Descrive una collettività italiana divisa “tra due anime” Claudio Cumani, presidente del Comites di Monaco di Baviera, illustrando dati utili a tracciare un profilo dei connazionali residenti in loco alla Commissione continentale Europa e Africa del Nord del Cgie, riunitasi nella città tedesca lo scorso fine settimana.
Si comincia con una breve sintesi numerica: 100.483 sono i cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare di Monaco, in prevalenza uomini (57.000 circa). Essi rappresentano la terza collettività straniera in loco dopo quella turca ed austriaca, il 7% della popolazione straniera presente in Baviera, per lo più concentrata nelle zone di Monaco, Norimberga e Augsburg. Una collettività sostanzialmente giovane, con una prevalenza di connazionali dai 30 ai 65 anni e nati per lo più in Italia, sebbene la seconda e la terza generazione di nati in Germania risulti comunque in progressiva crescita: il 43% dei nostri connazionali ha oggi meno di trent’anni, mentre gli over-65, qui trasferitisi nel corso della prima “ondata migratoria”, sono solo l’8% della collettività.
Quasi la metà degli italiani ha un titolo di studio acquisito al termine della scuola media (45,59%), solo il 18,11% ha il diploma e il 9,58% la laurea; il 14,52% possiede appena la licenza elementare, mentre il 12,19% non ha alcun titolo di studio. Professionalmente, gli italiani sono in prevalenza operai (26,05%), artigiani, commercianti e addetti del settore alberghiero (21,35%); solo lo 0,79% è dirigente e il 2,63% libero professionista. Due i problemi segnalati da Cumani: in primo luogo l’insuccesso scolastico; “i giovani italiani risultano fra le comunità col più alto tasso di presenze nelle Förderschulen (scuole di sostegno) e nelle Hauptschulen (scuole di avviamento professionale) e col più basso tasso di presenze nei ginnasi – afferma il presidente del Comites, segnalando come invece i giovani provenienti da famiglie binazionali non abbiano risultati scolastici differenti dai coetanei tedeschi.
Secondo nodo problematico, la bassa partecipazione alla vita politica locale, con il “conseguente scarso peso negli equilibri politici in Baviera“ – segnala Cumani, ricordando come il tasso di partecipazione alle ultime elezioni amministrative (2008) tra i connazionali non superò l’8%. “Monaco ha perso, perché non ricandidatosi, l’unico consigliere comunale di nazionalità italiana che aveva avuto per 12 anni, – evidenzia il presidente del Comites – mentre gli altri “nostri” candidati non sono riusciti a farsi eleggere, se non in due comuni di circoscritta dimensione.
Nell’ambito della rappresentanza politica è doveroso notare che dalla Baviera non provengono né parlamentari italiani eletti all’estero, né membri del Cgie”. Una problematica, quella della partecipazione politica, che si riflette anche sulla vivacità dell’associazionismo: “diminuisce la partecipazione verso i sodalizi tradizionali e di natura identitaria e mutualistica – afferma Cumani -, che perde sempre più la sua attrattiva e la sua ragion d’essere, specialmente tra le giovani generazioni”. La comunità si ritrova così divisa tra due anime: una emigrazione tradizionale, costituitasi soprattutto tra gli anni ’50 e la metà degli anni ’80, a cui si affianca la nuova mobilità di natura professionale, più recente e numericamente meno significativa, ma comunque importante.
Di quest’ultima fanno parte funzionari internazionali, operatori dell’ambiente finanziario, coloro che lavorano a vario titolo nelle oltre 120 aziende italiane presenti in loco, liberi professionisti, imprenditori, appartenenti al mondo scientifico, culturale e militare. “Una nuova mobilità di origine professionale che costituisce un segmento meno agevolmente quantificabile sul piano della consistenza numerica, ma che è completamente inserito nel contesto locale e quindi in generale meno interessato a forme di aggregazione a vocazione nazionale“ – precisa il presidente del Comites.
L’emigrazione tradizionale, seppur percepita come ben integrata, ha ancora ampi margini di crescita sul piano sociale, culturale ed economico, crescita per cui si definisce necessario il miglioramento delle prospettive scolastiche sopra richiamate. “Nel suo complesso la collettività italiana in Baviera è più numerosa e meno omogenea che in passato, ma poco coesa e con scarso interesse verso la politica locale. Una comunità di difficile aggregazione, con poca osmosi e scarsa coesione fra le sue diverse componenti, ma con una presenza significativa e figure di rilievo nel panorama bavarese e tedesco“ – conclude Cumani, che invita lo Stato italiano, tenuto conto di ciò, a “nuove forme di intervento”, capaci di fare leva “sulla partecipazione dei connazionali alla vita politica, sociale e culturale locale e sul networking, la costruzione di rapporti con le istituzioni, gli enti e le associazioni tedesche”.
Il presidente del Comites auspica dunque “una nuova sinergia tra realtà locale, amministrazione, rappresentanze (Comites, Cgie, parlamentari eletti all’estero) che potrebbe aiutare ad individuare nuove politiche di intervento, che non siano unicamente indirizzate all’aspetto assistenziale e di sostegno, ma che sappiano anche e soprattutto valorizzare le potenzialità della comunità italiana locale”, collettività che “volentieri metterebbe a disposizione della madrepatria esperienze, competenze e relazioni che qui ha saputo costruire, tanto più in un momento difficile come questo”.