A Colonia, presso il cimitero Köln-Zollstock, lunedì 1 novembre 2010 si sono svolte le cerimonie per la cessazione del Primo conflitto mondiale e la festa delle Forze armate, organizzate dal Consolato. Il camposanto racchiude, oltre alle tombe civili, anche un curatissimo ossario militare italiano istituito con la collaborazione delle autorità tedesche nel 1923.
Il sacrario onora attualmente le spoglie di 1914 soldati italiani combattenti della Prima guerra mondiale deceduti, durante la loro prigionia in Germania. Quest’anno la cerimonia è stata particolarmente commovente poiché era presente Marika Bellasich, figlia di un soldato italiano disperso in Russia. A distanza di quasi settanta anni le è stata consegnata la piastrina di riconoscimento con ancora leggibile il nome del padre che Marika non ha mai conosciuto. “Tra tanti caduti che oggi qui ricordiamo esiste anche un giovane, Giovanni Bellasich, che perse la vita in Russia alla sola età di ventisei anni.
Di questo giovane soldato è stata rinvenuta la piastrina di riconoscimento ed è oggi un mio grande onore poter consegnare questo ricordo alla figlia, la signora Marika Bellasich”. Eugenio Sgrò, console generale a Colonia, ha pronunciato queste parole al momento della consegna. Un applauso commosso dei partecipanti alla cerimonia ha sottolineato la forte emozione di tutti i presenti, orgogliosi di ringraziare quel giovane soldato morto molti anni addietro ma mai dimenticato né dalla figlia né da tutti noi.
La storia di Giovannino, come lo chiamavano i commilitoni, potrebbe sembrare una favola se non fosse per la sofferenza legata a tutte le vicende di guerra. Così racconta la figlia Marika: “Mio padre Giovanni Bellasich, italiano di Barbana d’Istria, venne mandato sul fronte russo subito dopo la prima notte di nozze e rivide la sua famiglia una sola volta, otto mesi dopo la mia nascita e rimase solo tre giorni in licenza, poi ripartì per il fronte russo e sparì per sempre. Anche mia madre, dunque, non fece in tempo a conoscere il marito”.
Madre e figlia non hanno più sue notizie e alla fine della guerra si ritrovano sole in una terra, l’Istria, che ceduta alla Jugoslavia improvvisamente diventa una terra straniera. Dopo la guerra l’italiano viene bandito dal governo di Tito, l’Istria è ormai parte della Jugoslavia e 300.000 italiani se ne vanno. Marika e la madre, invece, rimangono fino al 1959, quando costrette, scappano in Italia. Vengono rinchiuse in un campo profughi a Trieste, poi raggiungono Bari e Altamura in Puglia.
Dopo alcuni anni, un sacerdote propone loro di andare a lavorare in Germania. Marika non se lo fa dire due volte e vicino a Colonia ricomincia una nuova vita. Il dolore per l’assenza del padre, però, non si assopisce: si reca per ben tre volte in Italia alla ricerca di sue notizie. Oggi finalmente Marika ha saputo come è morto il padre: il 12 dicembre 1942 il suo reparto subì un attacco dalle unità sovietiche e Giovannino venne colpito a morte in combattimento.
Solo l’anno scorso un giovane russo ha consegnato la piastrina, rinvenuta quasi per caso, da un alpino di Abbiategrasso in viaggio in Russia. Antonio Respighi ha smosso quasi mezza Europa per ritrovare i famigliari del soldato Giovanni Bellasich, ha contattato il vicepresidente vicario della Sezione alpini Germania Giovanni Camesasca che, a sua volta, ha coinvolto il console generale Eugenio Sgrò e il capogruppo di Colonia Eugenio Galante per organizzare la cerimonia.
Così, oggi, Marika ha ritrovato suo padre e l’Italia un suo soldato.