La condanna a morte rimane, anche se l’accusa -in virtù delle pressioni occidentali- è cambiata e l’adulterio è stato cancellato. Per questo, appunto, la morte avverrà mediante impiccagione, e non per lapidazione come era stato fino ad oggi previsto. Fin qui le agenzie stampa. Lo sgomento di tutti gli osservatori è inalterato, indipendentemente dal tipo di morte. D’altra parte, chi si meraviglia, lo fa con cattiva coscienza. La stampa e la politica occidentale hanno ignorato per decenni il fenomeno delle lapidazioni per ragioni sessuali.
Hanno ignorato il fatto che le donne nei Paesi più radicali del mondo musulmano, sono a rischio. Tutte quante. Possono essere accusate da un giorno all’altro di adulterio (anche lo stupro lo diventa se non viene provato il contrario con quattro testimoni maschi). La stampa occidentale, che oggi -ed era ora- ha scoperto Sakineh, ha ignorato per decenni il fenomeno delle condanne a morte per lapidazione, un po’ per non entrare in temi troppo scottanti, ché no si sa mai cosa può succedere; un po’ per una bizzarra interpretazione del concetto di corretto politicamente. Come se fosse corretto politicamente non interessarsi di una cosa tanto disumana che una persona normale stenta a credere.
Peraltro, sempre la politica così come la stampa politicamente corretta, ignorano sistematicamente i soprusi, le razzie, gli omicidi che vengono fatti ai danni delle minoranze cristiane in Medio oriente, come se questa cosa non appartenesse all’ambito dei diritti umani. Noi del Corriere d’Italia ce ne occupiano, ma siamo in stretta minoranza. Ignorano la mancanza di libertà religiosa in molte parti del mondo. Ignorano che l’Iran (e la Cina) sono i campioni mondiali per numero di condanne a morte. Solo in Iran (e in Cina) ce ne sono ogni anno tante quante se ne commettono in tutto il resto del mondo in venti anni.
Tutto questo non si dice. Non lo dice la politica, non lo dice la stampa politicamente corretta. Non lo dicono neanche le numerose associazioni ed organizzazioni islamiche democratiche, nate e cresciute in Paesi democratici, e ciò grazie ad un concetto di libertà religiosa irrinunciabile per l’Occidente. Queste associazioni sono prontissime (giustamente) a scendere in piazza quando un musulmano in Europa è vittima dell’ingiustizia. Lo facciamo anche noi. Scendiamo in piazza anche noi quando un musulmano è vittima di un’ingiustiza.
Ma la stessa diligenza democratica non la notiamo nel caso delle dette persecuzioni di minoranze cristiane. Come non l’abbiamo vista nel caso di Sakineh, che è l’ultima delle tante donne che finiscono morte ammazzate da un regime inumano, spesso senza sapere neppure perché, o in che cosa abbiano sbagliato. Noi invece continueremo a parlarne.