Con le buone intenzioni si può lastricare l’inferno, soprattutto se non si ha un piano preciso e inequivocabile per realizzarle. Il decreto Cura Italia, varato lo scorso 24 aprile dal Governo Conte, e che assegna 4 milioni di euro per vaghe ed imprecisate misure di assistenza agli italiani all’estero, tradisce senz’altro molta buona volontà e rappresenta una giusta iniziativa; ma manca purtroppo di concretezza per quel che riguarda i criteri in base ai quali effettuarlo.

Il sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo ha precisato in Commissione Esteri al Senato che tali fondi “serviranno in particolare ad aiutare i connazionali più vulnerabili ad affrontare le esigenze del Covid” e (punto decisivo:) “Verranno erogati secondo regole e procedure già previste dalla disciplina generale sull’ordinamento e le funzioni degli uffici consolari”.

In Commissione Esteri gli esponenti del PD Francesco Giacobbe (ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide), Alessandro Alfieri e Luigi Zanda avevano presentato un’interrogazione a questo proposito all’attuale Ministro degli Esteri Di Maio in cui si discutevano i criteri che si intendono seguire per la distribuzione territoriale dei fondi aggiuntivi previsti nel decreto e la loro concreta utilizzazione, oltre ad una eventuale ulteriore integrazione di tali risorse. Un’analoga interrogazione è stata presentata alla camera da altri deputati PD fra cui Angela Schirò (ripartizione Europa) e Francesca La Marca (ripartizione America Settentrionale e Centrale). Anche la deputata di Forza Italia Fucsia Nissoli (ripartizione America Settentrionale e Centrale) ha presentato una sua interrogazione su questo tema.

L’articolo 72 (commi 4-bis, 4-ter e 4-quater) del decreto Cura Italia prevede lo stanziamento di 1,2 milioni di euro per l’anno in corso per sostenere misure a tutela degli interessi italiani e della sicurezza dei cittadini all’estero in condizioni di emergenza. Inoltre, sempre per l’anno 2020, si dispone un ulteriore stanziamento di 4 milioni di euro ad integrazione delle misure di assistenza ai cittadini all’estero in condizioni d’indigenza o di necessità, e l’autorizzazione dell’erogazione dei sussidi fino al 31 luglio 2020, nei limiti dell’importo complessivo della spesa, senza che sia prevista alcuna restituzione anche per i cittadini che non sono residenti nella stessa circoscrizione consolare.

Si tratta dunque di una disposizione di natura emergenziale rivolta agli italiani all’estero in questa circostanza speciale della diffusione pandemica del Covid-19. Questi aiuti sono previsti però nella cornice delle diverse comunità italiane distribuite in aree molto più vaste di quella nazionale e perciò più o meno difficili da decifrare. In quelle aree è più elevata la presenza di connazionali che per molteplici fattori possono trovarsi in condizioni di imprevedibile ed estrema necessità.

Il senatore Merlo aveva specificato in una lettera inviata il 19 maggio a tutti gli ambasciatori italiani nel mondo, che “Si tratta di uno sforzo considerevole a sostegno delle collettività all’estero, tanto più rilevante nelle attuali difficilissime condizioni del Paese sotto il profilo economico-sanitario”. Ed auspica quindi che, sentito il direttore generale per gli Italiani all’Estero, min. Luigi Vignali, nella procedura avviata per individuare gli interventi da finanziare con i fondi addizionali che ciascuna Rappresentanza diplomatica-consolare potrà richiedere, vogliate accogliere le valutazioni ed i suggerimenti degli organismi rappresentativi (Comites e consiglieri Cgie) in occasione dei vostri regolari contatti su scambi e su altri temi” Sempre il sen. Merlo, l’ammontare di un dato sussidio “non può quindi essere predeterminato, ma viene valutato in base alle effettive esigenze dei connazionali e alle caratteristiche e specificità del Paese in cui questi si trovano”. Quindi, che il connazionale risieda in Honduras o alle Canarie, bisognerà accettare che chi “ne fa richiesta versa in condizioni evidenti ed effettive di indigenza, anche sopravvenuta a seguito, ad esempio, di chiusura di attività economiche e commerciali o la perdita d’impiego; e che sia stato accertato che il connazionale non sia in grado di contrarre un prestito con promessa di restituzione, né di restituirne l’ammontare, neanche in tempi più estesi rispetto ai tre mesi di norma prescritti”.

Riguardo alle modalità concrete per far richiesta di tali sussidi, i connazionali dovranno quindi rivolgersi alle autorità consolari.

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