“Un sogno? Treni, navi e aerei carichi di emigranti che ritornano a casa”. Fu una delle mie prime dichiarazioni al Mattino quando nacque il Movimento Neoborbonico ed è con queste parole che si sono chiusi i due incontri in Germania con interventi miei e di un affettuoso, appassionato e impeccabile Rocco Morrone, organizzatore e regista delle due serate (sta già pensando ad altri incontri). Prima nella splendida cornice del Museo Centrale di Wiesbaden con la prestigiosa Società Dante Alighieri (sala piena e tante domande sulla storia di Napoli).

Poi presso la Missione Cattolica con l’Accademia Italiana di Mainz in una sala altrettanto gremita e con tantissime domande di italiani/meridionali/tedeschi sul Sud del passato e del futuro e con tante storie che mi porterò a Napoli e che mi resteranno dentro come una delle esperienze più emozionanti e importanti di questi 26 anni di attività. “Io non la posso ripetere quella cosa dei treni che hai detto tu perché sennò mi metto a piangere: non è che qua mi trovo male ma al paese mio ci tornerei”. Tommaso fa il sarto in Germania da 50 anni ed è di Boscoreale. E qua trovi tanta gente che parla tedesco ma con l’accento siciliano, qualcuno è nato qua, qualcun altro è partito, è tornato ed è ritornato a partire, per sempre, perché poi i soldi finiscono e a Letojanni il lavoro non c’era e non ci sta. E i figli di Rocco (tre giornate con lui come se stessimo a casa nostra, in famiglia, io e mia moglie) parlano 4 lingue (il tedesco, l’italiano e anche il napoletano e il siciliano e Rocco ama e diffonde da anni la nostra storia).

Qualche sciarpa di Maradona, una pizza uguale a quella che mangi a Napoli ma “io non mi sento italiano, mi sento napoletano”. Anna e Antonio sono del Cilento e stanno qua da 5 mesi: lei ha deciso, lui no, forse non ancora, perché Ascea è bellissima ma quando lo trovi un lavoro vero? “Cinquant’anni fa Agnelli chiuse l’Alfa Romeo di Pomigliano D’Arco e a papà arrivò una lettera: o vieni in Germania o perdi il posto e papà venne a vivere qui, io tenevo cinque anni e da allora non sopporto la Juve”. Enzo, invece, fa il tranviere, si alza tutte le notti alle 4 che è ancora buio e fa freddo e i figli (due gemelli bellissimi) odiano tutte le cose bianche e nere come le maglie di quelli là.

“Vi seguo da anni tutti i giorni su facebook, grazie per tutto quello che fate”: Carmine è di Venosa, la città di Orazio (sorride fiero quando glielo ricordo) e non crede più nella politica italiana: “non voto più, sono tutti uguali, fate qualcosa voi”. Riccardo, invece, ha il papà di Cirò Marina e la mamma molisana e pensa ancora che l’Italia sia unita (la sua è una certezza, la mia una speranza, se parliamo di diritti e occasioni, le stesse che qualcuno ha negato a lui che parla con l’accento tedesco). All’aeroporto di Francoforte in partenza per Napoli due ragazze con i bambini in braccio (i mariti lasciati in Germania) salutavano da lontano altri parenti appena arrivati. I nostri ragazzi devono scegliere di venire a Francoforte, non devono essere costretti a venire in Germania come fanno da 150 anni. “Perché i meridionali di fronte a tutte le ingiustizie subite in 150 anni non si sono mai ribellati?”: è la domanda di un attento psicologo tedesco in prima fila. Ha ragione e ce lo chiediamo da molto tempo.

Forse 150 anni di colonizzazione sono bastati, forse la “ribellione” sarà solo una sacrosanta richiesta di giustizia e di una dignità perduta e che stiamo ritrovando. Forse ai nostri figli e ai nostri nipoti, se continueremo a raccontare storia e orgoglio come stiamo facendo in questi anni in Italia (e all’estero), toccherà il futuro che meritano. Intanto io posso solo ringraziarvi e magari, prima o poi, forse, quei treni, quelle navi e quegli aerei…

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