Delusione, amarezza, rabbia e soprattutto un profondo senso di ingiustizia. Sono questi i sentimenti che si provano si fronte alla sentenza con cui la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja lo scorso 3 febbraio ha risolto il contenzioso che vedeva contrapposte Italia e Germania sulla richiesta di risarcimento per le vittime delle stragi naziste. La decisione dei giudici rappresenta una vittoria totale per il governo di Berlino, il quale si era opposto con ostinata fermezza al pagamento degli indennizzi deliberato dalla giustizia italiana e si era rivolto al tribunale con sede nella capitale olandese facendo valere il principio dell’immunità giuridica degli Stati.
La Bundesrepublik di oggi – questa in sostanza l’argomentazione accolta dai togati dell’Aja – non può essere ritenuta responsabile dei crimini commessi all’epoca del Terzo Reich. Per comprendere la portata della posta in gioco è bene ricordare gli antecedenti. Nel 2008 una sentenza “storica”della Cassazione romana aveva riconosciuto lo stato tedesco responsabile in quanto “mandante” dei soldati nazisti che il 29 giugno 1944 massacrarono 203 cittadini di Civitella, Cornia e San Pancrazio (provincia di Arezzo) in quella che fu una delle stragi più efferate avvenute durante l’occupazione nazista: uomini, donne, bambini, e perfino un parroco, furono uccisi uno dopo l’altro con un colpo alla nuca.
Quella sentenza aveva sancito per la prima volta il diritto per le vittime delle stragi naziste ad essere risarcite nell’ambito di un procedimento penale. Prima di allora c’erano state solo delle sentenze nelle cause civili per risarcimento danni chiesto dai cosiddetti “schiavi di Hitler”, ovvero i deportati costretti ai lavori forzati. Tuttavia, Berlino si è rifiutata di ottemperare alla sentenza della Cassazione accusando l’Italia di violare il principio dell’immunità degli Stati. La corte dell’Aja, massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite, avrebbe potuto respingere il ricorso tedesco appellandosi al principio ratificato dall’assemblea dell’Onu nel marzo 2006, in base al quale le vittime di gravi violazioni dei diritti umani devono essere necessariamente risarcite.
Se così fosse stato, Berlino avrebbe dovuto sborsare cifre ingenti: 51 milioni di euro per i procedimenti già passati in giudicato, e la cifra sarebbe potuta crescere fino a 150 milioni considerando le altre cause di risarcimento ancora in discussione. Invece la Corte ha accolto le ragioni tedesche ordinando di provvedere affinché «le decisioni della giustizia italiana che contravvengono al principio dell’immunità siano prive d’effetto e che i suoi tribunali non pronunzino più sentenze su simili casi». La sensazione è che si sia sprecata l’occasione di sanare almeno in parte alcune delle ferite ancora aperte della Seconda guerra mondiale e più in generale di fare chiarezza sui limiti della cosiddetta “clausola di immunità” nei rapporti tra gli Stati.
Di sicuro si è consumata verso le vittime delle stragi l’ennesima beffa: «un grande passo indietro per quanto riguarda la difesa dei diritti umani», per usare le parole di Amnesty International. Nel dispositivo della sentenza c’è, tuttavia, un piccolo spiraglio al quale vale la pena di aggrapparsi. I giudici ritengono infatti che le richieste di indennizzano avanzate dalle vittime o dai loro discendenti «possano essere oggetto di un ulteriore negoziato tra gli Stati convenuti». In altre parole nulla impedisce – anzi la Corte dell’Aja in un certo qual modo lo auspica – che il risarcimento possa avvenire previo accordo tra Italia e Germania. Il nostro ministro degli Affari Esteri, Giulio Terzi, ha subito accennato a «negoziati per individuare una soluzione» parlando della necessità di «affrontare insieme alla Germania tutti gli aspetti che derivano dalle dolore vicende della seconda guerra mondiale, in una prospettiva di dialogo e di tutela delle istanze di giustizia, delle vittime e dei loro famigliari».
Speriamo che non si tratti di dichiarazioni di circostanza, ma che alle parole seguano atti concreti. Francamente, non ci illudiamo che lo Stato tedesco cambi atteggiamento dopo che per decenni si è impegnato nel negare risarcimenti e nel proteggere gli ex criminali nazisti dalle condanne penali. Ma almeno per l’Italia sarebbe una svolta, visto che fino ad oggi l’atteggiamento dei nostri esecutivi è stato quello della massima acquiescenza verso la Germania. Il governo potrebbe finalmente fare, per esempio, ciò che in precedenza non si è fatto: chiedere che la giustizia tedesca faccia eseguire le sentenze di condanna comminate in contumacia dai tribunali militari italiani nei confronti di ex criminali nazisti.