I terroristi sono a poche ore di viaggio dalle coste italiane, proprio in quella Libia in cui, dopo la guerra voluta da Sarkozy per deporre il presidente Muammar Gheddafi, si sta espandendo lo Stato islamico che il rais, a suo tempo, aveva limitato, bloccando i movimenti degli estremisti impiantati in Cirenaica. Ora, ad uccidere e torturare in prossimità del golfo della Sirte ci sono anche alcuni ex detenuti della prigione americana di Guantanamo ed i circa 850 terroristi anti Gheddafi, prima rifugiatisi in Iraq, ora rimpatriati. Scenario pericoloso, quello libico, anche a causa della locale proliferazione di armi, compresi i fucili di fattura sovietica, le mitragliatrici ed i lancia-granate che, dall’arsenale di Gheddafi, sono finite nelle mani di contrabbandieri e di gruppi jihadisti, anche perché la Nato e le milizie alleate fecero ben poco per impedire che si di-sperdessero. Benché si sapesse che, da decenni, l’est della Libia era terra di contrabbando e, sin dagli anni 90, culla dello jihadismo.
Che, il 23 febbraio, ha ordinato all’Italia di non scendere in guerra, altrimenti il Mediterraneo sarà “colorato dal sangue dei cittadini”. Sangue che già cola non solo in Libia dove sono stati barbaramente decapitati 21 copti e rapiti altri 35, tra i quali donne e bambini, crudeltà alle quali le forze armate egiziane hanno reagito, in quanto il Cairo “ha il diritto di difendere la sicurezza dei suoi cittadini dai criminali e terroristi, fuori e dentro il Paese”. Anche in Siria ed in altri Stati del Medio Oriente sono state incendiate alcune chiese e catturati più di 350 Cristiani, 15 dei quali già uccisi. Un succedersi di massacri, violenze e stupri alle ragazze che continua e che ha spinto la deputata italiana Paola Binetti a lanciare l’allarme in quanto siamo di fronte ad una “situazione nota da tempo, ma che si sta aggravando: si sta compiendo un altro vero e proprio genocidio in nome della propria fede e delle proprie convinzioni religiose”.
In effetti, secondo il Daily Telegraph, l’Isis sarebbe intenzionato a utilizzare la Libia per portare il caos nel sud dell’Europa ed attaccare le “compagnie marittime e le navi dei Crociati, infiltrandosi sui barconi di immi-grati nel Mediterraneo”. L’ipotesi che le imbarcazioni siano utilizzate dai mili-tanti del Califfato per colpire l’Italia è stata confermata, il 16 scorso, dal fuoco aperto da due scafisti contro una motovedetta della nostra Guardia costiera, per fortuna senza morti o feriti. Opinione sostenuta anche dal Ministro degli Interni, Alfano, dato che in Italia aumentano quotidianamente gli immigrati, a volte con documenti falsi, poi distribuiti sul territorio nazionale, facendo così aumentare il rischio di attentati. Pare che siano circa 500mila le persone in attesa sui litorali della Libia, dei quali la metà potrebbe partire via mare. È giusto e doveroso evitare loro di annegare.
Ma necessario tentare di individuare una soluzione che soddisfi la loro domanda di asilo e le nostre esigenze di sicurezza interna. Altrimenti, se l’Isis completa la presa della Libia, sarebbero guai seri per l’Italia, come del resto ampiamente annunciato dai capi del terrorismo islamico. O lanciare un missile verso le coste europee. Da qui, le diverse ipotesi in merito. Secondo alcuni esponenti della Lega, tra i quali Salvini, occorrerebbe creare uno sbarramento di navi europee vicino alle coste libiche onde impedire le partenze. Altri ritengono che dagli assassini dello Stato Islamico dobbiamo difenderci con le armi, dichiarando guerra, perché l’incubo della islamizzazione forzata e cruenta rischia di diventare realtà. Soluzione che, però, non convince il Governo Renzi, forse perché si rende conto che, avendo, negli ultimi 10 anni, tagliato le spese militari (solo nel 2014 fu fatta una sforbiciata di 500 milioni), oggi non siamo in grado di proteggere il nostro Paese, tanto meno di sostenere un conflitto che la nostra Costituzione consente solo per difendere il Paese.
Le minacce dell’Isis sono serie e credibili, come dimostra quel “siamo a sud di Roma” inviato in video-messaggio dalla Libia, che ha spinto il Governo a schierare gli uomini delle Forze Armate per pattugliare i luoghi considerati a maggior rischio, a partire dal Vaticano, più volte citato nei messaggi dell’Isis. Ne consegue che, per bloccare l’eventuale invasione islamica, l’Italia ha bisogno di alleati, ma non può contare sull’Unione Europea, che non ha né una politica estera né un esercito comune, in quanto nata per evitare i conflitti del XX secolo ed espiare le colpe del colonialismo. Il che ha regalato al Continente un lungo periodo di pace, rendendoci, però, incapaci di replicare alle sfide musulmane, messe in atto anche da Europei convertiti che si arruolano nell’esercito del Califfo. Che, a giudicare dalle statistiche, non sono pochi. Ai quali si aggiungono gli islamici residenti in Europa. Se l’Isis completasse la presa della Libia, potrebbe accadere che da Tripoli decollino aerei con destinazione Roma. Con ciò che ne può conseguire.