabile di Patronato a Berlino, e nel 2004 anche dirigente Uim, l’Unione italiani nel mondo. Elio Carozza è stato invece presidente dell’Inca Belgio dal 2001 al dicembre 2012, quando si è candidato alle elezioni. La stessa Inca che per ben due volte ci ha fatto il suo nome, con tanto di spelling.(eunews)
Risposta. Riceviamo la nota di agenzia da due tra i nostri lettori più esigenti: Rosario Cambiano di Colonia e Pier Luigi Sotgiu da Monaco, i quali, giustamente, spesso ci sfidano a superare tabù e dimenticanze che, purtroppo, tutti a questo mondo abbiamo. Personalmente, ammetto che le sfide mi divertono (mi infastidiscono soltanto quando sono offensive o strampalate. In quel caso non le pubblichiamo e basta!).
Vediamo quindi di cosa si tratta. Una piccola agenzia italiana a Bruxelles (l’ho definita nel titolo di second’ordine, non per via della grandezza, bensì per via della maniera di fare inchieste!) vuole vederci chiaro sulla diceria secondo la quale i patronati sarebbero centri organizzati di raccolta dei voti. Fin qua va tutto benissimo. E però un’inchiesta bisogna anche saperla fare. Ora io non mi sognerei neanche di notte di fare l’avvocato difensore dei patronati. I quali, come tutte le organizzazioni di questo mondo: i sindacati, i consolati, gli enti, le associazioni, fino alle comunità cattoliche, sono fatti talvolta di furbi, ma spesso di persone per bene. Detto questo, veniamo all’inchiesta, ed ecco che salta fuori che praticamente è senza numeri.
Dice il testo: Le denunce sul loro (dei patronati) coinvolgimento diretto nelle elezioni sono tante… Tante, ma quante? E che tipo di denunce? Verbali? Scritte? Giudiziarie? O sono piuttosto voci di corridoio, cosiddetti rumors? Prosegue il testo: abbiamo potuto verificarne la fondatezza. Ah bene, andiamo a vedere allora la verifica della fondatezza. Per verificare, l’autore dell’inchiesta ha fatto alcune telefonate. Alcune? Ma quante? 10? 20? 50? 100? Sarebbe bene saperlo perché lo stesso articolista, subito dopo, ci spiega che dalle alcune telefonate è risulatao che 3 patronati hanno tenuto un comportamento scorretto e punibile. Allora, se sono tre patronati su 10, la percentuale è relativamente preoccupante; se sono tre su 50, la questione è già diversa.
Il dilemma ci rimane, anche se l’articolista ci aiuta dicendo „È chiaro che non è possibile generalizzare e che sicuramente la maggior parte dei patronati si comporta in maniera corretta e legale, non a caso telefonando a quelli del Belgio da tutti (o quasi) ci è arrivata la stessa risposta: “Noi non possiamo fare propaganda elettorale” Ma allora ci prendete per i fondelli. Ci fate un titolone del tipo „telefonata shock ecc.“ e poi alla fine „da quasi tutti è arrivata una risposta corretta?“ Ma prendetevela piuttosto con quei tre patronati che hanno sbagliato e andate a denunciarli, altrimenti siete correi: l’Inas e l’Inca di Liegi e l’Inca di La louvriere. Ma non prendetevela con tutta la categoria! Il fatto è che va di moda quel giornalismo sculettante che cerca il protagonismo a tutti costi, la visibilità. Ciascuno vuol essere star di qualcosa, vuole il suo nome al centro della pagina, vuole che si parli di lui. È il segno dei tempi.
Nel caso specifico, poi, se si va a vedere cosa ha portato a casa Carozza da tutto questo lavorìo dei patronati, c’è da farsela sotto dal ridere. Per Garavini è diverso: in tutta Europa è conosciuta ed apprezzata (e anche da noi) per il lavoro che fa sul piano antimafia. Perché la mafia all’estero c’è, eccome! Insomma, per sostenere cose come questa bisognerebbe provarle, invece qui, mi pare, si vendono soltanto caldarroste! (mau.mont).