Fare del pensiero un laboratorio del collettivo, è questa l’idea su cui si sono fondate le basi per la nascita del nuovo saggio filosofico di Salvatore Gurrado. L’autore parte proprio da Paul-Michel Foucault (Poitiers, 15 ottobre 1926 – Parigi, 25 giugno 1984 filosofo, sociologo, storico, accademico e saggista francese) sul modo in cui i rapporti di potere sono diventati ambivalenti, ovvero spiega Foucault si sono estesi alla vita intera, accompagnando la nascita del liberismo economico e della prima industrializzazione, rendendo possibile la massimizzazione dei profitti.
Salvatore Gurrado parte da Foucault per fare un analisi diversa; secondo l’autore la caratterizzazione dei processi di valorizzazione attuali, al contrario la messa al lavoro della vita intera: la vita non è più ciò che rende possibile la produzione, ma è la materia stessa della produzione; è ciò che deve essere captato, sfruttato, asservito, perché essa è, in quanto tale , ciò che ha valore. Ma la vita non è semplicemente la biologia o la sola fisiologia dei corpi: perché la vita è anzitutto l’insieme delle relazioni, degli affetti. Nel corso degli ultimi decenni, con la fine dei regimi coloniali, la globalizzazione è diventata sempre di più una cospirazione. Il libro attraversa tutta quella problematica legata al “Nuovo Capitalismo” formato e diviso in due filoni logici “lavoro immateriale” e “capitalismo cognitivo”.
 Finalmente il cielo è caduto sulla terra, cita il nostro autore, tutti insieme abbiamo accarezzato l’idea , e sognato per un attimo di uscire da un presente immobile per entrare in un futuro dell’alternativa. La Costituzione Italiana, articolo n. 1. che cita: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, questo significa che nel corso del 900 il lavoro ha smesso di essere una pietra miliare di questo paese, per diventare una pietra angolare. Badate bene dice sempre lo scrittore , in passato l’Italia venne privata della libertà nel tentativo di fermare l’avanzata dei lavoratori, che reclamavano una giustizia sociale che non c’era mai stata prima.
È proprio il nodo libertà e lavoro l’orgoglio e il vanto della nostra costituzione. Il libro affronta anche il tema del “nuovo capitalismo” definito dallo scrittore Salvatore Gurrado come potere liquido storicizzato, dove l’autore è geniale in ciò, perché descrive in maniera peculiare e con una stilistica curata inventa un assioma che cita cosi: la povertà è colpevole per definizione, e la ricchezza innocente per ontologia. Nel libro si può dire che l’autore consegna la parola “vivente” alla storia. Un buon libro a dire con l’autore è certamente quello che comincia con un’aspettativa e si conclude con un profitto di idee. Si può certo affermare che Salvatore Gurrado non ha solo scritto un libro di filosofia e un saggio filosofico, ma appare evidente nelle sue pagine un continuo dialogo in cui racconta criticamente una civiltà esausta dal Capitalismo, non a caso l’autore paragona il Capitalismo ad un “Leone ruggente in cerca di chi divorare (a pagina 61 capitolo 2 Metropoli e moltitudini dentro la crisi del valore).
Si parla anche di un nuovo “Popolo Avvenire” fatto di grandi solitari, secondo intuizione del filosofo Salvatore Gurrado, dobbiamo tutte le nostre scoperte ai grandi solitari che hanno investigato il sé più profondo, e siamo debitori alle nostre violenze esacerbarsi del nostro squilibrio, non c’è opera che non si ritorca contro il suo autore, il poema annienterà il poeta, il sistema il filosofo, colui che rispondendo alla propria vocazione e portandola a compimento si agita dentro la storia e causa la sua Rovina. Dietro le macerie di una filosofia avvenire di Salvatore Gurrado si prova a disegnare una traccia di confine, quel cammino per ritrovare la strada della propria Perdizione.
 Non c’ è alcun dubbio che questo libro sia un laboratorio del Pensiero critico ancora aperto, e possiamo scommettere che Salvatore Gurrado, singolarità filosofica potente, non smetterà di apportare il proprio contributo al mondo.