La loro presenza nel mondo fa emergere il complesso di realizzazioni nella cultura, nella comunicazione, nell’imprenditoria, nel commercio e nell’arte, che, oltre a essere stati fattore di crescita con Paesi divenuti loro seconda patria, sono fonte di risorse arricchenti per l’Italia. Risorse unite ai valori umani, morali e al patrimonio di tradizioni che caratterizzano la loro identità.
Se dopo aver lasciato l’Italia, i loro primi interessi erano rivolti all’insediamento nella nuova patria, nei decenni successivi è maturata in loro la possibilità d’avere dei progetti per il futuro e per quello dei loro figli, integrando la cultura d’origine con la nuova. Ultimamente è emerso il fenomeno delle nuove migrazioni, formato da tanti giovani che lasciano l’Italia per raggiungere sedi universitarie e realtà operative di prestigio all’estero. Giovani che possono riportare alla terra d’origine il frutto della loro maturazione professionale, se oltre ai legami essa può offrire a loro delle prospettive.
Il primo apporto offerto dalla crescita culturale, sociale e dall’impegno operativo di tanti milioni d’italiani residenti nel mondo è quello di aver dato offerto un nuovo volto e una nuova immagine della terra d’origine, non più legati a vecchi pregiudizi e a stereotipi, riuscendo a riscattarsi, orgogliosi del retaggio culturale delle loro radici. Franco Zangrilli, docente alla City university di New York, è una delle tante espressioni d’italianità a «due corsie». «Bisogna essere leali nei confronti di due terre, di due patrie, che si possono servire senza la benché minima incompatibilità, perché sono due amori legittimi», afferma in un’intervista. L’avere cioè due patrie è un privilegio di indubbia ricchezza: perché al retaggio della patria d’origine si aggiunge quello della patria acquisita, alla quale bisogna essere ugualmente fedeli.
Un’altra testimonianza sull’apporto degli italiani nel mondo alla terra d’origine è quella di Maria Rita D’Orsogna, scienziata e docente al dipartimento di matematica della California State University. Figlia di emigrati abruzzesi, è nota in Italia per i suoi interventi a difesa della sua regione d’origine che, in cambio di insignificanti guadagni localistici, può essere abbruttita dalle trivelle petrolifere. «L’Abruzzo è la regione verde d’Europa – afferma – e non si è ancora capito che l’unico bene non delocalizzabile è il territorio: occorre proteggerlo invece che sottoporlo a scempi di varia natura. Non sarebbe un ottimo segnale, turistico, di immagine e economico, se l’Abruzzo, invece di abbracciare il petrolio, decidesse di diventare la regione più “solare” d’Europa?». Questa giovane scienziata è un modello delle nuove generazioni italiane nel mondo. „Mi sento pienamente italiana, ma allo stesso tempo mi sento pienamente americana“, afferma: „due realtà che mi appartengono allo stesso modo“.
Molto spesso mi trovo a spiegare l’Italia agli americani e l’America agli italiani. Vivere lontani dall’Italia non è un buon motivo per non fare del proprio meglio per aiutare la propria nazione. Sarebbe molto bello che chi ha lasciato l’Italia per un motivo o per l’altro, continuasse ad esserne parte attiva, cercando di re-importare le esperienze positive dei Paesi d’adozione, pur mantenendo le proprie tradizioni.
Quando sai chi sei, è più facile sapere dove vai». Due «voci» che si uniscono alle testimonianze che la nostra rivista continua a riportare ogni mese, per far conoscere interscambi di rapporti, patrimoni culturali e imprenditoriali che dovrebbero stimolare, da parte del governo e delle istituzioni italiane, una ripresa di progettualità a beneficio dell’italianità nel mondo.