Sempre più spesso quando l’anziano controlla gli esami del sangue trova oltre ai comuni valori ematici ben noti come glicemia, colesterolo e numero di globuli rossi anche un termine un po’ meno noto: “creatinina”. A rendere però ancora più complicato lo schema, un altro termine che suona ancora meno familiare ovvero “filtrato glomerulare”, con un richiamo che specifica che è stimato con una qualche versione della formula chiamata MDRD – Ma di cosa stiamo parlando? La creatinina è un metabolita muscolare, e normalmente ha valori più alti negli uomini rispetto alle donne per la maggiore massa muscolare. La creatinina ha poi un altro vantaggio, in quanto dopo essere stata filtrata nei glomeruli renali, (il sistema filtrante del rene), non viene nè riassorbita nè secreta, e quindi viene considerata come il migliore indicatore di quanto funzioni il rene. Per trasformare la sua concentrazione nel sangue in funzione renale, si utilizza una formula matematica derivata da uno studio americano degli anni ’90, ed in questo modo si ha una buona stima di come funzionino i reni. A cosa servono i reni? I reni sono l’organo con il compito di mantenere il corretto equilibrio di acqua e sali nel nostro organismo, contribuendo così alla regolazione della pressione arteriosa, di mantenere il tasso di acidità dei fluidi corporei, di purificare il sangue dai metaboliti da eliminare senza però perdere sostanze di valore nutritivo come il glucosio e le proteine, ed infine ha anche alcune funzioni ormonali (metabolismo vitamina D, mantenimento del corretto numero di globuli rossi).
Il loro funzionamento è quantificabile con un numero, la filtrazione glomerulare, normalmente sui 120 mL/minuto, che significa che ogni minuto i nostri reni sono in grado di filtrare 120 mL di preurina. È una quantità enorme, significa che in un giorno sono circa 90 L di preurina. Ovviamente, dopo la filtrazione la preurina viene processata in un complesso sistema di “tubuli” ed il 99% dell’acqua viene riassorbita, e in un giorno la quantità finale di urine “prodotte” è di circa un litro/un litro e mezzo. Quali malattie colpiscono più frequentemente i reni in età anziana? I reni possono essere colpiti da malattie metaboliche come il diabete, che nel lungo termine (più o meno intorno ai dieci anni) cominciano a manifestare una patologia detta “nefropatia diabetica”, con perdita di proteine nelle urine ma mantenimento della capacità depurativa. In seguito, si assisterà ad una progressiva perdita anche della funzione, come già descritto nel numero del Corriere d’Italia dedicato al diabete. Un’altra causa frequente di danno renale è l’ipertensione arteriosa, spesso silente dal punto di vista dei sintomi,; anche in questo caso la progressiva diminuzione di funzione renale avviene nel corso di molti anni.
 Cosa succede quando i reni non fanno il loro lavoro?
La situazione di deterioramento della funzione renale viene definita come “insufficienza renale”, che non rappresenta una malattia a sè stante ma una condizione fisiopatologica complessa, spesso a lungo asintomatica. Un’iniziale insufficienza renale cronica è infatti frequentemente evidenziata durante esami di laboratorio occasionali o motivati da altre patologie. Anche con la perdita del 50% e più della funzione non si coglie alcun problema, e i sintomi si manifestano solo quando si scende sotto il 15% della funzione normale. A questo punto si inizierà a lamentare una diminuzione dell’appetito, delle forze, la pressione arteriosa diverrà meno facilmente controllabile, le caviglie cominceranno a gonfiarsi. L’insufficienza renale è molto insidiosa proprio in quanto tende a progredire senza manifestazioni acute. Anche i sintomi descritti, divenendo più severi gradualmente, spesso non allarmano l’anziano che tende a considerarli normali per l’età. Persino la fase più severa, detta uremica, è a volte diagnosticata occasionalmente in seguito a esami di routine, in quanto i sintomi dell’uremia sono spesso male interpretati.
Come accorgersi della presenza di danno renale?
In Germania si stima che circa il 10% della popolazione ne sia affetto, seppur la maggior parte delle persone presenta solo una moderata diminuzione della funzione renale. Tuttavia l’anziano presenta un rischio molto più elevato di insufficienza renale, sopratutto se affetto da ipertensione arteriosa o diabete mellito. Purtroppo l’insufficienza renale da pochi segni di sè, e si può arrivare anche a livelli di funzione molto bassa senza rendersene conto. È perciò buona pratica verificare con gli esami di routine non solo la presenza di proteine nelle urine ma anche la concentrazione della creatinina nel sangue, e valutare la funzione renale tramite le formule descritte nell’introduzione. Occorre però tenere presente che la validità delle formule a stimare diminuzioni contenute di funzione renale è oggetto di discussione. Perciò, se da un lato un valore attorno a 80 mL/minuto in assenza di una quantità significativa di proteine nelle urine non è indicativo, un valore al di sotto di 60 mL/minuto merita attenzione ed ulteriori indagini.
Cosa fare per prevenire il progressivo deterioramento della funzione renale?
Dopo aver completato il percorso diagnostico, che per l’anziano spesso porta ad una diagnosi di insufficienza renale cronica secondaria ad ipertensione arteriosa o diabete mellito tipo 2, il focus del medico è di mantenere un buon controllo della pressione arteriosa, sopratutto utilizzando farmaci antipertensivi della classe degli ACE inibitori e dei bloccanti del recettore dell’enzima di conversione. Infatti, questi farmaci non solo sono potenti antipertensivi, ma sono stati riconosciuti da grossi studi internazionali come molto efficaci nel ritardare/fermare la progressione del deterioramento renale. Tra gli effetti collaterali più comuni di questa terapia va menzionata sicuramente la tosse che può assumere una cararatteristica stizzosità che risulta molto fastidiosa; la sua comparsa va riferita al medico. Con questo trattamento, si ha come primo segno una riduzione della perdita di proteine nelle urine, anticipando al medico il successivo effetto positivo sulla funzione renale. In presenza di diabete, il controllo della glicemia diviene ancora più importante, evitando però l’ipoglicemia.
E la dieta?
Con il deterioramento della funzione renale, progressivamente la capacità di eliminare acidità, fosfati, urea, sodio e acqua diminuisce. Occorre perciò bilanciare con un ridotto carico di lavoro in proporzione con quello che possono ancora fare i reni. In primis occorre diminuire l’introito proteico, in quanto il loro metabolismo produce acidità, urea e fosfati. L’apporto proteico viene perciò ridotto del 40- 50%, eventualmente integrando con dei supplementi derivati dai componenti più importanti delle proteine, gli amminoacidi essenziali, resi ancora più sopportabili nella situazione di compromissione renale con la loro trasformazione in chetoanaloghi. In cosa consiste la dieta dell’anziano con insufficienza renale? Fondalmentamente è una dieta mediterranea, povera di prodotti molto ricchi in proteine e fosfati, come carne e formaggi. Per ridurre in modo significativo le proteine occorre introdurre nella dieta prodotti aproteici, cioè fatti con farine impoverite dalle proteine. La dieta è cosi largamente basata su pasta, pane, fette biscottate, grissini preparati con farine aproteiche. Si discute da molti anni se queste diete siano in grado di rallentare la progressione della malattia. Ma se la loro capacità di preservare i reni è discussa, non è in dubbio la capacità della dieta di mantenere il delicato equilibrio basato su reni la cui funzionalità è ridotta al lumicino. In questo modo sarà possibile ritardare anche di parecchi mesi il momento dell’inizio del trattamento dialitico, potendo così preparare questo momento nel modo più adequato. La preparazione include la presentazione al paziente delle alternative dialitiche, emodialisi e dialisi peritoneale, per arrivare alla decisione condivisa con il soggetto e la sua famiglia. Una volta deciso, nel caso la scelta sia caduta sull’emodialisi, occorrerà procedere alla creazione dell’accesso vascolare, che non dovrebbe essere utilizzato per almeno un mese.
Cosa si prova quando i reni non funzionano più?
L’insufficienza renale non sempre progredisce fino al completo deterioramento della funzione renale, tuttavia se succede oggi è possibile una vita oltre i nostri reni, mediante la dialisi, che si distingue in emodialisi e dialisi peritoneale. Nel primo caso la depurazione avviene facendo circolare il sangue in un circuito extracorporeo che comprende un filtro. Le sedute durano circa quattro-cinque ore e la loro frequenza è normalmente di tre volte a settimana. Nel secondo caso si utilizza un sistema di filtrazione naturale compreso nel nostro organismo, il peritoneo, membrana che riveste l’intestino ricca di capillari e perciò di sangue. Questo trattamento è continuo, con un numero di scambi di una soluzione apposita introdotta tramite un catetere in addome. Con la terapia dialitica è possibile aggiungere molti anni di vita dopo la fine della vita dei nostri reni, ed ora è prescritta anche all’anziano che normalmente non è candidabile al trapianto renale. Chi scrive ha conosciuto una simpatica vecchietta che a 95 anni ha iniziato l’emodialisi, vivendo poi in modo degno di essere vissuto, circondata dall’affetto di nipoti e pronipoti, fino a 100 anni compiuti!
..e in conclusione
Lo studio dei fattori che influenzano l’evoluzione dell’insufficienza renale cronica ha il fine di cercare di ritardare il più possibile l’inizio del trattamento dialitico. Obiettivo di grande importanza per la qualità di vita del paziente e per i suoi risvolti economici e organizzativi. In particolare, numerosi studi hanno affrontato l’influenza della dieta, in termini di riduzione proteica, restrizione dei fosfati e correzione della dislipidemia. Dimostrata anche L’utilità dello stretto controllo della pressione arteriosa.