Nella foto da sx: Paolo Francesco Potena, cav. Enzo Iacovozzi, il Console generale Flavio Rodilosso, Lorenzo Potena, Renate Iacovozzi

Nel marzo e aprile 1945, a Hildesheim si tennero diverse esecuzioni di massa, tra cui una fucilazione pubblica sulla Marktplatz, la piazza del mercato, in cui trovarono la morte dai trenta ai cinquanta lavoratori forzati, in gran parte italiani. Una delle vittime della strage di Hildesheim fu Francesco Paolo Potena

La storia di una guerra è sfaccettata in innumerevoli microstorie individuali, come un blocco di granito compatto è sfaccettato in innumerevoli cristallini. Si tratta per lo più di storie assai tragiche e poco edificanti. Una di queste riguarda un internato abruzzese costretto ai lavori forzati presso la bella città di Hildesheim in Bassa Sassonia, che oggi si fregia di un posto nella lista dell’UNESCO, ma allora era ridotta in macerie dai bombardamenti angloamericani. La legge proibiva di cercare di recuperare qualsiasi oggetto dalle macerie e lo puniva con la pena di morte. Il 27 marzo 1945 venne eretta una ghigliottina nella piazza centrale della città, affinché il popolo vedesse quale sorte toccava a tutti coloro che erano stati colti in flagrante. Fra di essi c’era pure il nostro Francesco Paolo Potena, perché un soldato compassionevole della Wehrmacht gli aveva donato di straforo una dose di conserva. Durante un’ispezione essa gli venne ritrovata addosso, e questo equivaleva a un furto in quel periodo torbido e tetro che fu il crepuscolo del nazionalsocialismo.

Dopo la spietata esecuzione i 208 cadaveri, di cui un centinaio erano italiani, vennero sepolti in un’anonima fossa comune che in seguito venne riscavata e spostata. Infatti, subito dopo la liberazione gli italiani sopravvissuti si misero alla ricerca dei loro cari scomparsi. Nel 1952 il testimone Giulio De Rosa aveva visitato il cimitero di Hildesheim e fotografato la povera croce di legno con la scritta “Agli Italiani Impiccati”. Ma nel 1957 essa non era più rintracciabile. Il figlio Lorenzo Potena andò alla ricerca del padre scomparso e nel 1977 riuscì a rintracciare la grande pietra tombale sotto cui riposano i 208 sconosciuti.

Questo nuovo monumento, dall’aspetto di un semplice macigno levigato, era stato inaugurato nel 1969 dal vescovo cattolico Heinrich Maria Janssen dopo aver celebrato una messa per i caduti. L’allora console italiano Mario Capetta invitò a partecipare anche il sindaco di Hildesheim, che accettò. Sul suo retro è scolpita in latino la dedica: Extincti ignoti notique hic evanuerunt / innocui, diris carnificum manibus / criminibus lassata dei clementi vindex / succurrit misero tandem hominum generi. Sempre sull’area cimiteriale risalta un monumento specifico per le vittime italiane: una pietra scabra modellata a forma della lettera P che sta per “Patria” con un sole raggiante stilizzato e la scritta “ai caduti italiani” scolpita sulla base.

Purtroppo fra le vittime non era più possibile identificare il corpo giusto. Quindi il signor Potena è tornato più volte a visitare la tomba di suo padre assieme a suo figlio che ne ha ereditato il nome, Francesco Paolo. Anche il console generale di Hannover è venuto a rendere omaggio con una corona di fiori. Veramente le autorità consolari italiane si erano già interessate precedentemente alla questione, progettando targhe commemorative e cerimonie ufficiali. Queste ultime furono accettate senza problemi dall’amministrazione comunale. Anche l’unione dei sindacati tedeschi (DGB) era intervenuta nel 1989 in occasione del cinquantesimo anniversario dell’invasione della Polonia inaugurando una propria targa: affinché la memoria non vada perduta.

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