Qualche secondo di silenzio, poi i due sorridono. Risponde, infine, Sarkozy, dicendo di avere fiducia nelle risorse della classe dirigenziale italiana. Mercoledì 26 ottobre. Vertice notturno europeo sulla crisi dell’Euro. L’Italia presenta un pacchetto d’iniziative (il “papello” di quindici pagine) con l’elenco delle misure da adottare per stabilizzare l’economia del Paese. Nella stessa notte l’Unione europea spinge le banche a rinunciare al 50% del credito nei confronti della Grecia, assumendo la garanzia sul pagamento dei restanti debiti.
La dichiarazione d’intenti presentata dall’Italia ai partner dell’unione è ritenuta credibile e intelligente. L’annuncio del graduale innalzamento dell’età pensionabile a sessantasette anni è ben accettato come volontà italiana di allinearsi agli standard europei. Berlusconi e Sarkozy (dopo le risatine di domenica) sembrano evitarsi a vicenda nei corridoi di Bruxelles. La cancelliera Merkel, invece, saluta cordialmente il nostro Capo del governo. È andata bene. È stata però una confusione infinita (il termine appropriato sarebbe “caciara”, viste anche le botte che stavano volando in parlamento qualche giorno fa) ad accompagnare il percorso decisionale del governo di questo nostro Paese affannato da gravissime difficoltà. Questo è quello che resta: l’eco di un terribile rumore. Il risultato è buono, credibile, da Paese responsabile.
E allora perché ci siamo comportati ancora una volta come l’ultima Repubblica delle banane? Bossi contro Fini, Berlusconi ora avvilito, ora tenace. Un’opposizione che sbatte la testa contro il muro nel chiedere le dimissioni di un uomo che non molla. Rumore, tanto rumore che rischia di soffocare le voci d’incoraggiamento che finalmente s’innalzano da Bruxelles nei confronti del partner Italia. Eppure il governo italiano non è l’unico a essere stato costretto a prendere decisioni dolorose per affrontare la crisi. Tutti i capi di governo europei, Sarkozy e Merkel compresi, hanno dovuto affrontare estenuanti trattative con i loro partner e con le rispettive opposizioni prima di andare a Bruxelles per presentare e difendere una linea nazionale.
Anche in Germania si è parlato di crisi di governo. Ha cominciato Philipp Rösler, capo dei liberali tedeschi della Fdp, partito alleato al governo federale a criticare la Cancelliera nei suoi intenti si sostenere la Grecia. È stato poi Seehofer, capo della Csu, a spezzare, sulle pagine dello “Spiegel”, una lancia a favore del disinteresse nei confronti della Grecia, nel tentativo di calmare il suo elettorato, che proprio non ne vuole sapere di eventuali sacrifici a favore dei discendenti di Achille e compagnia bella. Una discussione accesa anche in Francia e non parliamo della Spagna “indignata”.
Tutti i governi a traballare. Solo in Italia, però, con tanto sgradevole rumore. E ora dobbiamo chiederci: ma non siamo noi italiani i peggiori nemici della nostra immagine? Non sarebbe giunto il momento (e la crisi economica è il momento giusto) di ricompattarci, di riordinarci e di disciplinarci non solo nella sostanza (perché i sacrifici li facciamo e li faremo) ma anche nella forma? Insomma noi pagheremo più tasse, affronteremo un inverno duro ed eseguiremo a denti stretti quanto c’è richiesto. Questi sforzi, però, fanno ancora più male se accompagnati da risatine europee e scazzottate in Parlamento. Ohé, noi non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. Siamo un gran bel Paese. Un popolo onesto e lavoratore, generoso e cordiale. Nessuno ha diritto di riderci addosso.
I nostri governanti hanno però il dovere di rappresentarci con serietà. E torniamo per questo alle risatine della signora Merkel. Il nostro Capo del governo ha dichiarato ai giornalisti, durante il vertice di mercoledì 26 ottobre, che la Cancelliera gli avrebbe chiesto scusa. Qualche ora dopo arriva la smentita del portavoce della signora Merkel: nessuno ha chiesto scusa a Berlusconi. Ecco, siamo alle solite. Queste piccole vanità personali riempiono i giornali e rischiano di fare passare in second’ordine le lacrime e il sangue che il popolo italiano, in Italia e all’estero, sta per versare in onore degli impegni presi di fronte all’Unione europea.
L’opposizione continua nel frattempo a gridare “deve dimettersi, deve dimettersi” e Bossi continua a minacciare il crollo del governo se intacca gli interessi dei suoi elettori. Di Pietro continua a indignarsi e Vendola è indeciso se citare Marx o De Gasperi. Nel frattempo i tedeschi pagano, lo scotto della crisi, in silenzio e con serietà. Gli italiani pagano pure, ma col rischio che non se ne accorge nessuno in mezzo a tanto rumore. Tanto inutile rumore.