"Per aspera ad astra" (dalle difficoltà al successo) è il motto per il semestre italiano in una Europa che sta incontrando effettivamente grandi difficoltà. La presidenza, iniziata il 3 luglio scorso, terminerà il 20 dicembre prossimo. Intanto, forse non tutti sanno quali sono i compiti del Consiglio, e cioè: approvare la legislazione dell’Unione, coordinare le politiche economiche generali dei Paesi membri, firmare accordi internazionali e lavorare alla politica estera europea, approvare il bilancio e organizzare la collaborazione fra polizia e organi giudiziari dei vari Paesi.
Questi, dicevamo, i compiti istituzionali, i quali, ovviamente, possono essere più meno riempiti da contenuti particolari; cosa, questa, che il presidente di turno, Matteo Renzi, ha cercato di fare, soprattutto per ciò che riguarda immigrazione, crescita ed occupazione: punti qualificanti del suo discorso di insediamento nel luglio scorso. La questione particolare –e fondamentale- nel semestre ancora in corso, dopo le elezioni del 25 maggio, sono state infatti le nomine all’interno del Consiglio. Il semestre italiano –diciamolo subito- si intreccia fortemente con la questione delle nomine. Ciò non tanto per una questione di poltrone, quanto soprattutto per una questione di indirizzo politico. Vediamo come.
Le elezioni hanno dato un risultato relativamente ambiguo. Da una parte il gruppo popolare, di cui fanno parte tra gli altri la Cdu tedesca, Forza Italia e i Tories inglesi, si è confermato come gruppo di maggioranza. Popolare doveva quindi essere il presidente nominato della Commissione. Dall’altra parte, però, i popolari hanno accusato perdite che dipendono anche dalla loro mancanza di idee e di progetti. Il gruppo socialista, a sua volta, è stato in generale punito, con la luminosa eccezione del Pd di Matteo Renzi che ha battuto la fronda leghista e grillina attestandosi a oltre il 40% dell’elettorato italiano. Vincitori sono stati piuttosto gruppi antieuropei come il Front National di Marina Le Pen in Francia, la Lega di Salvini o il Movimento di Grillo in Italia, per non parlare di Alba Dorada in Grecia.
Costoro lasciano scorgere molto bene quanta forza abbia il vento antieuropeo oggi. Paradossalmente, tuttavia, gli antieuropeisti hanno facilitato il lavoro del presidente di turno, Matteo Renzi. Il quale non soltanto si è profilato come colui che – unico tra i gruppi tradizionalmente europeisti – è in grado di riportare successi pur in un momento di forte crisi dell’Unione. Renzi ha soprattutto –dicevamo- portato in Europa l’esigenza di cambiare la politica economica e la politica migratoria.
Il suo discorso di insediamento ha avuto toni molto forti in quel senso e, certamente, ha avuto anche un effetto per la scelta di un presidente di Commissione il quale, pur popolare, fosse più vicino a posizioni socialiste. Il nuovo presidente nominato, Jean- Claude Juncker, è infatti, sì, quasi un liberale, ma non troppo lontano da alcune prese d’atto care al socialismo europeo. Juncker sa infatti che una politica economica fatta solo di tagli ai bilanci porta alla desertificazione industriale nel meridione dell’Europa e alla spaccatura del continente tra nord e sud; egli conosce i rischi di una politica deflattiva, che non sono minori di quella inflattiva. Sa che alla fine si dovrà cambiare strada, anche perché la politica deflattiva dell’Europa è tra le cause della crisi mondiale. Non a caso, anche nell’ultimo G20, di nuovo, il segretario di Stato americano, Kerry, ha pubblicamente rimbrottato il ministro dell’economia tedesco Schäuble, accusandolo tra le righe di scarsa competenza.
La scelta di Juncker si può quindi senz’altro considerare a buona ragione tra i grandi fatti che caratterizzano la presidenza di turno italiana. Sempre tra le nomine, l’Italia è riuscita ad imporsi nella scelta del commissario per la politica estera. È stata scelta Federica Mogherini, già ministro degli Esteri italiano. Tale nomina, fortemente voluta da Renzi, è stata salutata da molta stampa italiana con frizzi e sghignazzi, soprattutto visto il ruolo ridicolo che la precedente commissaria ha ricoperto.
In realtà, Mogherini ha convinto molti con il suo discorso inaugurale. La Frankfurter Allgemeine Zeitung, che la descrive come “colei che danza con l’orso (russo)” tuttavia, aggiunge: “Mogherini è partita con l’aura di candidata vacillante: senza esperienza e troppo vicina alle posizioni russe. Tuttavia ella ha convinto tutti all’Europarlamento”. Il ruolo di Mogherini sarà tra i più difficili. Da una parte avrà contro la diplomazia europea, che con tenacia non comune difende da sempre i propri privilegi e la propria esistenza. Dall’altra parte, con una legittimazione a metà, avrà il compito di rendere più autonoma la politica estera europea rispetto al dettato americano.
Avrà il compito di riscrivere lo stato dei rapporti con la Russia e di mettere mano ai conflitti regionali nelle vicinanze dell’Unione, il più importante dei quali rimane quello israeliano-palestinese. Mogherini ha già annunciato che cercherà il consenso delle cancellerie europee per una soluzione comune del problema e per la creazione di uno Stato palestinese autonomo. Se agli annunci seguiranno i fatti, avremo un successo storico. Il discorso di Mogherini all’Europarlamento –che consigliamo di leggere- è importantissimo anche per un altro fattore: quello delle migrazioni: un tema, quello, che non a caso sta anche nero su bianco sul programma del semestre italiano, ma che ovviamente rimarrà attuale anche dopo. Dice Mogherini che bisogna trovare delle soluzioni e dei coinvolgimenti diversi a livello europeo e che il problema non è specifico degli Stati di confine, ma è comune a tutti gli Stati membri dell’Unione. Il tema è vecchio.
La novità sta tuttavia nel fatto che il Commissario ora se ne fa carico in prima persona. Vedremo, anche in quel caso. È già comunque un successo la istituzione di una Commissione per le migrazioni ed un maggiore flusso di contributi per gli Stati di confine, annunciata prima da Renzi e poi fatta propria da Mogherini. Leggendo ciò che scrive la stampa italiana a proposito del semestre renziano, spiccano tuttavia le critiche; in questo senso gli italiani sono specializzati. Criticata, tra l’altro, anche la spesa annunciata. L’Italia prevedeva di spendere 68 milioni di euro. I bilanci finali non sono ancora stati pubblicati.
Nei due mandati precedenti, Lituania e Grecia misero a budget 62 e 50 milioni rispettivamente. Sessantotto milioni sono troppi? Fermo restando che – come dicevamo – il semestre si caratterizza soprattutto per l’indirizzo politico, dipende da che cosa si fa. Per citare soltanto le manifestazioni del passato novembre: il 20 e 21, conferenza all’Università di Padova: “Le "tre-i" della formazione dottorale “; il 21 a Bruxelles il “Consiglio Affari esteri.
Il commercio estero dell’Ue all’attenzione dei ministri europei”; a Verona il 20-21, la “riunione dei direttori generali della scuola dei ministeri europei dell’Istruzione sul tema: La dispersione scolastica, lo sviluppo professionale dei docenti, l’educazione prescolare, il programma Erasmus+”; a Roma la “Conferenza internazionale per promuovere in Europa una ricerca e innovazione responsabili”. Poco? Difficile dirlo, ma non è neppure importante. Se il semestre italiano sarà in grado di dare una svolta alla politiche economiche e migratorie europee, sarà più che abbastanza.