Nelle settimane scorse, dopo un lungo tira e molla di speranze e rimorsi, a Roma arrivò infine la lettera della Commissione europea, a firma del vicepresidente Jyirki Katainen, con la richiesta di informazioni aggiuntive sulla manovra economica 2015 presentata dall’Italia. Ora, che l’accordo sulla stabilità è raggiunto e in Europa sembra tornare il bel tempo, rimane da ragionare sul significato politico di quella lettera. Nel testo, Jyirki Katainen faceva alcuni “rilievi tecnici”.
Il primo: la legge di Stabilità prevede una “significativa deviazione dal percorso di aggiustamento all’obiettivo di bilancio di medio termine nel 2015”. La locuzione “significativa deviazione” deve avere fatto saltare qualcuno dalla sua poltrona romana. Ma andiamo avanti. Rispetto al programma di stabilità del 2014, Jyirki Katainen sottolineava che la manovra “dell’Italia rinvia il raggiungimento degli obiettivi di medio termine al 2017 e rallenta la riduzione del rapporto debito/ Pil negli anni a venire. Come risultato, la bozza del piano di bilancio prevede di violare i requisiti richiesti all’Italia nel braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita”. Ma non finisce qui.
Secondo le analisi preliminari della Commissione, scriveva Jyirki Katainen al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, “l’Italia programma una deviazione significativa dalla strada di aggiustamento richiesta verso i suoi obiettivi di medio termine nel 2015, basata sul cambiamento programmato del saldo strutturale. Per di più, il cambiamento programmato nell’equilibrio strutturale per il 2015 farebbe anche venir meno il cambiamento richiesto per assicurare l’aderenza alle regole transitorie sul debito, dal momento che questo requisito è ancora più stringente della strada di aggiustamento richiesta verso gli obiettivi di medio termine”. Jyirki Katainen avrebbe voluto poi conoscere “le ragioni per cui l’Italia programma il nonrispetto del Patto di stabilità nel 2015” e sapere come “potrebbe assicurare il pieno rispetto dei suoi obblighi di bilancio rispetto al Patto di stabilità e di crescita nel 2015”. Tutto per permettere alla Commissione “di tenere conto del punto di vista dell’Italia nell’ulteriore procedura”. L’intento è comunque quello di “proseguire un dialogo costruttivo con l’Italia al fine di arrivare a una valutazione finale”.
Chi conosce un po’ il burocratese di Bruxelles sa che Jyirki Katainen non scherzava e non scherza, e ciò indipendentemente dall’accordo sul debito che -dicevamo- ormai è cosa fatta. Perché in quella lettera si scontrano due concezioni dell’Europa: quella sostenuta dal sud, e quella sostenuta dal nord. Alcuni giorni prima, una delegazione del governo francese aveva incontrato gli omologhi tedeschi per fare il punto dell’economia continentale, e i francesi, sotto lo sguardo sbalordito del ministro Schäuble, avevano richiesto alla Germania di sbloccare 50 miliardi di investimenti, perché “non si può chiedere alle economie deboli di trascinare il continente”.
Lo stesso rilievo lo ha fatto alla signora Merkel il segretario di Stato americano Kerry durante la sua ultima visita a Berlino per i 25 anni dalla caduta del Muro. Il fatto è che l’intera economia europea è impantanata dai vincoli di risparmio imposti dai trattati e difesi strenuamente dall’Europa del Nord, più virtuosa delle spendaccione cicale del sud. Tuttavia, mantenere queste posizioni rischia seriamente di frantumare la moneta unica. “Le regole economiche europee sono state fatte in un momento di bel tempo” –aggiunge l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer. “Qualsiasi trattato di macroeconomia spiega che una politica di tagli è efficace soltanto in momenti di espansione, mentre nella recessione la medicina rischia di uccidere il malato”.
La lettera di Jyirki Katainen venne recapitata naturalmente anche a Parigi. “Anche la Francia ha ricevuto la lettera di avvertimento, assieme all’Italia” -ha detto il presidente della Commissione Esteri del Parlamento europeo, Elmar Brok, lasciando il pre-vertice del Partito popolare europeo a Bruxelles. Pronta la replica dell’Eliseo. “C’è un dialogo fra la Francia e la Commissione europea da diverse settimane, come prevedono i Trattati. C’è una richiesta di informazioni e noi rispondiamo”. Lo ha sottolineato il presidente francese, Hollande. “La Francia – ha concluso – vuole che la crescita sia la priorità e niente ci farà desistere da questo obiettivo”.
Insomma, nonostante gli accordi, si prepara battaglia una battaglia campale tra sud e nord del continente europeo. E ciò in un momento in cui, anche in Germania, dopo le dissennate sanzioni economiche contro la Russia, che hanno colpito soprattutto chi le ha fatte, e molto meno chi le ha subite, la crisi si fa sentire. Gli indici economici sono verso il basso ormai da mesi. Chi doveva trainare si trova a sua volta con il fiato corto. Speranze di ammortizzare il conflitto?
Probabilmente la soluzione, anche se solo parziale, verrà ancora una volta dagli uffici della banca centrale europea, nello specifico dagli uffici di Mario Draghi il quale, al riparo dalle polemiche, sta operando nella unica direzione possibile in questo momento: la parziale svalutazione dell’Euro.