Due le discussioni su cui si sono suddivisi gli interventi di scienziati italiani, rappresentanti di aziende, enti di ricerca ed università intervenuti stamani alla Farnesina al convegno “Gli scienziati italiani nel mondo e la crescita del Paese”. La prima, sul tema “Articolazione di reti tra talenti scientifici italiani all’estero”, moderata dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo, ha avuto per oggetto una delle proposte chiave per promuovere la circolazione dei ricercatori sul territorio nazionale e all’estero, ossia il rafforzamento di una rete tra ricercatori utile a stimolare ricadute economiche ma anche una maggiore consapevolezza da parte del nostro Paese dell’importanza di investire in conoscenza.
A richiamare l’opportunità di riflettere su finalità, gestione e obiettivi della rete è stato Mario Raviglione, professore associato negli Stati Uniti (The Scripps Research Institute – La Jolla), che ha evidenziato anche la necessità di utilizzare maggiormente l’inglese nelle università italiane, così da attrarre studenti stranieri, mentre Francesco Giorgianni, direttore affari istituzionali di Enel spa, si è soffermato sull’investimento dell’azienda nel settore ricerca e sviluppo, investimento – ha rilevato – che richiama anche talenti dall’estero. Di seguito, Edoardo Magnone, ricercatore attualmente impiegato in Corea (Korea Institute of Energy Research), ha ricordato la velocità con cui ha potuto ottenere in loco il permesso di soggiorno per sé e la propria famiglia, mentre Maria Luisa Gorno Tempini, professore associato di neurologia negli Stati Uniti (University of California – San Francisco), ha insistito su quanto occorra ancora fare in Italia per garantire pari opportunità di percorsi accademici alle donne, suggerendo un maggior ricorso a strategie di mentoring e una maggior flessibilità di impiego accademico così da suddividere più proficuamente il tempo da dedicare alla ricerca e quello per l’insegnamento.
Della metodologia adottata dal Cern di Ginevra ha parlato invece Fabiola Gianotti, ricercatrice, mentre Cristiano Galbiati, professore associato a Princeton, ora in forza ai Laboratori nazionali del Gran Sasso, ha sottolineato come l’emigrazione dei cervelli non sia un fattore di per sé negativo, dichiarando la di-sponibilità a partecipare ai sistemi di valutazione della ricerca in Italia, sollecitata dallo stesso Profumo, ed auspicando una maggior trasparenza e meritocrazia nelle assunzioni da parte delle università italiane. La discussione è proseguita con Silvia Franceschi, epidemiologa a Lione (International Agency for Research on Cancer), che ha segnalato come la rete tra scienziati non debba considerasi come “la soluzione di tutti i problemi”, auspicando una giusta gradualità nel percorso di internazionalizzazione intrapreso dagli atenei italiani, capace di conciliare la mobilità degli studenti con quella dei professori.
Alessio Figalli, matematico attivo negli Stati Uniti (University of Texas – Austin), è tornato a sollecitare una maggiore pubblicità e trasparenza dei concorsi italiani per l’assunzione di docenti e ricercatori, mentre Antonio Ereditato, professore di fisica all’Università di Berna, rileva l’opportunità che la rete debba essere coordinata a livello ministeriale, au-spicando, attraverso il lavoro della task force, anche proposte concrete e immediate per l’internazionalizzazione della ricerca in Italia. Insiste sul carattere multidisciplinare necessario alla rete Bruno Coppi, professore di fisica al Mit di Boston, che evidenzia anche la necessità di approfondire nel nostro Paese tema e regolamenti della proprietà intellettuale.
Di seguito, Giorgio Bellettini, fisico al Fermi National Laboratory (Illinois), auspica l’adozione da parte dell’ambasciata italiana a Washington di un progetto che ha consentito a molti studenti italiani di trascorrere un periodo di studio e ricerca presso il laboratorio o altri enti di ricerca negli Stati Uniti e che rischia di terminare. L’emigrazione di ricercatori italiani all’estero è per Stefano Paleari, segretario generale della Conferenza italiana dei rettori (Crui) e rettore dell’Università di Bergamo, “una dimostrazione dell’eccellenza del sistema universitario italiano”. Sistema che egli auspica divenga meno farraginoso e pesante anche attraverso la promozione di iniziative di carattere internazionale, come l’invito rivolto a professori stranieri di svolgere un periodo di lezioni in Italia, già sperimentato con successo proprio a Bergamo.
Il “Rapporto tra ricerca e produzione” è stato il secondo tema di discussione introdotto e moderato da Maurizio Melani, direttore generale per la promozione del Sistema Paese del Mae, che ha ricordato come le aziende italiane possano trovare nuove opportunità di crescita nei mercati dei Paesi emergenti. “Il Mae si impegna con una serie di iniziative a fare in modo che gli imprenditori italiani conoscano e vengano in contatto con questi nuovi mercati, in cui ricerca mirata e sviluppo di nuovi prodotti sono la chiave per vincere la sfida della competitività – ha ricordato Melani, auspicando contributi della task force anche su queste tematiche.
Sulla difficoltà di affrontare il passaggio di ruolo da ricercatrice ad imprenditrice si è soffermata Chiara Giovenanza (Cellec Biotek – Basilea), mentre Rino Rappuoli, ricercatore per la Novartis (Cambridge – Stati Uniti) ha segnalato come essenziale sia l’investimento in ricerca e sviluppo proprio per le positive ripercussioni che si registrano in questo modo sul mercato occupazionale. Della sua esperienza imprenditoriale negli Stati Uniti ha parlato anche Alberto Sangiovanni Vincentelli, fondatore di 6 aziende di successo ed ora professore all’Università di Berkley. “Il ruolo delle grandi industrie è fondamentale per l’investimento in ricerca e per lo sviluppo dell’innovazione – ha affermato Vincentelli, definendo l’industria italiana “la vera malata del sistema”: “non è tanto lo Stato italiano a non essere in linea con i fondi investiti all’estero in questo settore – ha precisato, – ma è l’industria italiana ad investire molto meno di quanto non facciano le grandi aziende nei loro rispettivi Paesi”.
Sull’attività dei laboratori del Gran Sasso si è soffermata il direttore, Lucia Votano, che ha annunciato la realizzazione al suo interno di una scuola di dottorato, iniziativa che auspica coinvolgerà numerosi studenti italiani e stranieri, mentre Paolo Gasparrini (L’Oreal – Shanghai) ha parlato della sua esperienza imprenditoriale in Cina. “La difficoltà che riscontriamo non è tanto quella di attrarre talenti dall’estero – ha affermato Mauro Giacca, direttore del Trieste International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology – ma quella di offrire loro la possibilità di restare in Italia dopo un percorso altamente formativo di Ph.D”.
Sottolinea le ricadute, anche se spesso non immediate, della partecipazione a reti e progetti di ricerca internazionali Roberto Tamai dell’European Southern Observatory di Monaco di Baviera, mentre Giorgio Margaritondo, professore a Losanna (Ecole Polytechnique), evidenzia come la collaborazione tra atenei e centri di ricerca in loco abbia promosso la sviluppo industriale ed economico del distretto, “tra l’altro con apporto di numerosi attori italiani”.
La discussione prosegue con Federico Capasso, professore all’Università di Harvard, che segnala la collaborazione tra aziende private ed ateneo nel campo della ricerca di lungo termine, mentre Mario Strazzabosco dell’Italian Scientists and Scholars in North America Foundation, illustra il contributo già data dall’Issnaf alla valutazione di ricerche scientifiche italiane, attraverso la peer review, e propone ulteriori iniziative per preparare la stesura di progetti finalizzati all’ottenimento di grant internazionali.