Per l’ennesima volta un giornale tedesco si scaglia contro l’Italia. Per l’ennesima volta ci sono tante polemiche, troppi stereotipi e poca sensibilità. Per Jan Fleischhauer, colonnista dello Spiegel online, nel suo articolo pubblicato il 23 gennaio è tutto chiaro: la Costa Concordia è naufragata perché il capitano Schettino è un italiano – a un tedesco non sarebbe capitato. “Lo sport nazionale degli italiani è fare bella figura”. Vuol dire: italiani sono fanfaroni, gente poco seria.
La catena argomentativa si allunga sulle differenze culturali e chiude attribuendo agli italiani la colpa per la crisi finanziaria europea. Una valuta comune in Europa? “Non poteva funzionare, per capirlo bastava un viaggio a Napoli”, ironizza il giornalista tedesco. “Ma come si permette?”, avrà pensato Andrea Tarquini, corrispondente di La Repubblica a Berlino. La sua risposta sparata all’istante è zeppa di luoghi comuni sui tedeschi – c’è addirittura il paragone con Goebbels, ministro della propaganda nel Terzo Reich. Un battibecco che non aiuta a nessuno. Stiamo attenti – attenti di non creare in Europa un clima di tensione e avversione basato su stereotipi e pregiudizi.
Entrambi gli articoli sono un segnale preoccupante. Dire che l’atteggiamento di Schettino è tipicamente italiano, è un’offesa. Arrivare poi a un collegamento con la crisi finanziaria, è un’idiozia. Senza dubbio. In Italia, però, da qualche tempo certi media cercano di fomentare un clima anti-tedesco per il modo presuntuoso e – a loro avviso- arrogante dei dirigenti tedeschi di gestire le faccende europee. L’articolo dello Spiegel online in questo momento pare la battuta perfetta per replicare con tutta la forza, con tutta la frustrazione e con tutti i pregiudizi. Tarquini fa riferimento al Terzo Reich, a Goebbels, a tutto ciò che ormai non fa più parte della Germania moderna. È la reazione di un bambino offeso che va al contrattacco. È vero.
La gestione merkeliana della crisi finanziaria appare a volte prepotente – compromessi zero. Tutto ciò è dovuto anche al grande paradosso della politica europea: l’implicazione che i leader devono vendere i risultati europei in casa, davanti al parlamento nazionale e di fronte ai loro elettori. Ma il cancelliere tedesco sa benissimo che non può fare a meno di un’Europa coesa e stabile. Quello che ci vuole ora da parte della Germania sono solidarietà e sensibilità verso i partner europei, verso l’Italia che sta facendo sacrifici – e non servono pseudo-deduzioni culturali derivati da un naufragio.
L’osservazione di Fleischenhauer che il problema di nascita dell’Euro era l’unificazione della moneta senza prevedere all’armonizzazione delle politiche economiche, è scientificamente giusta. Gli stati membri hanno creato una moneta la quale gli ha permesso di ottenere sul mercato finanziamenti con bassi interessi. Cosa che in Italia ha portato a un aumento del debito pubblico. La crisi non è una crisi dell’Euro – la quota si è dimostrata tenacemente solida – ma la crisi del debito. E il problema italiano non è culturale, bensì economico. Se lo vogliamo risolvere, bisogna sviluppare un senso comune di responsabilità e di rispetto.
La stampa tedesca deve smettere di denigrare l’Italia, così come i media italiani dovrebbero illustrare i tedeschi non come secchioni antipatici, ma come compagni affidabili. Perché l’Europa si fa insieme.