Si è svolta il 9 giugno, presso il Comitato della Camera per gli italiani nel mondo e per la promozione del Sistema Paese, presieduto dall’On. Fabio Porta, l’audizione dei Patronati ACLI, INAS, INCA e ITAL. Il tema: fare presto una convenzione con il Ministero degli Affari Esteri, che consenta ai Patronati di svolgere i servizi che i consolati non riescono più a soddisfare. Ad applaudire, oltre il presidente Porta Fabio, i deputati Farina Gianni, Fedi Marco, Garavini Laura e La Marca Francesca, tutti eletti all’estero, tutti deputati del Pd.
Giusto per non dimenticare: PD sta per Partito Democratico, quel partito che, giunto al governo, ha decretato l’estate scorsa la chiusura di ben trentadue sedi estere, tra cui numerosi Istituti italiani di cultura e piccoli uffici periferici, che sostituivano quei consolati già soppressi da precedenti amministrazioni.
E, giusto per intenderci: parliamo degli sportelli consolari che si erano salvati dai tagli del Sottosegretario Mantica (PDL), il quale aveva saggiamente risparmiato i servizi consolari, limitandosi, in alcune zone, solo alla chiusura di costosi consolati. Quello che si era salvato dal bisturi di Mantica è finito nel 2014 sotto la motosega del PD che, senza alcun riguardo per i propri elettori all’estero, ha buttato l’acido fenico anche su quei pochi servizi a basso costo, vicini alla gente, con poco personale e che pesavano sul bilancio dello Stato come moscerini sulla groppa dell’elefante. 
L’estro e la fantasia politica     
Ma, finalmente, ora vengono a galla estro e fantasia di alcuni politici del PD eletti all’estero alla Camera dei Deputati.
Inutile aspettarsi, da questi politici, pressioni sul loro compagno di partito Gentiloni, Ministro degli Affari Esteri, affinché risani una situazione ammorbata, che costringe la gente a sciropparsi quattrocento chilometri per una carta d’identità e che aspetta tre mesi per un appuntamento all’ufficio passaporti. Questi onorevoli signore e signori, che da qualche tempo già tirano fuori dal loro cilindro la carta dei consoli onorari e dei funzionari con la bancarella, preferiscono esibire l’ultima trovata: Et voilà, i Patronati!
Leggiamo insieme la dichiarazione del signor Porta, Onorevole PD ed ex dirigente del patronato ITAL: "L’esigenza di una conferma della presenza dei Patronati all’estero e del rilancio della loro azione ha un’obiettiva rispondenza in due fatti incontrovertibili: la necessità di soddisfare la domanda di servizi da parte dei nostri connazionali che non trova più una risposta adeguata nella rete consolare a seguito della chiusura di decine di consolati e della rarefazione del personale ad esso addetto".
È proprio vero. Si tratta di necessità tanto “Incontrovertibili” quanto mortificate da chi ha ordinato la chiusura dei consolati.
Il nostro lettore, Aldo Baggio*, ora esclamerebbe: Azz! Questi prima ci chiudono i consolati e poi propongono di riparare con i patronati? Quei patronati che hanno già il monopolio all’estero delle pratiche con gli enti previdenziali, con un giro di affari di centinaia di milioni l’anno? E come mai i patronati? Vuoi vedere che ora questi onorevoli, ex dipendenti dei patronati, si sentono in dovere di saldare il debito contratto in campagna elettorale? Aldo, amaramente, penserebbe anche: vuoi vedere che una mano lava l’altra e che tutte e due poi schiaffeggiano la faccia nostra, la faccia d’italiani emigrati all’estero?
Elezioni all’estero e patronati
Lasciamo stare Aldo. Cerchiamo, però, di capire come sono andati alcuni meccanismi delle campagne elettorali nella circoscrizione estero. I Patronati costituiscono, subito dopo i consolati e le missioni cattoliche italiane, la rete più fitta di raggruppamento di cittadini italiani all’estero. Ora, chi chiede il consenso all’estero (anche e soprattutto quello elettorale), non può fare a meno di accaparrarsi la simpatia di questi patronati, già detentori del monopolio nei rapporti utenti-enti previdenziali. Non sono pochi gli eletti all’estero che, prima di andare in Parlamento, di questi patronati erano addirittura stipendiati. E così è andata. Mentre le Missioni cattoliche si sono sottratte al gioco, del “dammi il tuo voto che poi mi ricorderò di te” (non esiste senatore o deputato eletto all’estero, figlio della “Lobby” delle missioni), gli enti di patronato, comunque vincolati ai sindacati e, di conseguenza, ai partiti, hanno svolto un loro importante ruolo nella formazione dell’opinione politica all’estero.
Il PD ha vinto le elezioni all’estero. Il PD non può quindi dimenticarsi dei suoi alleati nei patronati? Se così fosse, sarebbe anche legittimo.
Non sarebbe più legittimo, però, battersi per un accordo Patronati-MAECI che risponda “all’esigenza di una conferma della presenza dei Patronati all’estero e del rilancio della loro azione” a scapito dei servizi consolari che lo Stato e solo lo Stato, inderogabilmente lo Stato, deve ai suoi cittadini.
Non sarebbe più legittimo vedere deputati Pd eletti all’estero, strofinarsi le mani con i patronati, mentre mangiano tarallucci e bevono champagne, traendo profitto dagli spaventosi vuoti, che lo stesso PD al governo ha creato nei servizi statali all’estero e nella rete di diffusione della nostra lingua e della nostra cultura.
Sorge un dubbio. Un dubbio legittimo alla vista della mollezza, dell’anemia e della stitichezza con cui i deputati PD –ma non solo del PD- eletti alla Camera hanno contrastato la chiusura dei consolati. Vuoi vedere che i disagi sono artatamente creati sulle spalle degli emigrati, proprio per poi dare maggiore peso, influenza politica, più potere economico a enti che si sono rivelati utili nella raccolta di voti? Attenzione al punto interrogativo. Questa è una domanda e non un’affermazione. Una delle tante domande che sorgono spontanee anche leggendo i giornali, quando raccontano di deputati come Garavini Laura (PD) e Caruso Mario (prima dirigente di patronato, ora onorevole PPI) che brindano col console onorario di Norimberga, invece di protestare contro la chiusura di quello sportello consolare, mentre gli italiani della zona sono sbattuti a destra e a sinistra per ottenere un semplice servizio consolare.
Eletti all’estero e patronati: non si tratta sempre di “Do ut Des”
Fine della storia. No. Ancora un poco di pazienza, poiché il rapporto Eletti all’estero e Patronati mostra diverse sfaccettature.   
Il CQIE, Comitato per le Questioni degli Italiani all’estero del Senato, presieduto dal sen. Claudio Micheloni (PD), ha, infatti, appena chiuso un ciclo di audizioni nel tentativo di fare chiarezza su alcuni punti, al quanto oscuri, proprio sul lavoro dei patronati italiani all’estero.
Risale a poche settimane or sono, la singolare dichiarazione del Segretario CGIL, Susanna Camusso, che si chiedeva davanti a questo stesso Comitato cosa c’entrasse la CGIL con la truffa milionaria a danno dei pensionati italiani in Svizzera, perpetrata proprio dal Patronato INCA della sua stessa CGIL.
Il Senatore Claudio Micheloni non ha mollato, ottenendo dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Luigi Bobba, l’assicurazione che presto una delegazione del suo Ministero svolgerà ispezioni all’estero (anche in Germania) per controllare effettivamente cosa accade nei patronati e che fine fanno i fondi milionari che il suo ministero versa loro anno per anno.
Ricordiamo che i fondi sono ripartiti sulla base del numero di pratiche evase all’estero. Pare che sul concetto di “pratica evasa” i patronati applichino un’interpretazione molto elastica, chiedendo sostanziosi contributi anche per la semplice compilazione di un formulario e per altre elementari procedure quotidiane.
Ora, mentre una parte dei politici eletti all’estero, come Claudio Micheloni, ha innescato l’allarme su una rete mondiale di patronati che assorbe fondi milionari a carico dei contribuenti, gestendoli con molta fantasia (nel caso della Svizzera, come appurato dai giudici elvetici, anche in maniera truffaldina), un altro gruppo di parlamentari eletti all’estero mostra di avere nei confronti dei patronati un rapporto meno critico, molto stretto, che è tipico di chi ha interessi comuni da spartire.
"La firma e la messa a regime della Convenzione tra MAECI e Patronati, dunque, risponderebbero non a un disegno corporativo, ma a un interesse generale dei nostri connazionali", ha osservato Fabio Porta, prima dirigente ITAL, ora onorevole PD.
Onorevole Porta, siamo certi di non parlare d’interessi corporativi, poiché l’interesse generale dei nostri connazionali è solo ed esclusivamente mirato ad avere servizi vicini e agevoli dai propri Uffici consolari?
Vediamo al momento una parte del PD eletta all’estero, alla Camera dei deputati, come Garavini Laura, Farina Gianni (altro ex dirigente di patronato) e compagnia bella, che sembra vedere nella chiusura dei consolati un’opportunità di tornaconto politico, mentre un’altra parte del PD, capeggiata da Claudio Micheloni, con l’appoggio esterno di altri partiti, cerca di sbattere sotto il muso del Ministero degli Affari Esteri la catastrofe dei servizi consolari, chiedendone l’immediata riparazione.
In attesa di nuove elezioni, a noi non resta altro che stare a guardare per vedere chi la spunta. 
*Nome inventato